Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5715 del 02/03/2021

Cassazione civile sez. II, 02/03/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 02/03/2021), n.5715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25938/2019 proposto da:

K.M., rappresentato e difeso dall’avv. STEFANIA RUSSO, e

domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA depositato il 11/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto dell’11.8.2019 il Tribunale di Brescia rigettava il ricorso avverso il provvedimento con il quale la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale aveva respinto la domanda di K.M. volta al riconoscimento della protezione, internazionale o umanitaria.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione il K. affidandosi a due motivi.

Il Ministero dell’Interno, intimato nei presente giudizio di legittimità, ha depositato memoria ai fini della partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non credibile la storia personale riferita dal richiedente asilo.

La censura è inammissibile.

Il Tribunale esamina la storia del K., che aveva dichiarato di esser fuggito dal Gambia, suo Paese di origine, perchè era stato ingiustamente condannato a trent’anni di reclusione per l’omicidio della propria fidanzata, che egli aveva trovato a letto rincasando dopo una serata con amici ed aveva creduto assopita, accorgendosi invece solo la mattina successiva del suo intervenuto decesso. Il giudice di merito ritiene questo racconto non attendibile, sia perchè il richiedente non aveva saputo spiegare come mai era stato accusato proprio lui della morte della fidanzata e non aveva fornito alcun riscontro sull’esistenza del procedimento penale in cui egli sarebbe rimasto coinvolto, sia in quanto all’atto della presentazione della domanda di protezione il K. aveva fornito una versione diversa, dichiarando di essere fuggito dal Gambia per problemi di natura politica. La censura non attinge questo fondamentale passaggio della motivazione, che nel procedimento logico argomentativo seguito dal Tribunale è alla base della ritenuta non veridicità, o comunque non credibilità, dell’intera narrazione proposta dal K..

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il giudice di merito avrebbe erroneamente denegato il riconoscimento della protezione sussidiaria senza esaminare il contesto di violenza generalizzata esistente in Gambia.

La censura è inammissibile, poichè il decreto impugnato contiene la predetta disamina e indica le fonti internazionali in concreto consultate, nonchè le specifiche informazioni da esse tratte. Il ricorrente non contrappone, rispetto a dette COI, eventuali fonti più autorevoli o più aggiornate, ed in tal modo non si confronta con il principio secondo cui “In tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26728 del 21/10/2019, Rv.655559). Ove manchi tale specifica allegazione, è precluso a questa Corte procedere ad una revisione della valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice del merito. Solo laddove nel motivo di censura vengano evidenziati precisi riscontri idonei ad evidenziare che le informazioni sulla cui base il predetto giudice ha deciso siano state effettivamente superate da altre e più aggiornate fonti qualificate, infatti, potrebbe ritenersi violato il cd. dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice del merito, nella misura in cui venga cioè dimostrato che quest’ultimo abbia deciso sulla scorta di notizie ed informazioni tratte da fonti non più attuali. In caso contrario, la semplice e generica allegazione dell’esistenza di un quadro generale del Paese di origine del richiedente la protezione differente da quello ricostruito dal giudice di merito si risolve nell’implicita richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttorie e nella prospettazione di una diversa soluzione argomentativa, entrambe precluse in questa sede.

In definitiva, va data continuità al principio secondo cui “In tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate” (v. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4037 del 18/02/2020, Rv. 657062).

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in difetto di notificazione di controricorso da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2021

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