Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5679 del 21/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 21/02/2022, (ud. 26/01/2022, dep. 21/02/2022), n.5679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7371/2019 R.G. proposto da:

COMUNE DI PESCARA, rappresentato e difeso dall’avv. LORENA PETACCIA

presso il cui domicilio di posta certificata

avvlorenapetacciacnfpec.it è elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

F.M.L.;

– intimata –

per la revocazione dell’ordinanza di questa S.C. n. 20869/2018,

depositata il 21.8.2018, N. R.G. 4273/2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.1.2022 dal

Consigliere Dott. Belle’Roberto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

revocazione ed in sede rescissoria per il rigetto della domanda del

lavoratore;

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Questa S.C., con ordinanza 20869/2018, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto dal Comune di Pescara avverso la sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila che, accogliendo il gravame proposto da F.M.L., aveva riconosciuto il diritto della predetta alla percezione dei buoni pasto per i turni non rientranti nelle fasce lavorative escluse dal contratto decentrato del 3.7.2007.

Tale contratto (come si desume dalla sentenza di appello in quella sede impugnata) prevedeva l’erogazione del buono pasto al personale della polizia municipale destinato al lavoro per turni, fatta eccezione per le fasce orarie 7-13, 8-14, fasce mattutine, 1420 e turno notturno.

2. Secondo la S.C., i motivi di ricorso per cassazione proposti dal Comune di Pescara e riguardanti la validità di quel contratto decentrato e il suo significato erano inammissibili per due ordini di ragioni, ovverosia perché il corrispondente documento non era stato prodotto in sede di legittimità e perché non ne era stato trascritto il contenuto in ricorso, non bastandone la menzione della delibera comunale che lo aveva recepito, in quanto anch’essa a propria volta non trascritta nel ricorso per cassazione.

3. Con due motivi di revocazione, il Comune di Pescara rappresenta la ricorrenza di un errore di fatto, per avere la S.C. supposto la mancata produzione dell’accordo decentrato, in realtà indicato al n. 8 dell’elenco contenuto nel ricorso per cassazione ed anche in concreto depositato (primo motivo) e di altro errore di fatto, per avere la S.C. supposto la mancata riproduzione del testo del contratto stesso, che vi è era invece stata a pag. 2 ed a pag. 10, così come era stata prodotta anche la delibera municipale di recepimento (secondo motivo).

Il Comune insisteva quindi per la revoca della citata ordinanza e per il consequenziale accoglimento dell’originario ricorso per cassazione.

4. La F., cui il ricorso per revocazione risulta regolarmente notificato in via telematica in data 21.2.2019 presso l’indirizzo Pec di uno dei suoi difensori nel giudizio di cassazione, è rimasta intimata nell’impugnativa per revocazione.

Il Comune ha infine depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I motivi di revocazione, sopra riepilogati, sono fondati.

2. La S.C., nella sentenza qui impugnata, ha fondato la propria pronuncia di inammissibilità su una duplice ratio decidendi consistente, da un primo punto di vista, nella mancata produzione in sede di legittimità del contratto decentrato del “luglio 2007” e, da altro punto di vista, nel difettare “altresì” il requisito della necessaria autosufficienza, sotto il profilo della trascrizione del contenuto di quel contratto nell’ambito del ricorso per cassazione, mancata in sé e non surrogata dalla riproduzione del testo della delibera comunale di recepimento in cui il contenuto di quel contratto sarebbe stato riportato.

2.1 In realtà il documento risultava depositato, come produzione n. 8 (mentre al n. 9 era indicata la delibera comunale) dell’elenco in calce al ricorso per cassazione, non valendo il riferirsi di quella produzione, l’indice degli atti e i documenti depositati ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, all’Accordo Decentrato 3.8.2007 e non all’accordo del luglio 2007, cui ha fatto fa riferimento la S.C. e, sub specie di accordo in data 3.7.2007, anche la corte territoriale.

