Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5714 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2020, (ud. 09/05/2019, dep. 03/03/2020), n.5714

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26321-2017 R.G. proposto da:

P.D., rappresentata e difesa dall’avvocato Enrico

Ragone, domiciliata ex art. 366 c.p.c., comma 2, in Roma, piazza

Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2629/2017 della Corte d’appello di Napoli,

depositata il 14 giugno 2017;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso e le memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 9 maggio 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.

Fatto

RITENUTO

La P. proponeva opposizione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., avverso l’atto di precetto notificatole ad istanza di P.A. per il pagamento dell’importo complessivo di Euro 10.495,45, deducendo che l’importo precettato non corrispondeva a quanto da essa dovuto in base al titolo esecutivo.

Il P. riconosceva la fondatezza delle doglianze, notificava alla P. un secondo atto di precetto, sostitutivo del primo al quale espressamente rinunciava, ed invitava la debitrice a non iscrivere a ruolo la causa.

La P., invece, coltivava l’opposizione. Il Tribunale di Napoli, dichiarata cessata la materia del contendere, procedeva all’accertamento della soccombenza virtuale e rilevava che la condotta collaborativa del P., che aveva prontamente riconosciuto il proprio errore, meritasse di essere presa in considerazione quale motivo per compensare integralmente le spese processuali.

La P. appellava la decisione. La Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava il P. al pagamento delle spese del processo di primo grado che liquidava, previa esclusione di quelle eccessive e superflue, nell’importo di Euro 1.000,00 per compensi, Euro 150,00 per spese generali ed Euro 10,70 per spese vive, distratte in favore del difensore di fiducia dell’appellante; compensava interamente le spese legali del grado d’appello.

Tale decisione è fatta oggetto di ricorso per cassazione, da parte della P., per sei motivi. Il P. non ha svolto attività difensiva.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

La P. ha depositato memorie difensive.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità della memoria della ricorrente, in quanto depositata a mezzo posta. Infatti, nel giudizio di cassazione non è applicabile per analogia l’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, che riguarda esclusivamente il ricorso ed il controricorso (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 31041 del 27/11/2019, Rv. 656294 – 01).

Con il primo motivo la ricorrente si duole della circostanza che la Corte d’appello, nel porre integralmente a suo favore le del primo grado, ha liquidato solamente la somma di Euro 10,70 per spese vive. La ricorrente deduce che, pur al netto della esclusione delle spese eccessive o superflue (tali potendosi considerare, al limite, quelle sostenute dopo la rinuncia all’atto di precetto fatta dal P.), avrebbe diritto al rimborso quantomeno della iscrizione a ruolo, pari ad Euro 270,00, ed ai diritti di cancelleria, pari ad Euro 27,00.

Il motivo è inammissibile poichè non si confronta con l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata.

Il motivo, infatti, non considera la motivazione con cui la Corte d’appello ha espressamente disconosciuto che fossero dovute le spese relative all’iscrizione a ruolo, assumendo che tale iniziativa era ingiustificata perchè il P. si era dichiarato disponibile a pagare le spese maturate prima dell’iscrizione, che comprendevano evidentemente solo il costo della notificazione della citazione e l’onorario del difensore per la relativa attività.

Le censure articolate dalla ricorrente, dunque, non valgono ad inficiare sul punto la decisione della corte di merito.

Con il secondo motivo la ricorrente si duole della compensazione delle spese legali pronunciate in relazione al grado d’appello, osservando che, essendo stata ritenuta la controparte totalmente soccombente in primo grado, sarebbe stato più “giusto” ritenerla tale anche per il secondo grado. La doglianza è inammissibile.

Infatti, in tema di condanna alle spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte interamente vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite nell’ipotesi di soccombenza reciproca (Sez. 3, Sentenza n. 406 del 11/01/2008, Rv. 601214 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 17145 del 22/07/2009, Rv. 609130 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25270 del 01/12/2009, Rv. 610742 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 19613 del 04/08/2017, Rv. 645187 – 01).

Con il terzo motivo la P. si duole della circostanza che la Corte d’appello abbia ritenuto eccessive e superflue le spese sostenute dopo la rinuncia avversaria.

Il motivo è inammissibile, in quanto – al pari del primo motivo – omette completamente di raffrontarsi con le ragioni della sentenza impugnata, secondo cui una volta intervenuta la rinuncia all’atto di precetto, la P. non aveva più alcun interesse sostanziale a proseguire la causa, il che rendeva superflue le spese successive.

Con il quarto motivo si censura la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’appello sia stato accolto solo parzialmente, ponendo in ciò le premesse per la compensazione parziale delle spese del grado. Sostiene, diversamente opinando, la ricorrente che pure l’accoglimento parziale della condanna alle spese era stato da lei richiesto con l’atto d’appello, sicchè doveva essere ritenuta comunque interamente vittoriosa.

Il motivo è infondato e deve essere rigettato.

Difatti, la circostanza che l’appellante avesse proposto una domanda subordinata di minor importo rispetto a quella principale non basta ad escludere che la si possa considerare soccombente parziale. Invero, il gravame non è stato integralmente accolto e, dunque, correttamente la Corte d’appello ha ravvisato la soccombenza parziale.

Con il quinto motivo si contesta la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata.

Benchè il vizio sia dedotto invocando la violazione degli artt. 113,115 e 116 c.p.c., in realtà si tratta della deduzione di un vizio di motivazione, non più previsto fra i motivi di ricorso per cassazione a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile a tutte le sentenze pubblicate a far data dall’11. settembre 2012. Infine, con il sesto motivo la deduce la P. violazione degli artt. 2043 e 1438 c.c., sostenendo che la controparte avrebbe dovuto risarcire un danno patito dalla opponente. A prescindere da ogni considerazione circa la sussistenza di tale danno, nella sostanza prospettato solo in ragione dell’età della stessa, il motivo è inammissibile per carenza di specificità, essendo stata omessa qualsivoglia indicazione circa l’effettiva proposizione, nel corso del giudizio di merito, di una domanda risarcitoria e, tantomeno, delle ragioni poste a fondamento della stessa.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Non si fa luogo alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, in quanto l’intimato non ha svolto attività difensiva. Ricorrono, tuttavia, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione proposta.

PQM

rigetta il ricorso

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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