Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5680 del 12/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5680 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 26645-2008 proposto da:
EUROPA MOTORI SRL in persona dell’Amministratore
Unico, elettivamente domiciliato in ROMA VIA XXIV
MAGGIO N. 43, presso lo STUDIO LEGALE TRIBUTARIO
MICCINESI E ASSOCIATI, rappresentato e difeso dagli
avvocati PARISI PRESICCE STEFANO, PURI PAOLO giusta
delega a margine;
– ricorrente contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro
pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE GENERALE
in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 12/03/2014

domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta
e difende ape legis;
– controricorrenti
nonchè contro

– intimati –

avverso la sentenza n. 57/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 17/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2014 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato PURI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato MADDALO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO LOCALE DI ROMA 5;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Oggetto della controversia innanzi a questa Corte è l’applicazione del c.d.regime del margine che
la società Europa Motori s.r.1., esercente attività di commercio di autoveicoli, ha ritenuto di
applicare, per l’anno 2002, alle cessioni di veicoli usati ancorchè per i beni ceduti era già stata
detratta VIVA secondo il regime ordinario. L’Agenzia delle Entrate di Roma, non ritenendo
applicabile il sistema IVA regolato dal D.L. n.41/91, ha disposto, sulla base di un p.v.c. del
2.La società contribuente ha proposto ricorso innanzi alla CTP di Roma che, preso atto della
duplicazione della richiesta relativa alle sanzioni già disposta separatamente, accoglieva il ricorso
della contribuente con sentenza gravata di appello da parte dell’Ufficio innanzi alla CTR del Lazio.
Quest’ultima, con sentenza n.57/2/2008 del 17.6.2008, riformava la decisione impugnata.
2.111 giudice di appello, riassunte le coordinate normative relative alla disciplina del c.d.regime del
margine, evidenziava che se, per un verso, la società contribuente aveva documentato la sussistenza
dei requisiti di cui al comma 4 dell’art.38 d.l.n.331/93 e che le ditte fornitrici avevano indicato nelle
fatture la dizione IVA in regime del margine l’Ufficio, per altro verso, aveva sostenuto che
dall’esame dei libretti di circolazione dei veicoli emergeva come ai precedenti proprietari spettava
notoriamente la detrazione IVA. Ragion per cui non poteva spettare il beneficio dell’IVA in regime
di margine perchè i venditori avevano potuto detrarre VIVA applicata.
2.2 Fatta tale premessa, la CTR ha ritenuto che la presunzione esposta dall’Ufficio fosse legittima,
in assenza di prova contraria da parte della società contribuente circa l’esistenza di fatti eccezionali
che avrebbero potuto contrastare detta presunzione rispetto al comportamento fiscale normale
tenuto dalle ditte fornitrici. Peraltro, la società contribuente, per fruire del regime del margine,
aveva l’onere di provare tutti i presupposti dell’agevolazione fiscale e dunque di verificare la
veridicità della dizione apposta sulle fatture di acquisto attestante l’applicazione a monte del regime
del margine.
2.3 Secondo i giudici di appello, ancorchè si fossero manifestati orientamenti diversi sul punto,
rilevava la circostanza che dalla documentazione in atti e da quella acquisita nel corso della verifica
fiscale- fatture emesse dall’operatore intracomunitario e libretti di circolazione- era emersa
l’appartenenza delle vetture usate a soggetti che normalmente provvedono a detrarre VIVA in fase di
acquisto. Circostanza che impediva l’applicazione del regime del margine “non essendo stati
opportunamente dimostrati eventi che avessero escluso da parte della società già proprietarie l’intera
detrazione d’imposta”.
3.La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a 7 motivi, al quale hanno
resistito l’Agenzia delle Entrate ed il Ministero delle Finanze con controricorso. La società

17.12.2003 la ripresa a tassazione di IVA, accessori e sanzioni.