Infatti, quei richiami sono frutto, come rilevato anche dal Procuratore Generale, di un errore materiale, essendosi sempre discusso in causa di un accordo decentrato del 3.8.2007 e non di un accordo del luglio 2007.

L’errore materiale, seppure non corretto, impone per sua natura di fare riferimento, nel decidere sul provvedimento che lo contiene, alla realtà documentale effettiva.

Esso e’, infatti, ontologicamente tale da non svisare il senso della decisione, sicché esso, al di là della sua correzione, che può essere chiesta se e quando vi sia un interesse in proposito, certamente non esclude che il giudice dell’impugnazione debba decidere considerando l’effettiva realtà dei fatti e, quindi, decidere come se l’errore (materiale) non vi fosse.

Ciò posto, essendo stata, come detto, la produzione asserita come mancante, in realtà ritualmente eseguita, va da sé l’esistenza dell’errore revocatorio denunciato.

2.2 Anche il secondo motivo di revocazione è fondato, in quanto è vero, in difformità rispetto a quanto asserito nella sentenza qui impugnata, che, nei passaggi specificamente indicati nel ricorso per revocazione, l’originario ricorso per cassazione conteneva il testo dell’accordo decentrato in questione, sol aggiungendosi che un semplice raffronto tra tali stralci ed il corrispondente documento consente altresì di verificare che risultava sostanzialmente riprodotto l’intero deliberato in sede sindacale.

2.3 Irrilevante diviene a questo punto la questione sulla mancata trascrizione della delibera comunale di recepimento dell’Accordo Decentrato, in quanto nella sentenza di cui si chiede la revoca quell’atto non fu valorizzato nella sua portata giuridica autonoma, ma solo per corroborare l’affermazione in ordine al difetto di autosufficienza rispetto alla trascrizione dell’Accordo, nel senso che tale asserita irritualità non veniva colmata dalla trascrizione della delibera che ne avrebbe contenuto il testo, perché effettivamente non trascritta.

Il tutto è reso evidente dalla conclusione della S.C., secondo cui ad adempiere gli oneri formali asseritamente violati sarebbe bastata la trascrizione dell’Accordo “o” della delibera che ne aveva recepito il contenuto.

3. Ricorrono dunque i presupposti di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, con riferimento ad entrambe le rationes decidendi; pertanto, gli errori si manifestano come decisivi rispetto all’impianto motivazionale della sentenza qui impugnata, che va dunque revocata ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4.

4. La revoca dell’ordinanza impone, ai sensi dell’art. 402 c.p.c., comma 1, il passaggio alla fase rescissoria, con decisione dell’originario ricorso per cassazione.

5. In proposito, lo storico di lite va integrato precisandosi che, secondo la Corte d’Appello di L’Aquila, per quanto l’art. 45 del c.c.n.l. del comparto Regioni Autonomie Locali del 14.9.2000 prevedesse il diritto al buono pasto per i lavoratori aventi diritto al servizio mensa o al buono pasto di essa sostitutivo, per tali intendendosi i lavoratori il cui turno dal mattino si protraeva nelle ore pomeridiane con pausa pranzo intermedia, ciononostante l’art. 13 del c.c.n.l. 9.6.2006 biennio economico 2004-2005, aveva previsto la possibilità di individuare, mediante Accordo Decentrato, alcune figure professionali, tra cui quelle dell’area della vigilanza, per le quali il buono pasto poteva essere correlato a pause collocabili anche all’inizio o alla fine del turno di lavoro.

In tale contesto era quindi intervenuto l’Accordo Decentrato del 3.8.2007, secondo cui il buono pasto poteva essere riconosciuto al personale della Polizia Municipale operativo per turni, con esclusione delle fasce orarie 7/13, 8/14, comunque delle fasce mattutine, 14/20 e del turno notturno.

