Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5712 del 09/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 09/03/2010, (ud. 13/01/2010, dep. 09/03/2010), n.5712

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22461-2006 proposto da:

L.F.I. – (LA FERROVIARIA ITALIANA S.P.A.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MEDAGLIE D’ORO 157, presso lo studio dell’avvocato CIPRIANI ROMOLO

GIUSEPPE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BORRI

PAOLO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.M., B.A., D.R., F.F.,

R.A., S.L., M.S., P.F.,

B.S., C.G., D.S.A.,

G.F., S.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA LIMA 20, presso lo studio dell’avvocato BARONTINI

ANTONELLA, rappresentati e difesi dall’avvocato PANZONE VALERIA,

giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 343/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 18/03/2006 r.g.n. 1399/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 31.7.2000 avanti al Tribunale di Arezzo, P.F., B.S., C.G., D.S. A., G.F., S.A., B. M., B.A., D.R., F.F., M. S., R.A. e S.L., dipendenti della LFI – La Ferroviaria Italiana spa con qualifica di addetti alla manutenzione degli impianti fissi ferroviari, convennero in giudizio la loro datrice di lavoro per ottenere il riconoscimento della diaria, prevista dal CCNL, per il lavoro prestato per più di quattro ore fuori della residenza di servizio, indicata nel “punto di ritrovo” loro rispettivamente assegnato, deducendo che illegittimamente la convenuta, onde evitare il pagamento della suddetta diaria, dopo avere inizialmente individuato la residenza di servizio con riferimento a località territorialmente ben determinate e coincidenti con sedi di strutture aziendali, l’aveva poi generalizzata per tutti con riferimento a “tutta la rete ferroviaria” gestita in concessione (estesa per oltre 80 Km, articolata in due tronconi e comprendente numerose stazioni). Sulla resistenza della parte convenuta il Giudice adito respinse il ricorso, sull’assunto che l’attività svolta dai ricorrenti era da qualificarsi come “lavoro itinerante”, onde doveva ritenersi esclusa l’applicazione della trasferta, prevedendo la contrattazione collettiva la remunerazione di tale disagio solo con riferimento al personale viaggiante.

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 21.2 – 18.3.2006, accogliendo il gravame proposto dai lavoratori, dichiarò che per residenza di servizio, ai fini de quibus, doveva intendersi il “punto di ritrovo” e condannò la parte datoriale, seguendo le conclusioni della espletata CTU, alla corresponsione delle somme per ciascuno specificamente indicate.

A sostegno del decisum la Corte territoriale osservò che la nozione di trasferta, secondo la contrattazione collettiva, concerneva tutte le ipotesi di prestazione lavorativa resa “appena più lontana” dalla residenza di lavoro e che quest’ultima “… ha un ambito dimensionale necessariamente molto contenuto e fa riferimento, anche, alle più minute articolazioni di impresa”; in fatto, sulla scorta dell’istruttoria espletata, rilevò che l’attività dei manutentori non necessariamente presuppone il lavoro esterno, ossia l’invio in trasferta, atteso che i loro spostamenti non avvengono secondo scadenze rigide, in quanto gli stessi lavorano anche nell’officina annessa ai punti di ritrovo, che lasciano soltanto nel momento del bisogno, sebbene possa ritenersi eccezionale il caso di permanenza presso l’officina per l’intero turno di lavoro.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale La Ferroviaria Italiana spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico articolato motivo.

Gli intimati P.F., B.S., C.G., D.S.A., G.F., S.A., B.M., B.A., D.R., F.F., M.S., R.A. e S.L. hanno resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l’improcedibilità e l’inammissibilità del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico articolato motivo la ricorrente denuncia violazione di legge e di accordo collettivo (art. 20 CCNL 23.7.1976 dei ferrotranviari; art. 1362 e ss c.c.; art. 2697 c.c.; artt. 115 e 116 c.p.c.), nonchè vizio di motivazione, lamentando che la Corte territoriale:

– abbia trascurato le modalità concrete dell’attività lavorativa svolta dagli odierni intimati e, in particolare, abbia omesso di considerare che la località geografica in cui si svolge abitualmente il loro lavoro è la rete ferroviaria, con ciò incorrendo in un vizio di motivazione che travolge la stessa interpretazione data all’art. 20 del CCNL;

