Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 57 del 03/01/2017

Cassazione civile, sez. lav., 03/01/2017, (ud. 19/10/2016, dep.03/01/2017),  n. 57

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13500-2011 proposto da:

P.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA APPENNINI 46, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO GIAMPAOLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MAURICI, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI REGGIO CALABRIA c.f. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ERASMO GATTAMELATA

128, presso lo studio dell’avvocato CARMELO SCALFARI, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1128/2010 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 15/07/2010 R.G.N. 632/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/10/2016 dal Consigliere Dott. DI PAOLANTONIO ANNALISA;

udito l’Avvocato SCALFARI CARMELO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – P.A., dipendente del Comune di Reggio Calabria inquadrato nella categoria D, profilo professionale di istruttore direttivo contabile, aveva convenuto in giudizio l’ente territoriale assumendo di avere svolto, a partire dal 1 marzo 2001, mansioni superiori al livello di inquadramento, riconducibili alla categoria di quadro o di dirigente e, comunque, al profilo professionale D3. Aveva domandato il riconoscimento della qualifica superiore e la condanna dell’amministrazione al pagamento delle differenze retributive, esperendo anche, in via subordinata, azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c..

2 – Il Tribunale, dato atto della parziale cessazione della materia del contendere, intervenuta in corso di causa a seguito del riconoscimento della posizione economica D3 con decorrenza dal 1 gennaio 2005, aveva respinto per il periodo antecedente tutte le domande e la pronuncia è stata confermata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria con la sentenza qui impugnata.

3 – La Corte territoriale ha, in sintesi, osservato che:

a) doveva essere respinta la domanda di inquadramento perchè il D.Lgs n. 165 del 2001, art. 52, dà rilievo allo svolgimento di fatto di mansioni superiori solo ai fini della quantificazione del trattamento economico spettante al dipendente;

b) la posizione D3, nel sistema di classificazione delineato dal CCNL 31.3.1999 per il comparto degli enti locali, non costituisce categoria superiore rispetto al livello D2, perchè non esiste una graduazione di contenuti professionali all’interno dell’area fra le diverse posizioni economiche;

c) l’inquadramento nella posizione D3 dei funzionari provenienti dalla qualifica è stato previsto dalle parti collettive solo per salvaguardare il livello economico dagli stessi raggiunto e non perchè la posizione medesima esprima una diversa professionalità rispetto al profilo di base;

d) è inapplicabile all’impiego pubblico contrattualizzato l’art. 2095 c.c. e l’art. 50 del Testo Unico Enti Locali riserva al sindaco la individuazione degli incarichi dirigenziali;

e) il ricorrente, pur asserendo di aver svolto funzioni dirigenziali, aveva ammesso che la responsabilità delle unità organizzative di secondo livello era stata riservata dall’art. 49 del regolamento degli uffici e servizi ai funzionari e non ai dirigenti;

f) correttamente il Tribunale aveva escluso la fondatezza dell’azione di indebito arricchimento, perchè le prestazioni rese in favore dell’ente non erano prive di causa, e della domanda di risarcimento del danno, atteso che il ricorrente non aveva allegato e provato il pregiudizio subito.

4 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso P.A. sulla base di due motivi, illustrati da memoria. Il Comune di Reggio Calabria ha resistito con controricorso.

5 – Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente del 14.9.2016, la redazione della motivazione della sentenza in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo P.A. denuncia “violazione e falsa applicazione degli art. 12 Prel.; artt. 113 e 116 c.p.c.; artt. 1362 e seguenti c.c.” e si duole della errata interpretazione data dalla Corte territoriale alle disposizioni dettate in tema di inquadramento dal CCNL 31.3.1999 per il comparto delle autonomie locali. Ribadisce che la posizione D3 esprime una diversa professionalità e ciò è reso evidente dall’art. 4, comma 1, del contratto, che prevede per la progressione economica la medesima procedura prevista per il passaggio di area. Richiama anche l’art. 15 dello stesso CCNL nonchè l’art. 12 del CCNL 22.1.2004 con il quale le parti collettive avevano previsto la costituzione di una commissione paritetica alla quale affidare il compito di intervenire sul sistema di classificazione, “di perfezionare la clausola sulle selezioni verticali tra categorie e chiarire i punti intermedi di accesso sulle posizioni B3 e D3”.

1.2 – La seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, addebita alla sentenza impugnata di non avere considerato l’allegato A al CCNL 31.3.1999 ed in particolare la clausola con la quale la posizione economica D3, attribuita ai funzionari della 8 qualifica, era stata espressamente ricollegata al “profilo professionale”. Il ricorrente si duole, poi, della insufficienza della motivazione anche in relazione ai capi della sentenza relativi alla ritenuta infondatezza delle ulteriori domande, a suo dire respinte “con motivazione inconferente con il dettato normativo”.