La Corte territoriale ha individuato il senso della previsione ampliativa di c.c.n.l. e dell’Accordo che su di essa si era fondato nell’esigenza di tutelare quei dipendenti che svolgono la prestazione in turni che impegnano anche negli orari ordinariamente destinati alla consumazione di un pasto, facendo la stessa Corte l’esempio dei turni 18.00-00.00 o 19.00-1.00, desunti a contrario dalle fasce escluse comunque da quel nuovo beneficio. Aggiungeva ancora la Corte di merito che non poteva trovare accoglimento l’eccezione di inefficacia dell’accordo per essere mancata la preventiva verifica da parte del Collegio dei revisori, trattandosi di mero vizio endoprocedimentale, peraltro superato dall’incondizionato recepimento dello stesso Accordo nella successiva delibera di Giunta Comunale.

6. Il Comune di Pescara ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi.

6.1 Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., n. 3) degli artt. 45 e 46 del c.c.n.l. 14.9.2000 e dell’art. 13 del c.c.n.l. 9.5.2006 e con esso si assume che l’interpretazione fornita dalla Corte territoriale avrebbe posto l’Accordo Decentrato in contrasto con la contrattazione nazionale, a meno di intendere l’esclusione dal beneficio di tutti i turni tali da non interessare in alcun modo la fascia mattutina.

6.2 Il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 45 e 46 del c.c.n.l. 14.9.2000 e dell’art. 13 del c.c.n.l. 9.5.2006, nonché degli artt. 1362 ss. c.c. in relazione all’interpretazione dell’accordo decentrato 1.8.2007, tale da porsi in contrasto altresì con l’art. 3 Cost..

6.3 Va intanto sgomberato il campo dall’eccezione di inammissibilità formulata nel controricorso dalla Fimiani ed incentrata sull’assunto che il ricorso per cassazione mancasse della trascrizione dell’Accordo Decentrato, della delibera comunale e dei c.c.n.l. e che non fosse stato indicato il luogo della produzione di tali atti nell’ambito del giudizio di merito.

Quanto alla trascrizione dell’Accordo e della delibera si richiama quanto già detto nell’affrontare la fase rescindente di questo giudizio; quanto all’indicazione del luogo di produzione, è evidente che, avendo la lavoratrice proceduto al deposito di quei documenti nei gradi di merito – come è ovvio che fosse, fondandosi su di essi i diritti rivendicati e come è confermato dalla narrativa di cui al controricorso – all’originaria convenuta, al momento del ricorso per cassazione, bastava assolvere ai propri oneri documentativi con il deposito di quei documenti in sede di legittimità, nei termini di cui si è parimenti già detto; quanto infine ai c.c.n.l. è assorbente il richiamo alla consolidata giurisprudenza di questa S.C. che, in ambito di pubblico impiego, ritiene gli stessi soggetti al principio iura novit curia.

7. I motivi di ricorso sopra riportati, da esaminare congiuntamente data la loro connessione, non possono trovare accoglimento.

7.1 L’art. 45 del c.c.n.l. 14.9.2000 contiene la norma generale sul servizio mensa e sul buono pasto sostitutivo di esso, stabilendo, in combinazione anche con il successivo art. 46, che il servizio o il buono spettino al personale che presti lavoro al mattino, con prosecuzione nelle ore pomeridiane e pausa intermedia.

L’art. 13 del successivo c.c.n.l. 9.5.2006 ha previsto la possibilità “fermo restando l’attribuzione del buono pasto” di individuare, in sede di contrattazione decentrata integrativa, “figure professionali” che, per esigenze di continuità dei servizi e regolare svolgimento delle attività, con riferimento particolare ad alcuni settori, tra cui qui interessa quello della vigilanza, possano fruire di una pausa pranzo da collocare “all’inizio o alla fine di ciascun turno di lavoro”. L’Accordo Decentrato ha quindi previsto, come si è detto, che “a titolo sperimentale, a far data dal 1 settembre 2007 verranno erogati buoni pasto al personale della Polizia Municipale che svolge il turno con esclusione delle seguenti fasce orarie:7/13 – 8/14, comunque fasce mattutine, 14/20 e turno notturno”.

