Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5718 del 12/03/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 5718 Anno 2014
Presidente:
Relatore:

SENTENZA

sul ricorso 2809-2008 proposto da:
TACCONI LANFRANCO (C.F. TCCLFR27B09A475U), GIULIOLI
ANNA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
BARBERINI 47, presso l’avvocato D’IPPOLITO MARIA

Data pubblicazione: 12/03/2014

BEATRICE, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FRANCESCHINI CLAUDIO, giusta procura a
2014

margine del ricorso;
– ricorrenti –

66

contro

FALLIMENTO I.L.G.

INDUSTRIE LATERIZI GIULIOLI

1

S.P.A., in persona del Curatore avv.prof. GIAN
•••

DOMENICO MOSCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA BRUXELLES 59, presso l’avvocato CASSANDRO TANIA
ENZA, che lo rappresenta e difende, giusta procura a
margine del controricorso;

contro

CANALE UNO S.R.L., TACCONI FRANCESCO;
– intimati –

sul ricorso 2810-2008 proposto da:
CANALE

UNO

S.R.L.,

rappresentante

pro

in

persona

tempore,

del

legale

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso
– l’avvocato D’IPPOLITO MARIA BEATRICE, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BACINO
GUIDO, giusta procura a margine del controricorso e
ricorso incidentale; -C.P 2.0041ISiOSS5 – controricorrente e ricorrente incidentale contro

– controricorrente –

FALLIMENTO I.L.G. – INDUSTRIE LATERIZI GIULIOLI
S.P.A., in persona del Curatore avv.prof. GIAN
DOMENICO MOSCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA BRUXELLES 59,

pre35 ,5″ l’avvocatv CA39ANDRO TANTA

ENZA, che lo rappresenta e difende, giusta procura a
margine del controricorso al ricorso incidentale;

2

- controrícorrente a/ ricorso incidentale contro

TACCONI FRANCESCO, TACCONI LANFRANCO, GIULIOLI ANNA;
– Intimati –

avverso la sentenza n.

285/2007 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2014 dal Consigliere Dott. ROSA
MARIA DI VIRGILIO;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato CASSANDRO
TANIA che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 18/09/2007;

3

Svolgimento del processo
Il Curatore del Fallimento della società per azioni
I.L.G.- Industrie Laterizi Gilioli, con atto di citazione
in riassunzione del 14/11/86, notificato il 21/11/86,
conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Perugia

Tacconi Lanfranco, Giulioli Anna, Tacconi Francesco e la
società Canale Uno, per sentire dichiarare inefficace e
quindi revocare ex art.2901 c.c., l’atto a rogito notaio
Carbonari del 18/4/1984, con il quale erano stati
alienati dai Tacconi e dalla Giulioli alla Canale Uno una
serie di beni immobili analiticamente indicati in
citazione.
Deduceva il Fallimento che il Tacconi Lanfranco,
direttore generale prima e poi amministratore della ILG
spa, e comunque

dominus

dell’azienda, anche in quanto

marito di Giulioli Anna, socia di maggioranza, aveva
condotto l’azienda medesima ad una situazione di grave
dissesto, che ne aveva determinato il fallimento,
dichiarato con sentenza del 18/2/1983; che il Tacconi, in
previsione delle conseguenze derivanti dall’accertamento
delle proprie responsabilità, aveva posto in essere una
serie di atti di disposizione con i propri congiunti,
culminati con l’atto impugnato, con il quale aveva
alienato, insieme a Tacconi Francesco, la propria quota
dei beni ereditari alla Canale Uno, con grave
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pregiudizio per le ragioni di credito del disponente e
nella consapevolezza dei terzi aventi causa.
Si costituivano Tacconi Lanfranco e Giulioli Anna, nonché
la Canale Uno, contestando la fondatezza della domanda,
sostenendo che non sussisteva alcun credito da tutelare,

posto che erano state esperite in sede penale le azioni
proponibili nei confronti dei convenuti, e prospettavano
la necessità di sospendere il giudizio ex art.295 c.p.c.,
stante la pregiudizialità dell’azione penale nei
confronti di quella civile.
Il Tribunale accoglieva la domanda del Fallimento.
Avverso detta pronuncia venivano proposti separati
appelli da Tacconi Lanfranco e Giulioli, Canale Uno e
Tacconi Francesco; riunite dette impugnazioni, la Corte
d’appello di Perugia, con la sentenza 3/5-18/9/2007, in
parziale riforma della sentenza appellata, ha dichiarato
“non revocato l’atto per notar Carbonari del 18/4/1984,
registrato in Perugia il 7/5/1984 al n.4185, per la parte
in cui dispone cessioni da parte di Tacconi Francesco”,
confermando nel resto la pronuncia impugnata, ed ha
deciso

