Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5685 del 02/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 02/03/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 02/03/2021), n.5685

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7287/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

B.A. e M.A., rappresentati e difesi, per procura in

calce al controricorso, dagli avv.ti DANTE Enrico e DUMONTEL Erica,

presso il cui studio legale, sito in Roma, alla via Tacito, n. 10,

sono elettivamente domiciliati;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 7147/13/2018 della Commissione tributaria

regionale del LAZIO, depositata il 17/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/12/2020 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

L’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi, cui replicano gli intimati con controricorso e memoria, per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, che in controversia su impugnazione di un avviso di accertamento catastale emesso ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, con riferimento ad una unità immobiliare sita in Roma, di proprietà di B.A. ed M.A., ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sfavorevole sentenza della CTP di Roma, depositata il 25/07/2016, in quanto spedito tramite servizio di posta privata.

Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 261 del 1999, artt. 1,2,3,4 e 5, come modificato dal D.Lgs. n. 58 del 2011, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, della L. n. 124 del 2017, art. 1, commi 57 e 58, nonchè della L. n. 890 del 1982 e dell’art. 149 c.p.c., sostenendo che, a seguito della liberalizzazione dei servizi postali, realizzata con il citato D.Lgs. n. 58 del 2011, entrato in vigore il 30 aprile 2011, che aveva modificato il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4 – successivamente abrogato, con decorrenza dal 2017, dalla L. n. 124 del 2017, art. 1, comma 57, lett. b), che riguardava però le sole notifiche effettuate a mezzo ufficiale giudiziario e non anche, come nella specie, quelle dirette a mezzo posta -, la notifica diretta degli atti impositivi effettuata tramite licenziatario privato doveva ritenersi legittima.

Con il secondo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c. in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, per avere errato la CTR nel ritenere la notifica inesistente anzichè affetta da nullità sanabile e nella specie sanata dagli appellati regolarmente costituitisi in giudizio.

I motivi, che, stante la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati e vanno rigettati per le ragioni di seguito spiegate.

Pare opportuno preliminarmente premettere che in tema di notificazione degli atti giudiziari a mezzo posta effettuata da operatore privato, la giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto, in relazione al regime normativo successivo al D.Lgs. n. 58 del 2011, la legittimità della notificazione a mezzo operatore di posta privata esclusivamente degli atti di natura amministrativa (cfr. Cass., Sez. U., n. 8416 del 2019). A diversa soluzione è invece approdata con riferimento alla notificazione di atto processuale, qual è nella specie l’atto di appello. Le Sezioni unite di questa Corte con la citata sentenza hanno infatti riconosciuto in capo al servizio di posta universale (Ente Poste, poi Poste Italiane s.p.a.), la riserva esclusiva di notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari e delle violazioni al Codice della strada, fino alla data di liberalizzazione dei servizi operata con la L. n. 124 del 2017, entrata in vigore il 29 agosto 2017. Ciò in quanto, nel regime nazionale successivo alla direttiva unionale n. 2008/6/CE e anteriore a quello introdotto dalla novella del 2011 – così come nel regime successivo a tale novella e antecedente alla L. n. 124 del 2017 – la riserva in via esclusiva a Poste Italiane s.p.a. del servizio della notificazione a mezzo posta degli atti processuali è correlata all’esclusivo riconoscimento del diritto speciale, in virtù del quale la veridicità dell’apposizione della data mediante proprio timbro è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, giacchè la si riferisce all’attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell’esercizio delle proprie funzioni (cfr., ex multis, Cass. n. 14163 del 2018 e n. 19547 del 2019).

Orbene, sulla questione della inesistenza/nullità della notifica degli atti giudiziari a mezzo di agenzia di recapito privata le Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 299 del 2020, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124 del 2017”, e ciò in quanto l’astratta compatibilità dell’attività notificatoria col complessivo sistema normativo esclude che si possa parlare d’inesistenza (come in precedenza ritenuto anche dalla giurisprudenza di questa Corte).

Il citato principio si attaglia perfettamente al caso in esame, posto che il ricorso d’appello è stato spedito per la notificazione in data 22 febbraio 2017, ovvero in data antecedente all’entrata in vigore della L. n. 124 del 2017, che non ha efficacia retroattiva (cfr. Cass. n. 299/2020, par. 9.1.)

