Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5695 del 22/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 22/02/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 22/02/2022), n.5695

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 18140/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

A.E., elettivamente domiciliato in Roma, via Giovanni

Bettolo n. 4, presso lo studio dell’Avv. Fabrizio Brochiero Magrone,

dal quale, unitamente agli Avv.ti Erminio Annoni e Alessandro

Delbecchi, è rappresentato e difeso, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza n. 14/2015 della Commissione tributaria regionale

della Liguria, depositata il giorno 8 gennaio 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 dicembre

2021 dal Consigliere Raffaele Rossi;

Lette le conclusioni motivate del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Cardino Alberto, formulate ai sensi e

con le modalità previste dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23,

comma 8 bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, con le

quali chiede l’accoglimento del ricorso principale e la

dichiarazione di inammissibilità del ricorso incidentale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A seguito di verifica contabile condotta attraverso l’invio di un questionario al contribuente e la conseguente produzione ad opera di quest’ultimo di documentazione, l’Agenzia delle Entrate procedeva, con metodo sintetico ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 alla rettifica del reddito complessivo di A.E. per i periodi d’imposta 2006 e 2008, determinandone la misura, per tali annualità, rispettivamente, in Euro 160.361,72 ed Euro 115.949,36.

2. L’impugnativa del contribuente avverso il relativo avviso di accertamento veniva parzialmente accolta dal giudice di prime cure, con rideterminazione in Euro 41.500 del reddito complessivo netto per l’anno 2008.

L’appello interposto dall’Amministrazione finanziaria veniva poi rigettato dalla sentenza in epigrafe indicata.

3. Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico motivo; resiste, con controricorso, A.E. spiegando altresì ricorso incidentale articolato su un motivo.

4. Fissato per l’udienza pubblica del 14 dicembre 2021, il ricorso è stato in pari data trattato in camera di consiglio, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito dalla L. n. 176 del 2020, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non essendo stata formulata richiesta di discussione orale.

5. Entro il quindicesimo giorno precedente l’udienza, il P.G. ha formulato conclusioni motivate; successivamente, il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. L’unico motivo di ricorso principale lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4 e 6, nonché degli artt. 2697 e 2728 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Assume la difesa erariale che, attesa la presunzione legale di una maggiore capacità contributiva derivante dalla titolarità di beni-indice previsti dal c.d. redditometro, l’onere di provare l’inesistenza (totale o parziale) del reddito così presunto gravante sul contribuente si sostanzia nel dimostrare che “le spese per il mantenimento dei beni e servizi indici di capacità contributiva erano state coperte con elementi patrimoniali accumulati in periodi d’imposta precedenti”.

Principio di diritto violato, ad avviso del ricorrente, dalla Corte territoriale con l’aver ritenuto sufficiente, per vincere la presunzione, la mera disponibilità finanziaria di somme (evinta dall’estratto contabile recante il saldo di conto corrente) al 31 dicembre 2005, senza dimostrazione dell’impiego delle stesse.

7. La doglianza è fondata.

L’accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche eseguito con metodo sintetico (il c.d. redditometro) si incentra sul conferire a ciascun bene (o servizio) indice di capacità contributiva che sia nella disponibilità del contribuente un “valore”, determinabile mediante gli importi (per singoli beni) e i coefficienti di calcolo normativamente predeterminati nella tabella allegata ai dd.mm. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992 (ratione temporis applicabili al caso, concernente accertamenti relativi a periodi d’imposta anteriori al 2009): modalità accertativa conforme al principio della riserva di legge sancito dall’art. 23 Cost., “poiché i relativi decreti ministeriali non contengono norme per la determinazione del reddito, assolvendo soltanto ad una funzione accertativa e probatoria” (testualmente, Cass. 11/12/2020, n. 28265; conf. Cass. 24/04/2018, n. 10037).

Secondo il consolidato indirizzo ermeneutico di questa Corte, la determinazione del reddito del contribuente effettuata con metodo sintetico, siccome fondata su parametri prestabiliti e calcoli statistici qualificati, dispensa l’A.F. da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice di capacità contributiva.