contribuente ha depositato memoria ex art.374 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero
dell’economia e delle finanze, essendo l’unico soggetto legittimato passivamente l’Agenzia delle
Entrate.
4. Con il primo motivo la società contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.54
a costituire presunzione grave, precisa e concordante, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.
4.1 Lamenta che la CTR, avendo giustificato la propria decisione sulla base dei libretti di
circolazione degli autoveicoli, avevamo messo di considerare) che gli stessi non indicavano
l’oggetto sociale delle società venditrici, le quali avrebbero potuto fare parte di un gruppo societario
nel quale, pur essendo il

core business

costituito dall’attività di commercio o noleggio di

autoveicoli, le stesse svolgevano funzioni differenti;b) che nemmeno risultava che gli autoveicoli
fossero stati destinati allo svolgimento dell’attività di autonoleggio o di conunercio;c) che non
risultava se l’IVA sull’acquisto fosse stata detratta; d) che detti libretti non indicavano l’intera lista di
tutti gli intestatari degli autoveicoli, potendo accadere che nei vari passaggi l’autovettura fosse stata
acquistata da un consumatore con applicazione dell’IVA. Ciò che era possibile nelle contrattazioni
di leasing. E poiché tali circostanze non risultavano dai libretti di circolazione non era possibile
escludere che gli autoveicoli fossero stati soggetti ad ulteriori cessioni. In definitiva, l’esame dei
libretti di circolazione non era idoneo a fondare alcuna presunzione relativa all’inapplicabilità del
regime del margine, dovendo l’amministrazione svolgere ulteriori indagini al fine di verificare 1
reale posizione fiscale del soggetto che in base alla fattura risultava cedente comunitario e dung
conoscere la “storia”.
Con il secondo motivo la società contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.5
c.2 del dpr n.633172, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.
Deduce che la CTR aveva non solo presunto che i cedenti avessero destinato le autovetture
all’attività propria delle loro imprese, ma anche la detrazione dell’IVA afferente l’acquisto.
Con il terzo motivo la società deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.2697 c.c., in
relazione all’art.360 comma 1 n.3 C.P.C. Lamenta che la CTR aveva illegittimamente posto a carico
della contribuente l’onere di vagliare criticamente il contenuto delle fatture del cessionario, senza
avvedersi che tali attività inerivano ai compiti dell’amministrazione finanziaria.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.2697 c.c., in
relazione all’art.360 comma 1 n.3 C.P.C. Lamenta che aveva errato la CTR nell’individuare in capo
al soggetto contribuente l’onere di provare la corretta applicazione del regime del margine, questo

c.2 dpr n.633172 e dell’art.36 d.l.n.41/95 avendo la CTR fondato la decisione su un indizio inidoneo

