Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5695 del 02/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/03/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 02/03/2020), n.5695

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36682-2018 proposto da:

O.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALESSANDRO PRATICO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BRESCIA;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

28/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE.

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Brescia del 28 ottobre 2018, che ha respinto il ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che non svolge difese il Ministero intimato;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

– che il primo motivo di ricorso deduce la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6,7 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, degli artt. 2 e 33 CEDU, nonchè vizio di motivazione, per avere la corte di merito non correttamente applicato le norme sull’onere della prova e aver omesso l’esperimento dell’istruttoria richiesta dalla legge nell’esame delle domande di protezione internazionale;

– che il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, del D.Lgs.n. 25 del 2008, art. 3, art. 8 e art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, degli artt. 2 e 10 Cost. e dell’art. 8 della CEDU, per avere la corte territoriale motivato in maniera generica e senza sufficiente istruttoria circa la domanda di protezione umanitaria dell’odierno ricorrente;

– che i motivi possono essere trattati congiuntamente e sono inammissibili;

– che la congrua motivazione del provvedimento impugnato – resa dopo, si noti, che il tribunale ha ripetuto l’audizione del richiedente – ha esaminato la situazione esposta dal richiedente, cittadino nigeriano, il quale ha allegato di essere scappato dal suo paese in ragione di una lite concernente terreni, di cui lo zio si era arbitrariamente impossessato, ritenendo il racconto: a) non credibile; b) non idoneo comunque, dato il narrato, a rivelare la sussistenza dei presupposti previsti per la concessione della protezione;

– che, pertanto, anzitutto e radicalmente il provvedimento impugnato non ha ritenuto il ricorrente credibile: ed, al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fritti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass., ord. 30 ottobre 2018, n. 27503) e che “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzitutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; v. pure Cass., ord. 5 febbraio 2019, n. 3340);

– che la motivazione del provvedimento impugnato si è trattenuta sulle condizioni generali della regione di provenienza del ricorrente (Edo State), operando puntuale riferimento alle accreditate fonti internazionali consultate e ribadendo che non si tratti di territorio dove il livello di violenza è tale per cui un civile è esposto ad un rischio grave indipendentemente da qualsiasi coinvolgimento differenziato e statuendo, pertanto, circa l’insussistenza dei presupposti che debbono necessariamente rilevarsi per il riconoscimento della protezione sussidiaria (Cass. n. 16202/2015);

– che, inoltre, il giudice di merito ha escluso la ricorrenza di situazioni idonee a fondare l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria, sul corretto – e conforme alla giurisprudenza di legittimità – presupposto per cui il soggetto è non credibile, nè sono addotte ulteriori ragioni di speciale vulnerabilità, in particolare avendo il ricorrente mantenuto affermazioni al riguardo del tutto generiche e ripetuto le precedenti deduzioni esposte in ordine alle altre forme di protezione, nonostante la presenza di proprie dichiarazioni giudicate contraddittorie e non credibili;

– che, avendo il giudice del merito compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione nel rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia ed esponendo le ragioni per le quali ha reputato il richiedente privo dei requisiti idonei al riconoscimento dello status, nessuna censura può essere promossa in questa sede, trattandosi, per l’appunto, di valutazioni fattuali non sindacabili dinanzi al giudice di legittimità;

– che non è necessario provvedere sulle spese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dichiara che sussistono presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per la stessa impugnazione, ove dovuto a norma del comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2020

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