Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5698 del 22/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 22/02/2022, (ud. 11/11/2021, dep. 22/02/2022), n.5698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10575/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

AGRITALIA TUR S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Ennio Quirino

Visconti n. 20, presso lo studio legale Buccico, rappresentata e

difesa dall’Avv. Nicola Rocco, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 33/2015 della Commissione tributaria regionale

della Basilicata, depositata il 15 gennaio 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio tenuta il giorno

11 novembre 2021 dal Consigliere Raffaele Rossi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’istanza di interpello formulata dalla società Agritalia tur s.r.l. ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37 bis, comma 8, e volta alla disapplicazione della norma antielusiva sancita dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30, comma 4 bis, venne rigettata dall’Agenzia delle Entrate – direzione regionale della Basilicata per insussistenza di oggettive situazioni che rendevano impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito parametricamente determinato, attribuendo dirimente rilievo al fatto che la società richiedente aveva concesso in affitto un complesso immobiliare a canone non determinato dalle condizioni di mercato.

Per l’effetto, l’Amministrazione finanziaria emise nei confronti della Agritalia tur s.r.l. un avviso di accertamento per il recupero delle imposte IRES ed IRAP riferite all’anno 2006, attesa la ritenuta non operatività della società con conseguente determinazione presuntiva dei redditi nei modi stabiliti dalla L. n. 724 del 1994, art. 30.

2. L’impugnativa del contribuente, disattesa in prime cure, è stata accolta, a seguito di appello, con la sentenza in epigrafe indicata.

3. Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, la contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. L’unico motivo di ricorso lamenta violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Ad avviso dell’impugnante, la gravata sentenza è connotata da “affermazioni del tutto apodittiche e assolutamente inidonee ad integrare il requisito della motivazione della sentenza” dacché “la C.T.R. ha affermato che la contribuente ha superato la presunzione posta dalla L. n. 724 del 1994, art. 30 perché ha dimostrato che il canone di affitto rispondeva a specifiche esigenze di mercato stagionale, ma non ha indicato da quali prove ha tratto tale convincimento, né la ragione per la quale il canone di affitto rispondeva a specifiche esigenze di mercato”.

5. La doglianza è fondata.

E’ doveroso premettere che la vicenda controversa ricade sotto l’egida dell’originario disposto della L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis (introdotto dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, comma 15, lett. d) convertito nella L. 4 agosto 2006, n. 248), il quale consentiva alla società di formulare all’A.F. interpello volto alla disapplicazione delle norme antielusive “in presenza di oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo”.

Come chiarito dal giudice della nomofilachia, la disposizione in parola mira a disincentivare la costituzione di società di comodo, ovvero finalizzate a perseguire scopi eccentrici rispetto alla normale dinamica degli enti collettivi commerciali: a tal fine, sancisce una presunzione legale relativa, in virtù della quale una società si considera non operativa se la somma di ricavi, incrementi di rimanenze e altri proventi (esclusi quelli straordinari) imputati nel conto economico è inferiore a un ricavo presunto, calcolato applicando determinati coefficienti percentuali al valore degli asset patrimoniali intestati alla società (c.d. test di operatività dei ricavi), senza che abbiano rilievo le intenzioni e il comportamento dei soci.

In questo contesto, grava sul contribuente la prova della sussistenza di circostanze oggettive e straordinarie, cioè a dire non dipendenti da scelte consapevoli dell’imprenditore, che abbiano impedito il raggiungimento del volume minimo di ricavi o del reddito forfettariamente determinato: è così assicurata l’osservanza del principio di capacità contributiva, di cui la disciplina antielusiva resta comunque espressione contraria (cfr. Cass. 25/11/2020, n. 26763; Cass. 20/04/2018, n. 9852; Cass. 21/10/2015, n. 21358).

E l’impossibilità per l’impresa di conseguire il reddito minimo determinato secondo il meccanismo presuntivo contemplato dalla L. n. 724 del 1994, citato art. 30, comma 4 bis, non va intesa in termini assoluti bensì economici, avendo, cioè, riguardo all’effettive condizioni del mercato (specificamente, Cass. 12/02/2019, n. 4019; Cass. 20/06/2018, n. 16204).

Con riferimento ad una fattispecie analoga a quella qui disputata, poi, questa Corte ha affermato che “il contratto d’affitto d’azienda non rientra tra le ipotesi d’impossibilità oggettiva di percepire ricavi maggiori perché esso è espressione della manifestazione di volontà del contribuente che, per potere essere esonerato dall’applicazione della norma antielusiva, è tenuto a dimostrare che, quando stipulò il contratto, determinate ragioni oggettive – che non si riducono, né si condensano nella manifestazione della volontà contrattuale che conduce alla stipula dell’affitto – non consentivano la pattuizione di un canone più alto” senza che assuma rilevanza la “impossibilità giuridica di aumentare unilateralmente in costanza di rapporto il canone d’affitto del cespite” (Cass. 28/05/2020, n. 10157).

6. Ciò premesso, onde apprezzare la legittimità dell’interpello disapplicativo, il giudice di prossimità era tenuto ad operare una compiuta disamina sull’esistenza di situazioni oggettive straordinarie, da valutarsi alla luce degli elementi fattuali rappresentati dalle parti.

Di tanto, tuttavia, non vi è traccia nella sentenza impugnata, la quale ha reputato dimostrata l’effettività economica della società istante (e, quindi, vinta la presunzione legale relativa sopra descritta) unicamente in base al rilievo della stipula “di un regolare contratto di locazione, nel quale era presente anche la clausola di immodificabilità unilaterale del canone di affitto”.

A tacer della correttezza in iure, il tenore palesemente assertivo dell’affermazione (nella quale si compendia e, ad un tempo, si esaurisce l’illustrazione del fondamento giustificativo della decisione) concreta una motivazione propriamente figurativa, in quanto priva di qualsiasi, pur sommario, vaglio critico dei plurimi elementi fattuali della vicenda litigiosa dedotti in lite dai contraddittori (la conformità del canone di affitto alle condizioni di mercato, in ragione della ubicazione e della destinazione funzionale dell’immobile, il carattere remunerativo di detto canone, l’esistenza di vincoli parentali tra i legali rappresentanti delle società contraenti l’affitto) di certo idonei ad orientare l’apprezzamento sulla ricorrenza o meno di situazioni oggettive ostative alla pattuizione di un canone più elevato.

7. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Basilicata in diversa composizione, cui è altresì demandata la regolamentazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Basilicata, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 11 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

 

 

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