spettando all’amministrazione fiscale.
Con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.21 c.6 dpr
n.633/72, come sostituito dall’art. l d.lgs.n.52/2004 e dalla Dir.n.2001/115/CE, in relazione
all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.Lamenta che il contenuto delle fatture in ordine all’applicazione del
regime del margine non poteva essere considerato come tamquam non esset. Il cessionario, del
resto, era privo di strumenti per verificare le affermazioni del cedente. Ne conseguiva che gli
obblighi ulteriori imposti a carico del contribuente da parte della CTR contrastavano con il quadro
Con il sesto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.2 n.1 art.4 n.1 e 2
e dell’art5 n.1 della sesta direttiva IVA n.77/388/CEE, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.
La CTR, secondo la ricorrente, aveva accolto l’impugnazione dell’Ufficio ancorchè mancasse la
prova del coinvolgimento della cessionaria nella frode perpetuata dal cedente ed il cessionario fosse
in buona fede.
Con il settimo motivo la ricorrente deduce il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo e
controverso per il giudizio. La Ctr non aveva motivato sul valore delle dichiarazioni contenute
nella fattura in ordine al regime del margine, nè aveva considerato l’inesistenza di accordi fra il
cessionario e i cedenti relativi a presunte frodi IVA eventualmente poste in essere dai cedenti.
I controricorrenti, nel controricorso, hanno dedotto la carenza di legittimazione passiva del
Ministero delle Finanze e nel merito l’infondatezza del ricorso. Con specifico riferimento al sesto
motivo di ricorso si deduce che solo la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione del regime del
margine avrebbe consentito alla ricorrente di fruire di siffatto meccanismo, non potendosi ipotizzare
che le indicazioni contenute nelle fatture di acquisto potessero consentire tale meccanismo una volta
che era risultata dagli accertamenti della Guardia di Finanza che i cedenti erano soggetti titolati ad
operare la detrazione IVA, come pure risultava dalla circolare n.40/E del 18 luglio 2003
dell’Agenzia delle Entrate.
La prova del diritto all’agevolazione incombeva, peraltro, sul contribuente e l’eventuale affidamento
dello stesso poteva riverberarsi unicamente sull’esonero dalle sanzioni. Ciò che rendeva infondato
anche il quarto motivo di ricorso.Nessuna doppia presunzione si era poi verificata, avendo l’Ufficio
legittimamente evidenziato la precedente titolarità del veicolo in capo a soggetto abitualmente
operante nel commercio o nel noleggio di autovetture, rispetto alla quale era poi onere del
contribuente dimostrare l’esistenza dei presupposti per la fruizione del regime agevolato.
8.Le doglianze, che meritano un esame congiunto in quanto fra loro avvinte, sono infondate.
8.1 Occorre premettere che il giudice di appello, nel ritenere fondata la pretesa fiscale azionata sul
presupposto che non potesse trovare applicazione il c.d. regime del margine disciplinato dal D.L. n.

normativo sopra richiamato.

41 del 1995, art. 36, conv. nella L. n. 85 del 1995, ha fondato il proprio assunto ritenendo che la
ordinaria possibilità per le società cedenti, operanti nel settore del commercio di autovetture, di
detrarre VIVA rendeva inapplicabile il regime del margine, in mancanza di prove, da parte della
contribuente, volte a vincere tale presunzione. Ha poi aggiunto che era onere del contribuente
dimostrare i presupposti per fruire di siffatto meccanismo e di verificare la veridicità delle
indicazioni contenute nelle fatture di acquisto, infine aggiungendo che dalle fatture e dai libretti di
società che normalmente provvedono a detrarre l’IVA in fase di acquisto per cui le operazioni in
discussione non potevano essere assoggettate all’IVA in regime del margine, non essendo stati
opportunamente dimostrati eventi che avessero escluso da parte della società già proprietarie l’intera
detrazione dell’imposta”.
8.2 Giova rammentare che questa Corte ha ormai pacificamente riconosciuto che il regime del
margine già sopra ricordato si applica in quanto il contribuente riesca a dimostrare la sussistenza
dei presupposti di fatto che giustificano la deroga al normale regime impositivo (cfr. Cass.
31.1.2011 n. 2227). Ragion per cui il difetto di tale prova comporta l’inapplicabilità del regime de
quo (cfr. Cass.31.1.2011 n. 2227).
8.3 Ne consegue che il “rischio fiscale” della operazione intracomunitaria, realizzata con
applicazione del regime del margine, ma in difetto dei presupposti richiesti, non può che ricadere
sul cessionario che, nei limiti imposti dall’onere di diligenza richiesto in base alle concrete
circostanze, non abbia verificato preventivamene la regolarità sostanziale della operazione (e non
soltanto la regolarità formale della fattura), risultando maggiore il grado di impegno esigibile nella
predetta verifica, in dipendenza della qualità professionale del cessionario, ove trattasi di operatore
commerciale del settore- v., da ultimo, Cass.nn^ 4522, 4524 e 4525/2013-.
8.4 Si è parimenti avuto modo di chiarire che costituisce condizione indefettibile di applicabilità di
tale regime la indeducibilità dell’Iva versata “a monte” dal cedente-operatore comunitario in
occasione dell’acquisto del bene successivamente rivenduto all’importatore in altro Paese membro
(ovvero si rende necessario che il cedente abbia assolto l’IVA in modo definitivo, senza avere
esercitato ne’ avere potuto esercitare alcuna rivalsa: altrimenti, in luogo di evitare una doppia
imposizione, si attribuirebbe al cessionario una ingiustificata agevolazione fiscale), dovendo in
conseguenza il cedente, soggetto passivo di imposta comunitario, rispondere ad uno dei seguenti
“requisiti soggettivi” individuati dal D.L. n. 41 del 1995, art. 36, comma 1, conv. in L. n. 85 del
1995: 1) soggetto che sia privato consumatore; 2)soggetto che non abbia potuto detrarre l’imposta
(avendo destinato i beni ad una attività esente); 3) soggetto che agisca in regime di franchigia nel
proprio Stato membro; 4) soggetto che abbia, a sua volta, assoggettato il proprio acquisto al regime