Ne consegue che la nullità della notificazione può essere sanata, ex art. 156 c.p.c., dalla costituzione della controparte.

Ciò però non esime dalla preventiva e necessaria verifica della tempestività dell’impugnazione, che va accertata con riferimento non già alla data di spedizione del plico, ma a quella di ricezione dell’atto, rinvenibile dalla cartolina di ricevimento della raccomandata postale utilizzata dall’Ufficio per la notificazione dell’appello. E ciò perchè “La sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perchè sprovvisto di titolo abilitativo” (Cass., Sez. u., 299/2020 cit.).

In senso analogo si è recentemente pronunciata anche la Sezione ordinaria che nella sentenza n. 25521 del 2020 ha enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di notificazioni a mezzo posta, per effetto del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, e succ. modif., se pure è fidefaciente e valida la notifica di atti amministrativi e tributari – nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata con il D.Lgs. n. 58 del 2011 e quella portata a compimento dalla L. n. 124 del 2017 – tramite operatore postale privato in possesso del titolo abilitativo minore, costituito dalla “licenza individuale” di cui al D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 5, comma 1, non si configura, invece, analoga fidefacienza e validità per la notificazione con la medesima “licenza individuale” di atti giudiziari, ivi compresi i ricorsi introduttivi del processo tributario, là dove, per ragioni di ordine pubblico correlate a peculiari requisiti di rafforzata affidabilità dell’agente notificatore, tale genere di notificazioni postali è riservate al solo gestore del “servizio postale universale”, nel regime del D.Lgs. n. 58 del 2011, così come ai soli titolari di “licenza individuale speciale”, nel successivo regime della L. n. 124 del 2017″.

S’impone dunque preliminarmente, a prescindere dalla circostanza che la parte appellata si sia costituita o meno in appello (giacchè, secondo costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi indisponibili e, come tale, è rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della costituzione dell’appellato – cfr. Cass., Sez. U., n. 6983 del 2005; Cass. n. 23907 del 2009; Cass. n. 11666 del 2015; Cass. n. 4206 del 2020), la verifica relativa alla tempestività o meno dell’appello (che va proposto, in mancanza di notifica della sentenza di primo grado, entro sei mesi dal deposito della stessa: cfr. art. 327 c.p.c. nonchè Cass. n. 33168 del 2018 e n. 30850 del 2019) che prenda naturalmente in considerazione come termine a quo il giorno del deposito della sentenza della Commissione tributaria provinciale (Cass., Sez. U., n. 18569 del 2016; Cass. n. 4206 del 2020), ma che consideri quale termine ad quem non già – in ossequio al principio affermato dalle citate pronunce giurisprudenziali – il momento della spedizione da parte dell’appellante (ossia quello della consegna del plico da notificare all’operatore della posta privata) bensì il momento in cui si abbia la certezza legale che l’appello sia stato ricevuto dall’appellato.

Tale accertamento, verificabile anche d’ufficio (cfr. ex plurimis, da ultimo Cass., Sez. U., n. 19769 del 2019 e Cass. n. 1654 del 2020, secondo cui la mancata prospettazione, nel giudizio di secondo grado, della questione della tempestività o meno dell’appello incidentale, non determina una preclusione processuale nella deduzione della stessa con il ricorso per cassazione, potendo essere eccepita o rilevata d’ufficio per la prima volta anche in sede di legittimità), attraverso l’esame diretto degli atti processuali (cui la Corte ha accesso diretto trattandosi di error in procedendo – cfr. Cass. n. 19410 del 2015, n. 8069 del 2016 e n. 26799 del 2017), peraltro allegati al ricorso, ha consentito nel caso di specie di accertare il mancato raggiungimento della prova della tempestività dell’appello, nella specie spedito in data 22/02/2017, quindi entro il termine semestrale decorrente dalla data del 25/07/2016, di pubblicazione della sentenza della CTP di Roma, ma consegnata il 27/02/2017, ovvero successivamente alla scadenza di quel termine, compiutosi in data 25/02/2017.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese processuali vanno compensate in ragione dell’applicazione di principi giurisprudenziali successivi alla proposizione del ricorso.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2021

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