Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5696 del 02/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/03/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 02/03/2020), n.5696

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 115-2019 proposto da:

E.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ROBERTO DENTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 13/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE.

Fatto

RILEVATO

Che:

viene proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Milano del 13 novembre 2018, che ha respinto il ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che non svolge difese il Ministero intimato;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

il ricorso deduce: 1) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per avere il giudice negato la protezione sussidiaria, in quanto ha ritenuto il richiedente non credibile e non sussistente inoltre una situazione di violenza generalizzata nel paese di origine, contrariamente alla effettiva situazione di fatto; 2) violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, per avere la corte di merito omesso di valutare la situazione di particolare vulnerabilità della parte richiedente;

– che i due motivi sono manifestamente inammissibili;

– che si rileva come il Tribunale abbia approfonditamente esaminato la situazione del soggetto, cittadino nigeriano, ritenendo il racconto: a) non credibile; b) non idoneo comunque, dato il narrato, a rivelare la sussistenza dei presupposti previsti per la concessione della protezione;

– che, pertanto, anzitutto e radicalmente il provvedimento impugnato non ha ritenuto il ricorrente credibile: ed, al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In terna di protezione internazionale, l’attenuazione dell’oliere probatorio a CaliC0 del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 3, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass., ord. 30 ottobre 2018, n. 27503) e che “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio o itioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; v. pure Cass., ord. 5 febbraio 2019, n. 3340);

– che, oltre a ciò, si rileva come la motivazione del provvedimento impugnato si sia trattenuta sulle condizioni generali della regione di provenienza del ricorrente (Edo State), operando puntuale riferimento alle accreditate fonti internazionali consultate e ribadendo che non si tratti di territorio dove il livello di violenza è tale per cui un civile è esposto ad un rischio grave indipendentemente da qualsiasi coinvolgimento differenziato e statuendo, pertanto, circa l’insussistenza dei presupposti che debbono necessariamente rilevarsi per il riconoscimento della protezione sussidiaria (Cass. n. 16202/2015);

– che, inoltre, il giudice di merito ha escluso la ricorrenza di situazioni idonee a fondare l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria, sul corretto – e conforme alla giurisprudenza di legittimità – presupposto per cui il soggetto è non credibile, e del resto non è dimostrato nessun radicamento, nè sono addotte ragioni di speciale vulnerabilità;

– che, avendo il giudice del merito compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione nel rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia ed esponendo le ragioni per le quali ha reputato il richiedente privo dei requisiti idonei al riconoscimento dello status, nessuna censura può essere promossa in questa sede, trattandosi, per l’appunto, di valutazioni fattuali non sindacabili dinanzi al giudice di legittimità;

– che non è necessario provvedere sulle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dichiara che sussistono presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 -quater, per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per la stessa impugnazione, ove dovuto a norma del comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2020

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