7.2 Secondo la Corte d’Appello quell’Accordo, in linea e non in contrasto con la contrattazione nazionale, tutelerebbe i dipendenti interessati da turni che impegnano “anche negli orari ordinariamente destinati alla consumazione di un pasto (ad esempio il turno 18/00 o 19,00/01.00”.

7.3. E’ intanto evidente che il richiamo agli artt. 1362 s.s. c.c., di cui al secondo motivo, non può essere utile a sorreggere argomentazioni, come quelle di cui a quella censura, ma anche del primo motivo, con le quali si propone una diversa lettura complessiva del senso dell’Accordo Decentrato e non, come semmai sarebbe dovuto (Cass. 15 novembre 2017, n. 27136; Cass. 9 ottobre 2012, n. 17168), un’articolata denuncia di violazione di singoli criteri ermeneutici, specificamente argomentata in relazione alla divergenza in ipotesi manifestatasi rispetto alle regole interpretative legali asseritamente violate.

7.4 Neppure può ritenersi fondato l’assunto, sotteso ad entrambi i motivi, secondo cui l’Accordo Decentrato potrebbe presentare profili di nullità per contrasto con i c.c.n.l. che ne starebbero alla base.

E’ indubbio che l’art. 13 del c.c.n.l. sopravvenuto contenesse una previsione ampliativa del diritto al buono pasto, di cui altrimenti non aveva senso prevedere la salvezza, se il disposto avesse avuto riguardo soltanto al regime delle pause.

Anzi è chiaro che la previsione, ivi contenuta, di una collocazione della pausa “all’inizio o alla fine di ciascun turno di lavoro” non può che costituire – stante la contraddizione semantica del riferirsi di essa ad una pausa che non può essere tale perché non intermedia a due periodi di lavoro – una regolazione, al contempo, di un turno che veniva così ad essere privato di qualsiasi discontinuità e del connesso diritto al buono pasto, per il determinarsi di un’interferenza, considerando quel turno e quella ficta pausa, con gli orari ordinariamente destinati alla consumazione della cena.

Ciò al fine di agevolare, come in sostanza argomenta la Corte territoriale, coloro i quali, pur in turni non a cavallo del pranzo, si vedessero collocato l’inizio o la fine del lavoro, pur senza alcuna discontinuità, a cavallo dell’ora di cena o nell’immediata contiguità con i normali orari di essa.

In tale contesto è chiaro che l’Accordo Decentrato, non a caso, escludendo fasce orarie i cui turni terminano in modo da consentire il pranzo (7/13-8/14) o da non intercettare in alcun modo la cena, né iniziano in tempi ad essa contigui (turno notturno), resta in linea con l’assetto di cui all’art. 13 cit. e dunque non è ravvisabile alcuna nullità.

Il tutto nel rispetto della logica propriamente assistenziale del buono pasto, finalizzata a realizzare il benessere aziendale supportando i dipendenti in ragione di disagi riconnessi all’interferenza del lavoro con le ore ordinariamente destinate al pasto (Cass. 28 novembre 2019, n. 31137 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì Cass. 1 marzo 2021, n. 5547) ed in connessione, nel concreto del c.c.n.l. di riferimento, con l’impossibilità datoriale di adempiere all’obbligo, parimenti destinato al benessere dei lavoratori, di assicurare il servizio mensa.

Quella di cui all’art. 13 cit. costituisce dunque una modalità, in sé chiaramente eccezionale (non a caso da destinare, secondo la norma contrattual-collettiva a “particolari figure professionali” ed a settori speciali individuati nella “protezione civile.. vigilanza… area scolastica ed educativa.. biblioteche”), ma certamente non illegittima, così come dunque non illegittima è da ritenere la contrattazione che la prevede, in quanto finalizzata a conciliare, in una valutazione che nel merito attiene alla discrezionalità sindacale, le esigenze di servizio con le necessità quotidiane del lavoratore, sub specie della regolare fruizione dei pasti.

8. Viene quindi in gioco il terzo motivo, con il quale si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, sostenendosi l’invalidità dell’Accordo Decentrato per non essere stato sottoposto al Collegio dei Revisori.