in

punto

spese,

compensando

le

stesse

integralmente tra il Tacconi e tutte le altre parti,
mentre ha condannato Tacconi Lanfranco, Giulioli e la
Canale Uno alle spese del grado a favore del Fallimento.
La Corte del merito, nello specifico, e per quanto qui
ancora interessa, ha respinto i motivi d’appello proposti
5

da Tacconi Lanfranco e Giulioli Anna, e quindi anche gli
omologhi motivi dell’impugnazione della Canale Uno,
rilevando: che i fatti da cui origina il credito, per la
cui tutela aveva agito il Fallimento, sono anteriori
rispetto al fallimento stesso ed all’atto revocando,

originando dall’attività amministrativa svolta dal
Tacconi; che detti fatti sono stati accertati in via
definitiva con la sentenza del 5/11/1991 del Tribunale di
Roma, passata in giudicato; che gli elementi di prova
addotti dal Tribunale( la sussistenza di enormi
passività, l’essere stato il patrimonio dei coniugi
Tacconi-Giulioli già aggredito esecutivamente dai
creditori, l’essere l’amministratore unico della Canale
Uno fratello di Lanfranco Tacconi e l’essere la società
riconducibile alla sola famiglia Tacconi) ben potevano
essere utilizzati per provare non la
fraudis,

partecipatio

ma, più correttamente, la consapevolezza da

parte della società acquirente del danno che sarebbe
derivato dall’atto di disposizione ai creditori di
Tacconi Lanfranco, a ciò aggiungendosi la consapevolezza
della sopravvenuta dichiarazione di fallimento della
s.p.a. Giulioli, controllata da Giulioli Anna, nella cui
amministrazione si era ingerito il Tacconi Lanfranco; che
il danno conseguente all’atto revocando, consistito nella
cessione di quote di beni immobili da parte della
società, vendute anche da Tacconi Lanfranco per il prezzo
6

di 887 milioni di lire,

è insito nella stessa

modificazione del patrimonio del debitore,

a ciò

aggiungendosi che gli appellanti nulla avevano dedotto
quanto alla destinazione finale del prezzo ricevuto; che
infine, la Giulioli aveva partecipato alla cessione quale

coniuge del cedente Tacconi, da cui la necessità della
partecipazione della stessa al giudizio.
Avverso detta pronuncia ricorrono i coniugi Tacconi, con
ricorso affidato a cinque motivi, nonché, con separato
ricorso, da ritenersi incidentale, la Canale Uno, con
ricorso basato su due motivi.
Si difende con controricorso il solo Fallimento.
Motivi della decisione
1.1.- Vanno riuniti i ricorsi proposti da TacconiGiulioli e dalla Canale Uno s.r.1., ai sensi dell’art.
335 c.p.c.
1.2.- Con il primo motivo, sviluppato in modo del tutto
coincidente, i ricorrenti principali ed incidentale
lamentano che la Corte d’appello abbia ritenuto
esperibile l’azione revocatoria anche nel caso di una
mera aspettativa di credito non accertata giudizialmente
e si dolgono della mancata sospensione del giudizio in
attesa dell’accertamento definitivo del credito.
1.3.- Col secondo motivo del ricorso principale, i

\

coniugi Tacconi si dolgono del vizio di violazione e
falsa applicazione dell’art.2901 c.c. in relazione alla
7

ritenuta sussistenza del requisito del consillum fraudis
in capo al debitore e, sul medesimo punto, del vizio di
omessa ed insufficiente motivazione, essendosi la Corte
d’appello limitata a ritenere detto requisito alla
stregua dell’ anteriorità dell’atto rispetto al credito.

1.4.- Il terzo motivo del ricorso principale è
coincidente col secondo motivo del ricorso incidentale
della Canale Uno.
Con detti motivi, i coniugi Tacconi e la società Canale
Uno si dolgono del vizio di violazione e falsa
applicazione in relazione alla ritenuta

scientia damni

del terzo in base ad argomentazioni presuntive e del
vizio ex art.360 n.5 c.p.c., per non avere la Corte del
merito fornito una motivazione congrua ed analitica degli
elementi indiziari valutati, basandosi solo sul rapporto
di parentela tra l’ alienante e l’amministratore della
Canale Uno, e sulla necessaria conoscenza della
situazione di dissesto della IGL, poi fallita, senza
tenere conto che i beni ceduti erano personali del
Tacconi,per lo più conferiti in fondo patrimoniale; che
la cessione inoltre riguardava un complesso immobiliare e
non beni eterogenei; che l’acquirente era una persona
giuridica e non fisica; che il prezzo dichiarato
nell’atto era uguale al valore dichiarato in sede di
assegnazione dei beni in sede di divisione dei beni
ereditari; che nella specie, l’accollo da parte
8

