Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5722 del 09/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 09/03/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 09/03/2010), n.5722

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30625-2006 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 2,

presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che la

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, VALENTE NICOLA, RICCIO ALESSANDRO, giusta mandato in

calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 808/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 22/06/2006 r.g.n. 1013/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito l’Avvocato ASSENNATO G. SANTE;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 24.2.2000 C.S. conveniva in giudizio l’INPS ed il Ministero dell’Economia e chiedeva al Tribunale di Chieti di accertare il suo diritto all’assegno ordinario di invalidità civile. Costituitosi il contraddittorio ed espletata una CTU, il Tribunale rigettava il ricorso.

A seguito di impugnazione dell’interessata la Corte di Appello dell’Aquila, con sentenza depositata il 22.6.2006, rigettava l’appello. La Corte riteneva di dover aderire alle conclusioni del CTU nominato in primo grado, secondo cui le malattie dalle quali l’invalida è affetta (ernia del disco con discreta limitazione funzionale e risentimento sciatalgico, ipertensione arteriosa, moderata obesità) comportavano una riduzione della capacità lavorativa in attività confacenti alle sue attitudini del 67%, e quindi inferiore alla soglia richiesta dalla legge per il riconoscimento della prestazione richiesta.

Per la cassazione di tale sentenza C.S. ha proposto ricorso per cassazione con un motivo ed ha depositato memoria. L’Inps ha resistito con controricorso. Gli altri intimati non si sono costituiti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione della L. n. 118 del 1971, art. 13 degli artt. 112, 115, 437, 442 e 445 c.p.c., dell’art. 149 disp. att. c.p.c. e del D.M. 5 febbraio 1992, nonchè omessa ed insufficiente motivazione, la ricorrente censura la sentenza impugnata perchè il giudice di appello, senza adeguata motivazione, ha tenuto conto soltanto della CTU di primo grado, non ha disposto il rinnovo della CTU, non ha tenuto conto dei rilievi della consulenza tecnica di parte, non ha valutato la nuova documentazione medica prodotta, non ha tenuto conto delle percentuali di invalidità stabilite dal D.M. 5 febbraio 1992, sommando le quali alla richiedente andava riconosciuta una invalidità dell’85%. Il ricorso è infondato.

Nel ricorso in appello l’interessata muove solo contestazioni generiche alla CTU di primo grado assumendo che l’invalidità complessiva raggiungeva la percentuale dell’85%, senza peraltro specificare in dettaglio come tale percentuale andava raggiunta. Nel giudizio di appello non è stata prodotta nuova documentazione medica, come risulta dall’indice del relativo fascicolo di parte vistato dal cancelliere in data 12.11.2003. Dal ricorso per cassazione, inoltre, non risulta in quale grado di giudizio sia stata depositata la consulenza tecnica di parte redatta dal dott. Proietto, benchè la ricorrente ne fosse onerata a norma dell’art. 369 c.p.c. (vedi Sez. U. n. 28547/2008).

Da queste premesse consegue che le censure rivolte alla sentenza di appello sono destituite di fondamento, avendo quel giudice dato congrua risposta ai generici motivi di impugnazione della sentenza di primo grado.

Le censure che la ricorrente muove alla sentenza di appello si sostanziano in definitiva nella denuncia di un errato conteggio delle invalidità derivanti dalle singole patologie. Il conteggio espresso dalla ricorrente nel ricorso per cassazione non sembra comunque rispettoso della tecnica a scalare prevista dal D.Lgs. n. 509 del 1988, art. 4 per le patologie coesistenti, ma è il risultato di una mera sommatoria delle singole invalidità, oltretutto applicando le percentuali massime previste dal D.M. 5 febbraio 1992 per le singole patologie.

Questa Corte, in definitiva, non può che richiamare la propria costante giurisprudenza secondo cui nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da malattie dell’assicurato, il ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia accolto le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio è ammissibile solo se venga allegata, con serie argomentazioni medico- legali, l’incidenza, sulla valutazione della complessiva capacità lavorativa, di malattie non diagnosticate o di un errore diagnostico per documentata inosservanza dei canoni della scienza medica comunemente condivisi dalla comunità scientifica, poichè in mancanza di tali errori e omissioni le censure si risolvono nella mera prospettazione di un dissenso diagnostico rispetto alle risultanze della CTU, che il giudice di legittimità, non abilitato alla valutazione autonoma dei fatti di causa, non può prendere in considerazione (Cass. n. 4929/2004, n. 15796/2004).

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto. Nulla per le spese a norma dell’art. 152 disp att. c.p.c., nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 326 del 2003, trattandosi di causa iniziata prima del 2 ottobre 2003.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2010

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