8.1 Il motivo, lungi dall’incorrere nell’inammissibilità per manifesta carenza di fondamento eccepita dalla controricorrente, va accolto.

8.2 Secondo la disciplina vigente ratione temporis (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 48, comma 6) “il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3, è effettuato dal collegio dei revisori dei conti ovvero, laddove tale organo non sia previsto, dai nuclei di valutazione o dai servizi di controllo interno ai sensi del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286”.

Il medesimo D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3, oltre a prevedere che “le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione”, stabilisce che “la contrattazione collettiva integrativa si svolge.. con le procedure negoziali” quali previste dalla contrattazione nazionale, stabilendosi poi che “le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate”.

A tale fine l’art. 5, comma 3, c.c.n.l. 1.4.1999 di comparto prevede a propria volta che “il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva decentrata integrativa con i vincoli di bilancio è effettuato dal collegio dei revisori ovvero, laddove tale organo non sia previsto, dai nuclei di valutazione o dai servizi di controllo interno. A tal fine, l’ipotesi di contratto collettivo decentrato integrativo definita dalla delegazione trattante è inviata a tale organismo entro 5 giorni, corredata da apposita relazione illustrativa tecnico-finanziaria. Trascorsi 15 giorni senza rilievi, l’organo di governo dell ente autorizza il presidente della delegazione trattante di parte pubblica alla sottoscrizione del contratto”.

Dunque, la compatibilità rispetto agli strumenti di programmazione finanziari e di spesa è regolata come condizione per la stipula della contrattazione decentrata (citato D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3) ed il controllo in proposito risale, per quanto interessa in questa sede, ai revisori dei conti (citato D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 48, comma 6) e deve essere preventivo (art. 5, comma 3, c.c.n.l. citato).

Tale impostazione normativa, riportando nell’insieme la compatibilità finanziaria ad un requisito di legittimazione della P.A. rispetto alla sottoscrizione del Contratto Integrativo impedisce di ritenere la mancanza della corrispondente verifica come mero vizio endoprocedimentale ed anzi comporta, ai sensi dell’art. 40, comma 3 ultimo inciso, l’invalidità per contrasto con centrali regole procedurali stabilite dal c.c.n.l., in una lettura congiunta delle disposizioni appena richiamate.

Sostanzialmente in questo senso, con riferimento ad altro comparto ma al medesimo assetto normativo e ad analoga previsione del c.c.n.l., per quanto in un caso in cui il parere vi era stato ed era stato negativo, questa S.C. si è peraltro già espressa (Cass. 7 novembre 2018, n. 28452).

9. Errato è altresì l’assunto della Corte di merito secondo cui, ad impedire la rilevanza del vizio, potrebbe stare la successiva delibera comunale di recepimento di quell’Accordo.

Infatti, una tale delibera, se fondata su un Accordo Integrativo invalido, sarebbe a propria volta illegittima e dovrebbe essere disapplicata ed è altresì nota l’impossibilità per la P.A. di riconoscere trattamenti ai propri dipendenti, se non sulla base di (valide) previsioni della contrattazione collettiva (tra le molte, v. Cass. 4 maggio 2021, n. 11645; Cass. 15 giugno 2018, n. 15902).

10. La sentenza di appello, fondata sul duplice errore di diritto sopra evidenziato va pertanto cassata con rinvio alla medesima Corte territoriale affinché decida adeguandosi ai principi qui ritenuti.

11. La cassazione della pronuncia di appello manda assorbito il motivo di ricorso incidentale proposto dalla F. con riferimento alla regolazione delle spese quale attuata nel giudizio di secondo grado, in quanto anche tale pronuncia resta caducata e in punto spese si dovrà provvedere integralmente ex novo in sede di rinvio.

PQM

La Corte pronunciando in sede rescindente accoglie la richiesta di revocazione e revoca l’ordinanza n. 20869/2018 di questa stessa Corte; pronunciando in sede rescissoria, accoglie il terzo motivo del ricorso principale, rigetta i primi due, assorbito il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione e revocazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022

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