circolazione delle vetture era “…possibile evincere la appartenenza delle vetture usate vendute a

del margine di utile-cfr. Cass. n. 8828/2012-.
8.5 In definitiva, si è ritenuto che il difetto della prova in ordine alla sussistenza dei requisiti
previsti dal regime del margine comporta l’inapplicabilità del regime “de quo”, indipendentemente
dalla consapevolezza che della inesistenza dei presupposti abbia avuto il cessionario, potendo
eventualmente tale difetto di consapevolezza incidere solo sull’aspetto sanzionatorio (cfr. Cass.
n.2227/2011 e Cass.n. 8635/2012).
applicazione del regime del margine, ma in difetto dei presupposti richiesti ricade sul cessionario
che, nei limiti imposti dall’onere di diligenza richiesto in base alle concrete circostanze, non abbia
verificato preventivamene la regolarità sostanziale della operazione (e non soltanto la regolarità
formale della fattura) anche con riferimento alla condizione soggettiva del cedente, risultando
maggiore il grado di impegno esigibile nella predetta verifica, in dipendenza della qualità
professionale del cessionario, ove trattasi di operatore commerciale del settore -Cass.n.8635/12-.
8.7 Si è poi di recente ribadito che, proprio con riguardo alle ipotesi di cessioni provenienti da
soggetti operanti nel commercio di autovetture il corretto adempimento degli oneri formali di
documentazione della cessione (ed in particolare la annotazione in fattura, da parte del cedente, del
regime del margine di utile) non esaurisce, in ogni caso, la prova della effettiva esistenza dei
presupposti soggettivi ed oggettivi che consentono l’applicazione del regime speciale dell’IVA alla
operazione di cessione del bene. Tutto ciò non comporta, evidentemente, che la documentazione
contabile rispondente ai requisiti di regolarità formale, sia da ritenersi in assoluto irrilevante,
essendo comunque necessario il possesso di tale documentazione per l’esercizio del diritto ad
applicare la imposta sulla base imponibile ridotta, ma soltanto che la mancanza di corrispondenza
tra la rappresentazione documentale della operazione di cessione del bene in regime del margine e
quella invece effettivamente realizzata dalle parti (ordinaria operazione di cessione intracomunitaria
assoggettata ad IVA, in relazione al valore di transazione del bene indicato in fattura, nel Paese di
destinazione: art. 38 DL 30.8.1993 n. 331 conv. in legge 29.10.1993 n. 427), può essere certamente
contestata dall’Ufficio finanziario, ove emergano elementi oggettivi -idonei a fondare anche
accertamenti di tipo presuntivo- che privino l’inattendibilità delle indicazioni contenute nella fattura
emessa nei confronti del cessionario, in tal caso insorgendo a carico di quest’ultimo, quale soggetto
che intende avvalersi del regime speciale in deroga al sistema ordinario di applicazione dell’IVA
concernente gli acquisti interni ed intracomunitari, l’onere di provare la sussistenza dei presupposti
che ne consentono l’applicazione, e, quindi, la mancata detrazione dell’IVA “a monte” da parte del
cedente (cfr. Cass.n.866/2012;Cass.n. 8828/2012; Cass. n.15219/2012).
8.8 D’altra parte, proprio in ordine alla rilevanza, ai fini di escludere la ricorrente dei presupposti

