Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 571 del 12/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 12/01/2011, (ud. 14/12/2010, dep. 12/01/2011), n.571

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Boni n.

15 Scala D int. 3, recapito professionale dell’Avv. GIUSTI Fabrizio

del foro di Taranto, che la rappresenta e difende per procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FRATELLI LA GIOIA SNC di La Gioia Vincenzo & C., in persona del

suo

legale rappresentante L.G.V., L.G.V., L.

G.C., P.M.G., L.G.V.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza n. 155/06 della Corte di Appello di

Lecce del 26.09.2006/6.12.2006 nella causa iscritta al n. 325 R.G.

dell’anno 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14.12.2010 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. LETTIERI Nicola, che

ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso. depositato il 15.05.1998, L.A., esponeva:

– di essere stato alle dipendenze della SNC FRATELLI LA GIOIA dal maggio 1997 al maggio 1998 svolgendo mansioni di addetta alle pulizie (6^ livello CCNT Turismo, settore pubblici esercizi); presso l’esercizio commerciale (OMISSIS);

– di avere percepito retribuzioni inferiori a quelli spettanti senza che nei suoi confronti fossero adempiuti gli obblighi previdenziali ed assistenziali.

– di essere stata licenziata senza preavviso in data 7.05.1998;

Ciò premesso, conveniva in giudizio la società e i soci in proprio L.G.V., L.G.C. e P.M.G., la società chiedendo il riconoscimento delle differenze retributive relativamente al periodo di lavoro svolto per il complessivo importo di L. 24.9793.747, oltre al risarcimento per inesatto inadempimento delle obbligazioni retributive per l’illegittimo licenziamento e alla regolarizzazione contributiva.

2. Con distinto ricorso la L. conveniva in giudizio L. G.V. per sentirlo condannare al pagamento della somma di L. 2.088.860, per avere lavorato alle sue dipendenze dal maggio 1997 all’aprile 1998.

3. Disposta la riunione, la causa, espletate le prove per testi ammesse, il Tribunale di Taranto con sentenza del 10.10.2005 accoglieva la domanda della L. di cui al primo ricorso e condannava i convenuti al pagamento della somma di Euro 9.368,62 per differenze retributive e per altre voci, mentre rigettava la domanda della stessa ricorrente proposta nei confronti di L.G. V..

4. Tale decisione, appellata dai convenuti, è stata riformata dalla Corte di Appello di Lecce con sentenza n. 155 del 2006, che ha ridotto l’importo liquidato dal primo giudice a favore della originaria ricorrente ad Euro 1200.00, confermando nel resto.

5. La L. ricorre per cassazione con tre motivi.

Gli intimati indicati in epigrafe non si sono costituiti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. e di quello del tantum devolutum quantum appellatum di cui all’art. 437 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3).

La L. afferma che il giudice di appello è incorso in error procedendo, quando ha deciso extra petitum travalicando le richieste degli appellanti, i quali, sostenendo che la prestazione lavorativa fosse stata svolta saltuariamente e senza vincoli di subordinazione, eccepivano la mancanza dei presupposti dell’azione come introdotta e concludevano chiedendo che nulla fosse dovuto alla ricorrente, non contestando coerentemente i conteggi nel quantum.

Orbene sulla base di tale impostazione difensiva, ad avviso della ricorrente, il giudice di appello, dichiarata la natura continuativa e subordinata della prestazione lavorativa della L. (con il riconoscimento di minori somme per tredicesima e trattamento di fine rapporto), coerentemente avrebbe dovuto rigettare in toto la domanda della parte appellante e confermare la sentenza di primo grado.

Il motivo non è fondato.

Va rilevato che la parte convenuta ha precisato in realtà che la L. aveva lavorato con prestazioni saltuarie senza provare l’orario di lavoro, di talchè non si riscontra nella decisione del giudice di appello l’invocato vizio di extrapetizione.

Invero, a fronte della accertata ridotta attività di lavoro, tale giudice ha liquidato importi minori per la tredicesima e il trattamento) di fine rapporto sulla base delle somme realmente percepite e non di quelle indicate nei conteggi, che si riferivano ad orario di lavoro non provato.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. e di quello del tantum devolutum quantum appellatum di cui all’art. 437 c.p.c., in relazione all’art. 36 Cost., in combinato disposto con l’art. 2099 cod. civ., nonchè vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

L’esposto motivo può ritenersi assorbito per effetto ed in conseguenza del rigetto del primo motivo, riproducendone in larga parte il contenuto e contestando la statuizione del giudice di appello in ordine alla riduzione degli importi riconosciuti in primo grado.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione circa la valutazione delle risultanze della prova testimoniale acquisite agli atti, sostenendo che il giudice di appello ha deciso erroneamente sul punto della controversia costituito dal riconoscimento delle differenze retributive.

Le esposte doglianze sono prive di pregio e vanno disattese.

Secondo costante orientamento di questa Corte è devoluta al giudice di merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta – tra le risultanze probatorie – di quelle ritenute idonee ad accertare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro spessore probatorio, con l’unico limite dell’adeguata e congrua motivazione del criterio adottato (ex plurimis Cass. sentenza n. 9834 del 1995: Cass. sentenza n. 10896 del 1998).

La Corte territoriale nel caso di specie ha fatto corretta applicazione del richiamato orientamento giurisprudenziale, dando conto delle dichiarazioni dei testi D.E., A. L., R.F., U.A. e L..

Da parte sua la ricorrente si è limitata a sottoporre all’esame di questa Corte una diversa valutazione delle dichiarazioni rese dagli anzidetti testi e a richiamare la deposizione di altro teste (D. S.A.), ma tale valutazione contrasta con l’apprezzamento, sorretto da congrua e logica motivazione, delle risultanze probatorie da parte del giudice di appello e quindi non censurabile in sede di legittimità.

4. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Nessuna statuizione va emessa sulle spese, non essendosi costituiti gli intimati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011

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