Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5684 del 09/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 09/03/2010, (ud. 22/01/2010, dep. 09/03/2010), n.5684

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito A. – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. est. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.G., domiciliato in Roma, via Vincenzo Ugo Taby n. 19,

presso Francesco Pennarella, rappresentato e difeso dall’avv.

Tammetta Walter giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in

carica, ed Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore Centrale

pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la stessa domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n.

12;

– controricorrenti ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 111.40.05 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata in data 16.06.2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 22

gennaio 2010 dal consigliere relatore Dott. Sergio Bernardi;

viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto di

entrambi i ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Sulla scorta dei rilievi contenuti in un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza di Ventotene, l’Agenzia delle Entrate di Formia rettificava la dichiarazione Irpef presentata da A.G. per l’anno 1996. L’avviso di accertamento era oggetto di ricorso, parzialmente accolto dalla CTP di Latina. Su appello del contribuente la CTR del Lazio riduceva ulteriormente l’accertamento dell’Ufficio, in ragione del 40%.

L’ A. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR con sei motivi, L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso, nel quale spiega ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi.

L’Agenzia ha dedotto l’inammissibilità del ricorso principale per difetto di procura speciale, rilevando che la formula della delega rilasciata dal contribuente è generica, e non contiene alcun riferimento al giudizio di Cassazione.

Il rilievo è infondato, non potendosi dubitare della riferibilità al giudizio di Cassazione della delega apposta a margine dello stesso ricorso (e non su foglio separato ad esso spillato, come nel caso deciso dalla sentenza – Cass. 23381/04 – invocata dall’Agenzia).

Col primo motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e art. 115 c.p.c., assumendo che “malgrado quanto riferito dai giudici d’appello”, non erano stati prodotti in giudizio il p.v.c. della Guardia di Finanza nè le risposte al questionario rimesso ai clienti dell’albergo.

Col secondo motivo del ricorso principale si deduce violazione degli art. 2697 cod. civ., comma 1 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, assumendo la inidoneità della prova desunta dal rinvio fatto dalla sentenza impugnata al processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, ed in specie alle risposte fornite ai questionari dai clienti dell’impresa alberghiera (acquisite senza contraddittorio) ed alla cd. “affluenza turistica media” (affermata dall’Ufficio in base a dati non comunicati al contribuente).

Col terzo motivo si lamenta omessa pronuncia sulla eccezione di illegittimità della acquisizione delle risposte ai formulari fornita dai clienti dell’impresa.

Col quarto motivo si deduce insufficienza della motivazione con la quale la CTR ha ridotto del 40% i ricavi dell’impresa accertati nell’avviso impugnato.

Col quinto si lamenta che la motivazione sul punto sarebbe anche contraddittoria, avendo tratto la conclusione (della riduzione del 40% dei ricavi accertati dall’Ufficio) dopo la premessa che gli elementi acquisirti erano generici “e perciò inidonei per una sicura quantificazione dell’incasso conseguito”.

Col sesto motivo si lamenta omessa pronuncia sul rilievo, proposto con l’appello, “che nelle more del giudizio lo stesso Ufficio in sede di autotutela – ha annullato identico accertamento emesso nei confronti dell’istante per l’anno di imposta 1997”.

I motivi sono infondati.

Il primo è inammissibile, perchè deduce un fatto contrario a quanto accertato dalla sentenza impugnata, avendo la CTR osservato che i documenti (p.v.c. e questionari) posti a base dell’accertamento erano stati prodotti in giudizio. La doglianza che viceversa non lo erano stati (sul presupposto che quei documenti fossero decisivi) avrebbe dovuto proporsi come motivo di revocazione, ex art. 395 c.p.c..

In ordine al secondo e terzo motivo, la CTR ha osservato che l’accertamento dei maggiori incassi era giustificato dalla “documentazione, allegata al p. v. (pure agli atti)”, concernente le risposte contenute nei questionari inviati ai clienti; la capacità produttiva dell’azienda desunta dal numero delle stanze date in affitto; il numero delle presenze nell’anno; i prezzi medi praticati e le risultanze della documentazione extracontabile esaminata, e cioè delle agende rinvenute dalla guardia di finanza, nelle quali erano annotati “pagamenti, incassi, relativi sia all’attività di affittacamere documentata dai questionari sia di ristorazione”.

Gli elementi considerati sono pertinenti e congrui. L’utilizzabilità delle risposte fornite da terze persone ai questionari sottoposti dalla guardia di finanza non è affatto esclusa dalla giurisprudenza costituzionale citata dal ricorrente, che ne ha invece ammesso il valore indiziario, corroborabile dagli opportuni riscontri, nella specie legittimamente ravvisati nelle caratteristiche dell’impresa e nei dati contenuti nella documentazione extracontabile rinvenuta dalla polizia tributaria. L’omesso esame che vizia la motivazione attiene a circostanze di fatto, e non a tesi giuridiche che si assumono decisive. La tesi che quei rilievi non costituirebbero, nel loro insieme, presunzioni gravi, precise e concordanti critica il merito e non la legittimità della decisione impugnata.

Il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale investono il capo della decisione che ha ridotto del 40% l’accertamento dell’Ufficio, sui rilievi che “che risposte ai questionarti da parte dei clienti denotano incertezze e carenze” e che “le presenze ipotizzate nell’anno non appaiono così sicure, e, infine, che numerosi “appunti” (agende) sono troppo generici, privi cioè di importo, di riferimenti adeguati e perciò inidonei per una sicura quantificazione dell’incasso conseguito”. La decisione è investita anche dal ricorso incidentale, col quale si denuncia ultrapetizione (perchè la contribuente aveva contestato la esistenza e non la entità dei maggiori incassi) e vizio di motivazione (perchè “la sentenza emessa dai giudici di secondo grado non fornisce alcuna indicazione in ordine al passaggio logico in relazione al quale sono stati ritenuti eccessivi gli incassi accertati”).

La pronuncia resiste a tali critiche. Quanto a quelle del ricorso principale perchè la motivazione non è generica nè contraddittoria, poichè evidenzia i dati rilevanti per la decisione ai quali non nega efficacia probatoria pur riconoscendone un peso inferiore a quello ritenuto dall’Ufficio; quanto a quella del controricorso perchè generica e non autosufficiente, mancando di specificare i dati quantitativi delle risultanze processuali che non sarebbero state adeguatamente considerate, e di sviluppare il ragionamento che – sulla base di quei dati negletti – avrebbe dovuto condurre alla diversa conclusione auspicata.

Il sesto motivo deduce come vizio della sentenza una circostanza affatto irrilevante, data l’autonomia degli accertamenti e dei processi nei quali sono stati contestati. E’ del resto invocata l’autorità del giudicato, mentre l’accertamento Irpef 1997 sarebbe stato revocato in sede di autotutela.

Vanno dunque rigettati entrambi i ricorsi, e compensate le spese del giudizio.

P.Q.M.

Riunisce e rigetta i ricorsi. Compensa fra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2010

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