8.6 Ne consegue che il “rischio fiscale” della operazione intracomunitaria, realizzata con

per fruire del detto regime, questa Corte è ferma nel ritenere che l’esame di tale documentazione,
ben lungi dal costituire elemento probatorio in ordine all’esistenza dell’operata detrazione dell’IVA
da parte del cedente, assume capacità indiziante-ai fini della costruzione dello schema logico
presuntivo ex art. 2727 e 2729 c.c.- in ordine alla intestazione proprietaria, risultante dal libretto, in
capo a soggetti che svolgono attività economica avente ad oggetto l’acquisto e la cessione, ovvero il
noleggio o la concessione in leasing di autoveicoli, trattandosi di soggetti passivi d’imposta che
pertanto, sono legittimati ad esercitare il diritto di detrazione l’IVA corrisposta in rivalsa con
l’acquisto a monte.
8.9 Se è vero, dunque, come sostenuto dalla difesa della ricorrente, che il dato concernente la detta
qualità soggettiva delle ditte cedenti non esclude la “possibilità” che anche i soggetti passivi
d’imposta realizzino operazioni di cessione di veicoli non impiegati strumentalmente nell’attività
economica o vi siano altri soggetti che si sono interposti nella catena di vendite senza fruire della
detrazione – perché il bene è stato acquistato da un privato non soggetto passivo, ovvero da un
soggetto passivo che a sua volta aveva già beneficiato del regime del margine di utile- non inficia
affatto la capacità indiziante che va riconosciuta al dato rilevato dal libretto di circolazione, atteso
che la operazione logica che dal fatto noto ( 1-i veicoli sono beni strumentali all’esercizio delle
attività d’impresa svolte dalle società che scambiano autoveicoli o li concedono in godimento; 2- i
soggetti passivi che acquistano beni strumentali all’esercizio della impresa hanno diritto a detrarre
l’IVA corrisposta all’acquisto) perviene alla conoscenza del fatto ignorato (i soggetti predetti hanno
detratto l’IVA monte) va compiuta alla stregua di relazioni di inferenza fondate sulla “probabilità” e non sulla mera possibilità- e dunque su criteri di regolarità causale degli accadimenti (fondati su
nessi di presupposizione necessaria, su dati statistici rilevati dall’osservazione fenomenica, su
nozioni teoriche tratte dalle discipline scientifiche, economiche, giuridiche, tecniche nonché sulle
prassi applicative di tali discipline) che consentano di ritenere dotata di un elevato grado di certezza
la conseguenza che si intende far derivare da uno o da un complesso di fatti accertati- così,
testualmente, Cass.n.20302113-.
8.10 Anche nel caso di specie, pertanto, deve ritenersi che correttamente abbia agito la CTR nel
desumere da tale qualità soggettiva dei precedenti intestatari- operanti nel settore del commercio e
noleggio di autovetture- la “normale” (in senso probabilistico) conseguenza che la società di
autonoleggio o di leasing detragga l’IVA corrisposta in rivalsa al momento dell’acquisto del veicolo
destinato all’attività di scambio di beni e servizi sul mercato. La diversa possibilità che dette società
non abbiano operato in tal modo poteva, come ha puntualmente indicato la CTR, con motivazione
congrua e sufficiente, essere oggetto di prova contraria da parte della contribuente che, tuttavia,

impiegano i veicoli come beni strumentali o comunque “inerenti” l’attività economica svolta e che,