dell’acquirente della quota residua del mutuo ipotecario
a suo tempo concesso per l’immobile escludeva la
consapevolezza dell’acquirente di nuocere alle ragioni
dei creditori del dante causa,e, dunque, la sua dolosa
partecipazione all’eventuale preordinazione messa in atto

da questi.
1.5.- Col quarto motivo del ricorso principale, i
ricorrenti denunciano il vizio di violazione e falsa
applicazione dell’art.2901 c.c., nonché il vizio di
omessa, insufficiente, erronea motivazione, per non
avere la Corte del merito fornito una motivazione congrua
ed adeguata degli elementi indiziari valutati per
ritenere

l’eventus damni,

sostanzialmente limitandosi a

ritenere il danno in re ipsa.
1.6.- Col quinto motivo,
denunciano

la

i ricorrenti principali

violazione

e

falsa

applicazione

dell’art.100 c.p.c., per avere la Corte d’appello
erroneamente ritenuto sussistente la legittimazione
passiva della Giulioli rispetto alla domanda di
revocatoria, mentre la stessa, in nessun modo debitrice
del Fallimento, era stata chiamata in giudizio nella mera
qualità di partecipante al fondo patrimoniale costituito
con il coniuge.
2.1.- Il primo motivo del ricorso principale e del
ricorso incidentale è infondato.

L
9

V’è subito da rilevare che è destituita di ogni
fondamento l’impostazione di base del motivo, che
vorrebbe far coincidere il momento genetico
dell’obbligazione con il definitivo accertamento dello
stesso.
Più nello specifico, va richiamato l’orientamento delle

Sezioni unite, espresso nella sentenza 9440/04, seguita,
tra le altre, nelle successive pronunce 16722/09,
1129/2012, 17257/2013, 115/372013, secondo il quale,
poiché anche il credito eventuale, in veste di credito
litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di
un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione
giudiziale in separato giudizio, sia che si tratti di
credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere
della qualità di creditore che abilita all’esperimento
dell’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 c. c.,
avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore, il
giudizio promosso con l’indicata azione non è soggetto a
sospensione necessaria a norma dell’art. 295 c. p. c. per
il caso di pendenza di controversia avente ad oggetto
l’accertamento del credito per la cui conservazione è
stata proposta la domanda revocatoria, in quanto la
definizione del giudizio sull’accertamento del credito
non costituisce l’indispensabile antecedente logico giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria,
essendo d’altra parte da escludere l’eventualità di un
10

conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela
dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace
l’atto di disposizione e la sentenza negativa
sull’esistenza del credito ( e detto principio è stato
espresso proprio nella fattispecie in cui il credito

litigioso, allegato quale fatto costitutivo della pretesa
revocatoria, era rappresentato dal credito risarcitorio
per “mala gestio” fatto valere in giudizio nei confronti
di amministratori di società).
2.2.- Il secondo motivo del ricorso dei sigg.TacconiGiulioli è sostanzialmente inammissibile.
L’inammissibilità è palese, in relazione al vizio dedotto
ex art.360 n.5 c.p.c., mancando il momento di sintesi,
necessario ex art. 366 bis c.p.c., applicabile
temporis

ratione

ex d.lgs.40/2006, atteso il deposito della

sentenza impugnata del 18 settembre 20074; quanto al
vizio ex art.360 n.3 c.p.c., supportato da quesito di
diritto, deve parimenti concludersi per l’inammissibilità
del motivo, non congruente con la pronuncia impugnata,
atteso che lo stesso prospetta il requisito del
fraudis

consillum

in capo al debitore, quale “comportamento

doloso”, con la specifica intenzione di nuocere al ceto
creditorio, e quindi come dolo specifico, come se si
trattasse di atto posto in essere anteriormente al
sorgere del credito e non posteriore, come nella specie.

11

2.3.- Il terzo motivo del ricorso principale ed il
secondo del ricorso incidentale sono infondati come vizi
360 n.3 c.p.c. ed inammissibili come vizi 360 n.5 c.p.c.,
per carenza del momento di sintesi.
La Corte del merito ha ritenuto provata la scientia damni