2 – E’ infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa del controricorrente per difetto del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

Non vi è dubbio che il ricorso per cassazione debba contenere tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa.

Va, però, precisato che la valutazione sulla completezza della esposizione dei fatti contenuta nell’atto introduttivo deve essere effettuata considerando il fine che il requisito mira ad assicurare e contemperando la esigenza di fornire alla Corte tutti gli elementi necessari ai fini della decisione con quella della necessaria sinteticità degli atti processuali.

Ne discende che, come evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte, la “esposizione sommaria dei fatti di causa” non richiede nè la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali nè che “si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale s’è articolata” (così in motivazione Cass. S.U. 11.4.2012 n. 5698), essendo sufficiente una sintesi della vicenda “funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure mosse alla sentenza impugnata”. Le stesse Sezioni Unite hanno anche significativamente aggiunto che “il ricorso non può dirsi inammissibile quand’anche difetti una parte formalmente dedicata all’esposizione sommaria del fatto, se l’esposizione dei motivi sia di per sè autosufficiente e consenta di cogliere gli aspetti funzionalmente utili della vicenda sottostante al ricorso stesso”.

Nel caso di specie, pertanto, il preteso difetto di autosufficienza non può essere affermato solo perchè nel ricorso non risulta riprodotto il contenuto della domanda originaria, posto che la materia controversa è sicuramente desumibile dall’esame della parte introduttiva, ove sono stati riassunti i termini della vicenda e gli esiti dei gradi del giudizio di merito, valutata unitamente ai singoli motivi di censura.

3 – Occorre premettere che il ricorrente non ha censurato il capo della decisione relativo alla ritenuta infondatezza della domanda di inquadramento nella qualifica superiore, sicchè si deve ritenere che la denuncia relativa alla errata interpretazione del CCNL sia stata formulata solo in relazione alla domanda, egualmente proposta con l’originario atto introduttivo, volta ad ottenere la condanna dell’ente al pagamento delle differenze retributive.

Entro detto limiti il primo motivo di ricorso è fondato poichè la sentenza impugnata non è conforme al principio di diritto già enunciato da questa Corte secondo cui “il sistema di classificazione delineato dal c.c.n.l. Comparto Regioni-Enti locali del 31 marzo 1999 configura, nell’ambito della categoria D, posizioni differenziate non solo sotto il profilo economico ma anche sotto quello professionale in relazione alla diversa professionalità di provenienza (nella specie, per le ex 7 e 8 qualifica funzionale, confluite, rispettivamente, nella categoria D, posizioni economiche D1 e D3), atteso che l’art. 4 dell’accordo collettivo come ribadito dall’art. 9 del C.C.N.L. del 5 ottobre 2001 – prevede per il passaggio all’interno della stessa categoria D ad una delle posizioni economiche superiori la medesima procedura selettiva stabilita per il passaggio da una categoria all’altra” (Cass. 18.3.2011 n. 6295 e Cass. 7.10.2015 n. 20070).

A detto orientamento il Collegio intende dare continuità, per le ragioni indicate nella motivazione delle sentenze richiamate, alla quale si fa rinvio, e perchè la tesi sostenuta dalla Corte territoriale contrasta anche con l’art. 3, comma 7, del CCNL, che rinviene nella specificità del “profilo professionale” la ratio del primo inquadramento nella posizione economica D3.

4 – Il secondo motivo è inammissibile nella parte in cui si duole del mancato accoglimento delle ulteriori domande, perchè respinte con motivazione insufficiente ed “inconferente con il dato normativo”.

Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che devono possedere i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta la necessità dell’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e dell’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione (Cass. 25.9.2009 n. 20652 e Cass. 22.9.2014 n. 19958).

La Corte territoriale, come si desume dalla sintesi riportata nello svolgimento del processo, ha compiutamente indicato le ragioni per le quali le singole domande dovevano essere respinte, sicchè era onere del ricorrente confutare le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. In difetto la censura non può che essere dichiarata inammissibile.

5 – In sintesi il ricorso merita accoglimento nei soli limiti indicati al punto 3 e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di Appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della sola domanda volta ad ottenere le differenze retributive asseritamente derivate dallo svolgimento di mansioni proprie del profilo professionale D3, attenendosi al principio di diritto sopra enunciato.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, nei limiti indicati in motivazione, e dichiara inammissibile il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Reggio Calabria, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2017

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