La disponibilità dei beni da parte del contribuente integra, infatti, una presunzione di capacità contributiva “legale” ex art. 2728 c.c., imponendo la legge di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, verificata l’effettiva sussistenza degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra circa la provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni.

Più specificamente, al fine di vincere la presunzione nascente dall’applicazione del c.d. redditometro, la prova contraria a carico del contribuente non consiste nella mera dimostrazione della disponibilità di redditi ulteriori rispetto a quelli dichiarati, ma investe altresì l’entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente stesso: sebbene non sia esplicitamente richiesta la prova che tali redditi siano stati utilizzati per sostenere le spese contestate, occorre documentare circostanza sintomatiche che ne denotino l’impiego per coprire siffatte spese (sull’argomento, tra le tantissime Cass. 27/07/2021, n. 21547; Cass. 28/04/2021, n. 11158; Cass. 05/03/2021, n. 6270; Cass. 02/11/2020, n. 24243; Cass. 04/08/2020, n. 16637; Cass. 20/01/2017, n. 1510; Cass. 10/11/2015, n. 22944; Cass. 16/07/2015, n. 14885; Cass. 26/11/2014, n. 25104).

8. Degli esposti principi di diritto non ha fatto buon governo il giudice di prossimità.

La sentenza de qua ha determinato il reddito per l’anno 2008 nella misura corrispondente ad un quinto “della spesa complessiva non giustificata dalle disponibilità sul conto corrente”; ha inoltre precisato che “tenuto conto della disponibilità dichiarata dal contribuente (…) della somma derivante dalla cessione delle quote della società Lido s.r.l.” l’Amministrazione finanziaria “in ordine alle spese di mantenimento dei beni individuati in accertamento (…) doveva sostanziare con altri elementi la pretesa”.

Appare chiaro il ribaltamento delle regole sul riparto dell’onus probandi operanti in tema di accertamento del reddito con modalità sintetica innanzi illustrate; del pari palmare la valenza erroneamente dirimente attribuita al mero dato statico (l’esistenza al 31 dicembre 2005 di somme di danaro giacenti su conto corrente) a fronte di alcun elemento significante di natura dinamica, ovvero del perdurare della disponibilità di danaro sino al periodo d’imposta in questione (2008) e del verosimile utilizzo degli importi, in ragione della loro entità e della durata del loro possesso, a copertura delle spese contestate.

A questo accertamento provvederà la Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, cui la causa va rinviata, previa cassazione della sentenza impugnata.

9. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, si denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, violazione dell’art. 115 c.p.c. ed omessa motivazione sull’appello del contribuente.

Si deduce che “nell’atto di appello del contribuente” erano presenti “quattro tabelle” redatte “sulla scorta della documentazione bancaria allegata e non contestata” facenti “piena prova dei dati contenuti rilevante ai fini del decidere poiché gli investimenti e i disinvestimenti documentati per gli anni 2005, 2006, 2007 e 2008 avrebbero dovuto essere valutati dalla C.T.R.”.

Il motivo è inammissibile.

Non risulta dalla sentenza gravata la proposizione dell’appello incidentale di cui il contribuente lamenta l’erronea valutazione.

A fronte di ciò, la carente esposizione dei fatti di causa a suffragio del motivo in questa sede formulato, ben lontana dal (pur blando) connotato della sommarietà richiesto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, non dà sufficiente conto dello svolgimento della vicenda processuale: si fa menzione di un atto di appello del contribuente, ma non se ne indica la modalità di formulazione e non se ne trascrive – neppur in maniera sintetica o laconica – il contenuto, con l’effetto di impedire a questa Corte la comprensione (inibita, per funzione, la verifica diretta degli atti processuali) dei reali accadimenti che hanno contrassegnato la lite nei gradi di merito.

E ciò a tacer dell’assoluta genericità della doglianza articolata, priva della specificazione, ancorché minimale, dei fatti asseritamente non valutati né, a maiori, dell’allegazione di decisività degli stessi.

10. Al giudice del rinvio è demandata la regolamentazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

Accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

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