Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 572 del 15/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/01/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 15/01/2020), n.572

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Maria Teresa Liana – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27562-2016 proposto da:

COMUNE DI SAN GIOVANNI ROTONDO, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SESTIO CALVINO 33, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA

CANNAS, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO ALVARO TROVATO;

– ricorrente –

contro

SALA AZZURRA DI U.M. & C. SAS;

– intimato –

Nonchè da:

SALA AZZURRA DI U.M. SAS, U.M., U.D.,

Q.V., domiciliati in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’Avvocato MAURIZIO VILLANI;

– controricorrenti incidentali –

contro

COMUNE DI SAN GIOVANNI ROTONDO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1006/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

FOGGIA, depositata il 20/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2019 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Sala Azzurra di U.M. e C. s.a.s. impugnava l’atto di diniego del rimborso della somma di Euro 7.573,00 versata per il pagamento della Tarsu per gli anni dal 2007 al 2011.

La commissione tributaria provinciale di Foggia accoglieva parzialmente il ricorso statuendo che non era dovuta la maggiore Tarsu in relazione all’esercizio alberghiero, dovendosi equiparare i locali ed aree ad uso abitativo agli esercizi alberghieri; la commissione rigettava, poi, il ricorso avuto riguardo alla non debenza della Tarsu per gli anni 2010 e 2011, pretesa che la contribuente aveva svolto affermando che per tale periodo la Tarsu era stata sostituita dalla tariffa integrata ambientale. Proposto appello da parte del Comune di San Giovanni Rotondo ed appello incidentale da parte della contribuente, la commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, li rigettava entrambi.

2. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione il Comune di S. Giovanni Rotondo affidato ad un motivo illustrato con memoria. I contribuenti U.M., U.D. e Q.V., in qualità di soci della cessata Sala Azzurra di U.M. e C. s.a.s. si sono costituiti in giudizio con controricorso ed hanno svolto ricorso incidentale affidato a due motivi.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo il ricorrente principale deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 61,65,68 e 69. Sostiene che ha errato la CTR nell’affermare che il regolamento comunale era illegittimo nella parte in cui aveva differenziato, ai fini dell’imposizione della Tarsu, gli alberghi dalle abitazioni private senza operare alcuna distinzione, nell’ambito degli esercizi alberghieri, tra le aree destinate esclusivamente a camere e quelle destinate a parti comuni, posto che solo per queste ultime era ipotizzabile una maggiore produzione di rifiuti rispetto alle abitazioni private.

2. Con il primo motivo di ricorso incidentale i contribuenti deducono violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 208 del 2008, art. 5, comma 1, in quanto per gli anni 2010 e 2011 doveva intendersi cessato il regime di proroga dell’applicazione della Tarsu, e ciò per effetto dell’introduzione della nuova TIA ad opera del D.Lgs. n. 152 del 2006, tenuto conto che il D.L. n. 208 del 2008, aveva previsto la proroga de regime previgente solamente fino all’anno 2009, con esclusione degli anni successivi.

3. Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali sollevano la questione di legittimità costituzionale sostenendo che, laddove si ritenesse prorogata la Tarsu, si incorrerebbe nella violazione dell’art. 23 Cost..

4. Osserva la Corte che l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per difetto del potere di rappresentanza processuale del sindaco essendo egli mancante dell’autorizzazione da parte della giunta comunale è infondata. Invero questa Corte ha già affermato il principio secondo cui la rappresentanza processuale del Comune, nel nuovo ordinamento delle autonomie locali, spetta istituzionalmente al sindaco, cui compete, in via esclusiva, il potere di conferire al difensore la procura alle liti senza necessità di autorizzazione della giunta municipale, salvo che una disposizione statutaria la richieda espressamente, dovendo in tal caso la parte interessata provare la carenza di tale autorizzazione producendo idonea documentazione. (Cass. n. 4583 del 15/02/2019; Cass., n. 13968 del 10/06/2010). Nel caso che occupa i contribuenti non hanno provato e neppure dedotto che o statuto del Comune prevedesse la necessaria autorizzazione della giunta per il conferimento, da parte del sindaco, della procura alle liti.

5. Il motivo di ricorso è fondato.

Questa Corte ha già affermato il principio secondo cui, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime; la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. n. 22 del 1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore; i rapporti tra le tariffe, indicati dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno d’altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla reazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica” (Cass. n. 8308 del 04/04/2018; Cass. n. 8076 del 23.11.2017; Cass. n. 25214 del 07/12/2016). Ne consegue che a produttività di rifiuti connessa all’attività alberghiera, sulla cui base si giustifica la maggiorazione della tariffa, non può essere distinta in relazione al diverso uso cui sono destinate le aree che compongono l’albergo, posto che tutte sono parimenti idonee alla produzione di rifiuti in misura maggiore rispetto alla civile abitazione ed una eventuale riduzione della tariffa per le aree adibite a camere rispetto a quelle destinate a parti comuni costituisce esercizio di un potere discrezionale del Comune che non può essere addetto di censura.

6. Il primo motivo di ricorso incidentale è, invece, infondato. Infatti va rilevato come l’originario termine per l’introduzione della nuova tariffa fu più volte prorogato ad opera di disposizioni legislative emanate a scadenze quasi sempre annuali e portato al 30.6.2010 dal D.L. n. 194 del 2009, art. 8, comma 3, convertito con modificazioni dalla L. n. 25 del 2010. Ciò non significa che dal 10 gennaio 2010 fossero venuti meno i presupposti di legittima applicazione della Tarsu ovvero della tariffa Ronchi, stante la ultrattività generale della disciplina Tarsu come riconosciuto dalla Corte costituzionale con sentenza n. 238/09 (p.1.6.4) la quale ha ricollegato il definitivo passaggio (da Tarsu/Tia alla tariffa integrata) non soltanto all’emanazione del regolamento ministeriale previsto dal D.Lgs. n. 156 del 2006, art. 238, comma 6, ma altresì al completamento di tutti gli adempimenti necessari per dare piena attuazione alla nuova tariffa. Inoltre, sulla legittimità dell’applicazione della Tarsu e della Tariffa Ronchi da parte dei comuni si sono espressi anche il Mef con la circolare 3/D dell’11 novembre 2010 e la Corte dei conti, sezione di controllo della Lombardia, nella Delib. 28 gennaio 2011, n. 21. Pertanto, sia per l’anno 2010 che per l’anno 2011 la tassa richiesta era dovuta dalla società contribuente (cfr. Cass. n. 8076 del 23.11.2017).

7. Infondata è la questione di legittimità costituzionale sollevata dai controricorrenti in quanto l’art. 23 Cost., fissa a materia tributaria una riserva di legge relativa e non assoluta, sulla base della quale alla norma primaria è richiesto di delineare i requisiti essenziali del tributo, potendo la stessa demandare alla fonte subprimaria, le modalità e l’ammontare del prelievo, in relazione ai soggetti passivi Cass. n. 8076 del 23.11.2017; C. Cost. 64/1995, 148/1979, 180/1996, 269/1997, 435/2001; Cass. 16498/2003, 17602/2003, 18262/2004.

8. Il ricorso principale va dunque accolto e va rigettato il ricorso incidentale; l’impugnata sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ed il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti per l’evoluzione nel tempo della giurisprudenza in materia e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso incidentale è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna i contribuenti a rifondere al Comune le spese processuali di questo giudizio, spese che liquida in complessivi Euro 2.000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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