– abbia erroneamente interpretato il ridetto art. 20 del CCNL, atteso che, proprio con riguardo alla qualifica e alle mansioni dei lavoratori, avrebbe dovuto constatare, così fornendo un’interpretazione aderente al dato testuale e all’intenzione delle parti stipulanti, che la località geografica di appartenenza non è costituita dai punti di ritrovo, perchè in quei luoghi gli stessi non sono soliti lavorare, dovendo piuttosto individuare la loro residenza di servizio nell’ “impianto” costituito dalla rete ferroviaria, alla quale i manutentori sono sempre stati assegnati;

– abbia condannato essa ricorrente al pagamento degli importi liquidati senza che sussistessero i requisiti di legge, avendo tratto l’erronea convinzione che, dalla documentazione della quale era stata illegittimamente ordinata l’esibizione – con scopo meramente esplorativo – fosse emersa una durata della prestazione fuori residenza superiore al limite per l’erogazione della diaria, con ciò violando il principio dispositivo nella scelta dei mezzi di prova e svolgendo un’inammissibile opera di supplenza normativa in una materia, quella degli aumenti salariali non incidenti sulla retribuzione sufficiente ai sensi dell’art. 36 Cost., di esclusiva competenza delle parti contrattuali.

2. Deve rilevarsi l’improcedibilità del secondo – e invero principale -profilo di doglianza, vertente sulla denunciata erronea interpretazione del CCNL di settore.

Infatti la Società ricorrente ha omesso di depositare il contratto collettivo sul quale il ricorso si fonda, essendosi limitata a riportare in ricorso soltanto una parte dell’art. 20 del CCNL (il che, peraltro, determinerebbe altresì l’inammissibilità della censura per violazione del principio di autosufficienza), con ciò non osservando la previsione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 7), applicabile al ricorso in esame che concerne una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006. Ed invero il ridetto art. 369 c.p.c. prevede che “Insieme con il ricorso debbono essere depositati, sempre a pena di improcedibilità gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”, imponendo così un onere di produzione che ha per oggetto il contratto nel suo testo integrale.

Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, infatti, la predetta disposizione si riferisce ai “contratti o accordi collettivi”, senza fornire alcun elemento che possa consentire di effettuare una produzione parziale, limitata a singole clausole, singoli articoli, o parti di articoli del contratto; e tale scelta è da ritenersi coerente sia con i principi generali dell’ordinamento (che non consentono a chi invoca in giudizio un contratto di produrre al giudice solo una parte del documento), sia con il necessario rispetto dei canoni ermeneutici e, in particolare, di quello di cui all’art. 1363 c.c. (secondo il quale “Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto”), la cui applicazione implica la disponibilità dell’intero testo contrattuale, non potendo evidentemente escludersi che, in altre parti del contratto, diverse da quelle riportate nel ricorso, possano rinvenirsi disposizioni rilevanti per l’interpretazione esaustiva dell’argomento che interessa (cfr, ex plurimis, Cass., n. 15495/2009).

3. Quanto al primo profilo di doglianza, si osserva che la Corte territoriale non ha affatto trascurato di tener conto della località geografica in cui si svolge abitualmente il lavoro degli odierni intimati e delle modalità di effettivo svolgimento delle prestazioni lavorative, effettuando per contro una dettagliata disamina delle risultanze processuali e pervenendo, con motivazione immune da vizi logici, alla ricostruzione dell’espletamento di tali prestazioni lavorative nei termini già indicati nello storico di lite.

La censura si risolve quindi in una richiesta di riesame nel merito delle emergenze processuali, non consentita in sede di legittimità, onde deve ritenersene l’infondatezza.

4. Il terzo profilo di doglianza è inammissibile per genericità quanto alla dedotta erronea valutazione della documentazione di cui era stata ordinata l’esibizione, non essendo stato indicate le risultanze documentali in tesi erroneamente apprezzate, nè, tanto meno, le ragioni dell’errato apprezzamento, e, quanto alla dedotta violazione del principio dispositivo nella scelta dei mezzi di prova, come tale riconducibile ad un preteso error in procedendo, per la mancata formulazione del relativo quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. applicabile nella presente controversia ratione temporis.

5. In forza delle considerazioni che precedono il ricorso va dunque rigettato.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 51,00, oltre ad Euro 3.000,00 (tremila) per onorari, spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2010

 

 

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