Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5706 del 12/03/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 5706 Anno 2014
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: CAMPANILE PIETRO

Ud. 25.6.2013
SENTENZA

sul ricorso n. 2408 dell’anno 2007 proposto da:
SANTORO ERNESTO

Elettivamente domiciliato in Roma, via Corvisieri,
n. 45, nello studio dell’avv. Domenico Cavaliere,
che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del ricorso. -C-5 41.

AST 3854’5 Abb2- 11′

ricorrente
contro
SIRI BRUNO

Data pubblicazione: 12/03/2014

Elettivamente domiciliato

in Roma, viale Giulio

Cesare n. 61, nello studio dell’avv. Rocco Nanna;

margine del controricorso, dall’Avv. Giovanni nataristefano. – C

Se( Ilari 481194- /49116 controricorrente
nonché contro

TERRA DI CRETA S.R.L.
intimata

avverso la sentenza della Corte di appello di Bari
n. 7/2006, depositata il 18 gennaio 2006;
sentita la relazione all’udienza del 25 giugno 2013
del consigliere Dott. Pietro Campanile;
sentito per il ricorrente l’avv. Cavaliere;
udite le richieste del Procuratore Generale, in
persona del Sostituto Dott. Aurelio Golia, che
ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1 – L’ing. Ernesto Santoro impugnava nei confronti

di Siri Bruno e della S.r.l. Terra di Creta il lodo arbitrale sottoscritto in data 15 marzo 2004,
con il quale il collegio all’uopo costituito, pronunciando sulla domanda del predetto inerente al
compenso spettante gli per l’attività di consulenza

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rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

tecnica e professionale in relazione alla cessione
di alcuni terreni in Rutigliano, dichiarava inammissibili le domande avanzate nei confronti della

mento, in favore del Santoro, della somma complessiva di E 23.759,95.
1.1 – La Corte di appello di Bari, con la sentenza
indicata in epigrafe, accogliendo, nella contumacia
della società Terre di Creta, l’eccezione sollevata
dal Siri circa la natura irrituale del lodo, dichiarava l’inammissibilità dell’impugnazione e compensava le spese processuali.
1.2 – Per la cassazione di tale decisione il Santoro propone ricorso, affidato a tre motivi, illustrati a memoria,

cui il Siri resiste con contro-

ricormo

Motivi della decisione

2 – Con il primo motivo, denunciandosi violazione e
falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonché vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5,
c.p.c., si rappresenta che la Corte di appello
avrebbe esaminato la questione inerente alla natura
irrituale dell’arbitrato, ancorché mai dedotta nel

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S.r.l. Terre di Creta e condannava il Siri al paga-

corso del giudizio arbitrale e sollevata, per la
prima volta, dal Siri, nell’atto di costituzione
nel giudizio di impugnazione del lodo stesso.

falsa applicazione dell’art. 12 disp, att. c.p.c.,
degli artt. 808 e 822 c.p.c., degli artt. 1362,
1363 c.c., nonché vizio di omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su un fatto controverso
e decisivo per il giudizio ai sensi, rispettivamente, dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5,
c.p.c.. Si afferma che la corte distrettuale avrebbe omesso, nel valutare la natura dell’arbitrato,
di privilegiare il dato letterale contenuto nella
clausola compromissoria, che si riferiva ad esame
delle controversie “in via rituale”.
Gli elementi valorizzati ai fini ermeneutici dalla
corte territoriale, come il riconoscimento delle
parti di “ogni responso” come “manifestazione della
loro stessa volontà e quindi come finale, vincolante ed irrevocabile”, . “avendo le parti deciso di
definire in tal modo in via transattiva ogni e
qualsiasi controversia”, non potevano considerarsi
decisivi, in quanto espressamente riferiti
all’esito di un arbitrato in precedenza definito
“rituale”, mentre le cadenze procedimentali rispet-

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2.1 – Con la seconda censura si deduce violazione e

tate dalle parti e dallo stesso collegio arbitrale
rispecchiavano la normativa che disciplina
l’arbitrato rituale, conclusosi con una decisione

gole giuridiche.
2.2 – Viene infine denunciata violazione e falsa
applicazione degli artt. 813, 820, 821, 829 n. 6
c.p.c., degli artt. 1355 e 1362 e segg. c.c., avendo la corte distrettuale omesso di esaminare ulteriori violazioni denunciate dall’ing. Santoro
nell’atto di impugnazione del lodo, come quella
della nullità derivante dalla sua tardiva emanazione.
3 – Il ricorso è infondato.
3.1 – La censura proposta con il primo motivo si
pone in contrasto con il consolidato orientamento
di questa Corte secondo cui l’impugnazione per nullità di un lodo dinanzi alla corte d’appello è proponibile, ai sensi degli artt. 827 e segg. c.p.c.,
soltanto con riferimento agli arbitrati rituali,
mentre, in caso di arbitrato irrituale, l’impugnazione predetta non è ammissibile, essendo legittimamente esperibile la sola azione per eventuali vizi del negozio, da proporre con l’osservanza delle
norme ordinarie sulla competenza e del doppio grado