non ha ottemperato all’onere sulla stessa gravante -così Cass. ult. cit.-.
8.1111 carattere speciale del regime del margine, d’altra parte, è stato più volte sottolineato dalla
Corte di giustizia la quale, individuando la portata interpretativa dell’art. 314 della direttiva
2006/112- che riproduce fedelmente l’art. 26 bis della c.d. sesta direttiva CEE, ratione temporis
rilevante – ha ribadito come il regime d’imposizione sull’utile realizzato dal soggetto passivorivenditore in occasione della cessione di beni d’occasione quali quelli di cui trattasi nel
procedimento principale costituisce un regime particolare dell’IVA, che deroga al sistema generale
o.o., p.28 e Corte Giust. 3 marzo 2011, Auto Nikolovì, causa C 203/10, punto 46- così confermando
i principi espressi con riguardo all’art. 26 bis dir.- per cui v.Corte Giust. 8 dicembre 2005, Jyske
Finam, causa C 280/04, p. 35-.
8.12 Orbene, nelle pronunzie rese dalla Corte di Giustizia, l’affermazione secondo cui il soggetto
passivo d’imposta non può essere considerato responsabile della intenzione del terzo di agire in
frode alla applicazione dell’IVA è mediata dalla condizione essenziale che detto contribuente “non
aveva o non doveva avere conoscenza” della frode (cfr. Corte giustizia CE 3^ sez. 12.1.2006 in
cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03). Rimane pur sempre compito dell’autorità giudiziaria
nazionale negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi
obiettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente-cfr.Corte Giust. 3 marzo
2005, C 32/03, Fini H, p.34-. Ragion per cui soltanto “gli operatori che adottano tutte le misure che
si possono loro ragionevolmente richiedere a fine di assicurarsi che le loro operazioni non facciano
parte di una frode”, possono fare affidamento sulla liceità di tali operazioni.
8.13 Pertanto, un soggetto che “sapeva o avrebbe dovuto sapere che con il proprio acquisto
partecipava ad una operazione che si iscriveva in frode all’IVA” non può allegare la buona fede a
garanzia dei diritti di detrazione o rimborso vantati in relazione alle operazioni compiute (cfr. Corte
giustizia CE 6.7.2006 in cause rinite C-439/04 e C- 440/04).
8.14 V’è ancora da aggiungere che secondo Corte giustizia 21.6.2012 cause riunite C-80/11 e C142/11, Mahageben kft e Peter David, punto 50 e Corte giustizia 6.9.2012 causa C-324/11, Gabor
Toth, punto 50- 51 la prova presuntiva debba essere fondata su “elementi oggettivi” e cioè indizi
concludenti in ordine all’esistenza di una situazione che in quanto caratterizzata da irregolarità,
anomalie, incompletezza informativa, imponeva al soggetto passivo di esperire ulteriori verifiche in
ordine alla regolarità fiscale dell’operazione ); 2- della “preventiva” adozione da parte del
contribuente di tutte le misure ragionevolmente esigibili al fine di assicurarsi che l’operazione che
deve essere effettuata non lo conduca a partecipare ad un’evasione tributaria (cfr. Corte giustizia
6.7.206, causa C-439/04 e C-44004, Kittel punto 51; Corte giustizia 21.6.2012 cause riunite C-

della direttiva 2006/112 – cfr.Corte Giust. 19 luglio 2012, causa C-160/11, Bawaria Motors sp. z