del terzo basandosi su di un complesso di elementi
presuntivi, e non già sul solo rapporto di parentela tra
Tacconi Lanfranco e l’amministratore unico della Canale
Uno, considerando, oltre al rapporto di parentela, la
sussistenza di enormi passività, l’essere stato il
patrimonio dei coniugi Tacconi- Giulioli già aggredito
esecutivamente, l’essere già fallita la società ILG prima
dell’atto.
E come affermato nelle pronunce 7507/07 e 18034/2013, in
tema di azione revocatoria ordinaria, la consapevolezza
dell’evento dannoso da parte del terzo contraente,
prevista quale condizione dell’azione dall’art. 2901
primo comma n. 2, prima ipotesi, c. c., consiste nella
conoscenza generica del pregiudizio che l’atto di
disposizione posto in essere dal debitore, diminuendo la
garanzia patrimoniale, può arrecare alle ragioni dei
creditori, e la relativa prova può essere fornita anche a
mezzo di presunzioni; dette pronunce hanno altresì
affermato che nel caso di vendita contestuale in favore
di un terzo di una pluralità di beni del debitore, ovvero
di vendita dell’unico bene immobile di proprietà del
12

debitore, l’esistenza e la consapevolezza del debitore e

del terzo acquirente del pregiudizio patrimoniale che
tali atti recano alle ragioni del creditore, ai fini
dell’esercizio da parte di questi dell’azione pauliana,
possono ritenersi “in re ipsa”: in questo caso, incombe

sul debitore, e non sul creditore, l’onere probatorio di
dimostrare che il proprio patrimonio residuo sia
sufficiente a soddisfare ampiamente le ragioni del
creditore.
Anche a non ritenere il requisito soggettivo

in re ipsa

anche nel caso di specie, in cui vi è stata la vendita di
plurimi beni immobili, sia quote che intera proprietà, va
rilevato che, a fronte della valutazione della Corte del

merito, i ricorrenti si limitano a lamentare la mancata
considerazione di altri elementi, in tesi contrari: a
riguardo, oltre a rilevare che la parte ha fatto valere
circostanze genericamente addotte( che “per lo più”
beni ceduti rientravano in quelli conferiti in fondo
patrimoniale, che il prezzo dichiarato era identico a
quello assegnato in sede di divisione della massa
ereditaria), deve in ogni caso evidenziarsi che, come
affermato nella pronuncia 8023/2009, spetta al giudice di
merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle
presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a
fondamento del relativo processo logico e valutarne la
rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di
13

fatto che,

ove adeguatamente motivato,

sfugge al

sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che
la censura per vizio di motivazione in ordine
all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può
limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello

l’assoluta

illogicità

e

contraddittorietà

espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere
del

ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la
sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa
dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo.
2.4.-

Il

quarto

motivo

del

ricorso

principale,inammissibile quale vizio motivazionale per
carenza del momento di sintesi, è infondato quale vizio
.

ex art.360 n.3 c.p.c.

.

La Corte del merito ha ritenuto il danno insito nella
stessa modificazione della composizione del patrimonio
del debitore, ed ha aggiunto che gli appellanti non
avevano dedotto alcunché in merito alla destinazione
finale delle somme ricevute.
Con tale giudizio, il Giudice del merito ha reso corretta
applicazione del principio, più volte espresso, e
ribadito nelle pronunce 24757/08 e 15265/06, secondo cui,
ai fini dell’azione revocatoria ordinaria, per
l’integrazione del profilo oggettivo dell'”eventus damni”
è sufficiente che l’atto di disposizione del debitore
abbia determinato maggiore difficoltà od incertezza
14

nell’esazione coattiva del credito, potendo il detto
“eventus damni” consistere in una variazione non solo
quantitativa, ma anche qualitativa del patrimonio del
debitore: a tal fine, l’onere probatorio del creditore si
restringe alla dimostrazione della variazione

patrimoniale, senza che sia necessario provare l’entità e
la natura del patrimonio del debitore dopo l’atto di
disposizione, non potendo il creditore valutarne
compiutamente le caratteristiche; per contro, il debitore
deve provare che, nonostante l’atto di disposizione, il
suo patrimonio ha conservato valore e caratteristiche
tali da garantire il soddisfacimento delle ragioni del
creditore senza difficoltà.
2.5.- Il quinto motivo è infondato.
Correttamente la Corte del merito ha ritenuto sussistente
la legittimazione passiva della Giulioli, avendo la
stessa partecipato all’atto revocando, quale partecipante
al fondo patrimoniale costituito con il coniuge, da cui
la necessaria partecipazione al giudizio (sul principio,
vedi la recente pronuncia 124272012), e la stessa,
costituendosi, ha sempre sostenuto le reioni del
coniuge.
3.1.-

Conclusivamente,

vanno

respinti

il

ricorso

principale e l’incidentale; i ricorrenti principale ed
incidentale vanno condannati in solido alla rifusione
15

delle spese del presente giudizio al Fallimento, negli
importi liquidati in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso
principale ed il ricorso incidentale; condanna i
ricorrenti principali e la ricorrente incidentale in
solido alle spese del presente giudizio, liquidate per
compenso in euro 7000,00, oltre euro 200,00 per esborsi;
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 14 gennaio 2014
Il Presidente

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