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conseguita mediante la rigorosa applicazione di re-

di giurisdizione (Cass., n. 2213 del 2007; Cass.,
n. 9392 del 2004).
Poiché, quindi, oggetto dell’impugnazione prevista

rituale interno, l’impugnazione proposta avverso un
lodo arbitrale irrituale, ancorché erroneamente
omologato, deve essere dichiarata, anche d’ufficio,
inammissibile, (Cass., 10 maggio 2007, n. 10707;
Cass. 18 maggio 2004, n. 9332; Cass., 24 febbraio
2004, n. 3614; Cass., 9 novembre 1978, n. 5158).
In giudice del merito non è, quindi, incorso nelle
denunciate violazioni, poiché solo nel caso in cui
il lodo fosse stato rituale avrebbe potuto giudicare sulla validità dello stesso in sede di impugnazione, ai sensi dell’ art. 828 c.p.c. : la valutazione di detto presupposto di ammissibilità, giova
ribadirlo, deve essere effettuata, anche su impulso
officioso ed anche in sede di legittimità, mediante
esame diretto della convenzione arbitrale, con riferimento alla sua reale natura, ed indipendentemente dall’intervenuta prospettazione della ricorrenza di un arbitrato rituale o irrituale nel corso
del giudizio arbitrale, secondo la giurisprudenza
assolutamente prevalente di questa Corte (Cass., 4
settembre 2012, n. 14788; Cass., 6 settembre 2006,

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dall’art. 828 c.p.c. può essere soltanto un lodo

n. 19129; Cass., 20 luglio 2006, n. 16718; Cass. 8
agosto 2001, n. 10935;

contra,

Cass., 26 febbraio

2000, n. 2184).

tica privilegiata dalla corte territoriale appare
condivisibile, non essendo rilevabile alcuna violazione dei canoni interpretativi, né vizi di natura
motivazionale.
Il riferimento ad un arbitrato di tipo “rituale”,
che potrebbe assumere rilievo ove fosse applicabile, “ratione temporis”, la disposizione contenuta
nell’art. 808-ter c.p.c., che affida il superamento
dei dubbi in merito alla qualificazione
dell’arbitrato a un criterio di natura formale, è
stato correttamente ritenuto recessivo, nonché improprio, dalla corte territoriale, sulla base della
prevalenza da accordarsi alla comune intenzione
delle parti, quale desumibile dalla lettura della
convenzione arbitrale, per come complessivamente
formulata.
Premesso, invero, che con l’arbitrato rituale le
parti intendono affidare all’arbitro la soluzione
di una controversia attraverso uno strumento strettamente negoziale – mediante, cioè, una composizione amichevole o un negozio di accertamento ri-

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3.2 – Quanto al secondo motivo, l’opzione ermeneu-

conducibili alla loro volontà -, impegnandosi, per
l’effetto, a considerare la decisione degli “arbitri” come espressione, appunto, di tale personale

ottobre 2009, n. 21585; Cass., 20 luglio 2006, n.
16718), la Corte deve confermare che il tenore della convenzione di arbitrato induce a ritenere che i
contraenti intesero in essa configurare un arbitrato irrituale.
Infatti, con la previsione in detta clausola compromissoria che “ogni responso viene sin da ora riconosciuto dalle parti come manifestazione della
loro stessa volontà e quindi come finale, vincolante ed irrevocabile, avendo le parti deciso in tal
modo, ora per allora ed in via transattiva ogni e
qualsiasi controversia”, le parti hanno inequivocabilmente inteso demandare agli arbitri, come correttamente rilevato dalla corte territoriale, la
soluzione di tutte le eventuali controversie tra di
esse in ordine all’interpretazione ed esecuzione
del contratto, in via negoziale. Tale dato costituisce il principale criterio di distinzione
dell’istituto dell’arbitrato irrituale, il cui fondamento risiede, come sopra rilevato, nell’impegno
delle parti a considerare come propria la volontà

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volontà (Cass. 1 aprile 2011, n. 7574; Cass., 12

espressa dagli arbitri, con la conseguenza che il
lodo può essere impugnato esclusivamente per quei
vizi che determinano la nullità o annullabilità

senso, tanto delle parti, quanto degli arbitri).
Né può attribuirsi significativo rilievo, come sembra di ritenere il ricorrente, al ricorso,
nell’ambito dell’arbitrato in esame, a meccanismi
di sostituzione degli arbitri, che sarebbero propri
dell’arbitrato rituale : a partire dalla nota decisione delle Sezioni Unite di questa Corte n. 3189
del 3 luglio 1989 fino alla recente Cass. 21 luglio
2010, n. 17114, la giurisprudenza di legittimità è
costantemente orientata a ritenere applicabile anche all’arbitrato irrituale la disposizione contenuta nell’art. 810 c.p.c., comma 2.
3.3 – Il terzo motivo, il cui esame evidentemente
presuppone l’ammissibilità dell’impugnazione correttamente esclusa dalla corte territoriale, rimane
assorbito.
4 – Al rigetto del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali,
liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.

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dell’impegno (quali l’incapacità ed i vizi del con-

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore
della parte controricorrente, liquidate in

sori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 25 giugno 2013.

4.200,00, di cui C200,00 per esborsi, oltre acces-

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