80/11 e C-142/11, Mahageben kft e Peter David, punto 54).
8.15 A tali principi si è di recente uniformata questa Corte, ritenendo che la responsabilità del
soggetto cessionario per l’obbligazione tributaria derivante dal fatto illecito del cedente, o del terzo
comunque inseritosi nella catena delle cessioni del bene, rimane esclusa dalla condizione essenziale
che detto contribuente “non aveva o non doveva avere conoscenza” della frode, fermo restando che
la buona fede del cessionario può essere riconosciuta soltanto agli “operatori che adottano tutte le
non facciano parte di una frode”, in quanto solo all’esito di tali adempimenti può ravvisarsi un
incolpevole affidamento sulla liceità di tali operazioni. Diversamente, un soggetto che “sapeva o
avrebbe dovuto sapere che con il proprio acquisto partecipava ad una operazione che si iscriveva in
frode all’IVA” non può allegare la propria buona fede a garanzia dei diritti di detrazione o rimborso
vantati in relazione alle operazioni compiute -cfr.Cass.n.20302/2013-.
8.16 Orbene, fermi i superiori principi che questo Collegio pienamente condivide, tutte le censure
esposte dalla ricorrente tese a dimostrare l’inesistenza di un legittimo affidamento della stessa in
ordine alla fruizione del regime del margine per effetto della indicazione nelle fatture di acquisto
dell’esistenza di tale regime non colgono nel segno.
8.17 Ed infatti sul punto, per come già evidenziato, proprio l’esistenza di elementi a diretta
percezione della contribuente idonei a conclamare che le società originariamente cedenti operavano
nel settore del commercio auto rendeva impossibile confermare detto affidamento denotando,
piuttosto l’esistenza di elementi oggettivi che rendevano più che probabile l’insussistenza dei
presupposti per l’applicazione del regime del margine.
8.18 In definitiva, l’esistenza di tali elementi, accertata dalla CTR, per l’un verso non poteva che
fare insospettire la ditta cessionaria in ordine ad una possibile evasione d’imposta e, per l’altro,
rendeva evidente la prova di elementi oggettivi che rendevano dovuto da parte della contribuente
una verifica in ordine all’esistenza reale dei presupposti normativi che non poteva essere certo
demandata all’Amministrazione finanziaria, ad onta di quanto diversamente sostenuto dalla società
ricorrente.
8.19 Nemmeno è ipotizzabile l’esistenza di una doppia presunzione, dovendosi per contro ritenere,
per quanto sopra esposto, che l’unica presunzione legittimamente posta a base dell’Amministrazione
era rappresentata dall’impossibilità di considerare probabile l’esistenza dei presupposti del regime
del margine in relazione all’agevole verifica delle risultanze dei libretti di circolazione, tutti nella
piena disponibilità della contribuente.
8.20 In definitiva, e ad onta di quanto sostenuto nelle doglianze esposte dalla ricorrente, è immune
da vizi la decisione impugnata che, puntualmente uniformandosi ai criteri esposti dalla

misure che si possono loro ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che le loro operazioni

ESENTh RE(AS i

Al SENS!
N. 13′
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AIALE:IA TRIBUTARIA
—giurisprudenza di questa Corte, ma anche da quella della Corte di Giustizia, ha preso atto

dell’inesistenza di elementi idonei a confermare la diligenza della contribuente in ordine alla
verifica di detti presupposti in presenza di obiettivi elementi sintomatici di sospetto, quali per
l’appunto le intestazioni proprietarie dei veicoli a soggetti che normalmente utilizzano tali beni strumentali- per l’esercizio della impresa.
8.21 Nè può sostenersi, ad onta di quanto postulato dalla società contribuente, che sia stata la
che il contribuente si attivasse con la dovuta diligenza per verificare l’esistenza dei presupposti con
riguardo all’originario cedente, se solo si consideri che già altra circolare ministeriale resa in
materia (13 luglio 1998, n.180/E) aveva in precedenza chiarito che se l’errore “dipende da
imprudenza, negligenza o imperizia, non rileva ai fini dell’esclusione della responsabilità” cfr. Cass. n.6259/2012 e Cass.n.4522/2013-.
8.22 In conclusione, non contenendo nemmeno la memoria elementi idonei ad indurre questo
Collegio a rimeditare l’indirizzo -qui ribadito- ormai costantemente espresso da questa Sezione sul
tema del regime del margine, il ricorso va per l’effetto disatteso.
9. Ricorrono giusti motivi per compensare le spese fra il Ministero dell’economia e delle finanze e
la ricorrente, mentre le spese restanti vanno poste a carico della società e liquidate in favore
dell’Agenzia come da dispositivo
P.Q.M.
la Corte
Dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle
finanze.
Rigetta il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali che liquida in favore dell’Agenzia delle Entrate in euro
20.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito, compensando le spese fra il Ministero
dell’Economia e finanze e la ricorrente.
Così deciso il 14.1.2014 nella camera di consiglio della V sezione civile in Ro

Circolare dell’Agenzia delle entrate 40/E del 18 luglio 2003 a fugare i dubbi esistenti sulla necessità

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