Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5675 del 12/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5675 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA

sul ricorso 7108-2010 proposto da:
MANNA ALBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
L. REBECCHI BRICHETTI 10, presso lo STUDIO LEONEPIAZZA, rappresentato e difeso dall’avvocato ARANGO
VINCENZO giusta delega a margine;
– ricorrente 2013
3713

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 12/03/2014

avverso la sentenza n. 81/2009 della COMM.TRIB.REG. di
CATANZARO, depositata il 03/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/12/2013 dal Consigliere Dott. CAMILLA
DI IASI;

chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato ARANGO che ha

R.G. 7108/10

SENTENZA
IN FATTO E IN DIRITTO
1. Alberto Manna ricorre, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con
controricorso), per la cassazione della sentenza n. 81/8/09 con la quale, in
controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento per Ilor relativa
all’anno 1996, la C.T.R. Calabria sez. n. 8 confermava la sentenza di primo grado

un disallineamento tra i compensi e i ricavi dichiarati dal Manna e quelli risultanti
dall’applicazione dei parametri, aveva notificato al contribuente un invito al
contraddittorio che era stato disatteso dal medesimo, il quale neppure in sede
contenziosa aveva documentato condizioni, nell’esercizio della propria attività,
tali da giustificare l’inapplicabilità dei suddetti parametri.
2. Con un unico motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 39
d.p.r. n. 600 del 1973 nonché dei commi 179/189 dell’art. 3 1. n. 549 del 1995, il
ricorrente rileva che la procedura di accertamento mediante parametri ha solo
valore presuntivo, con la conseguenza che, in caso di contestazione con
allegazioni specifiche, in fase endoprocedimentale o in giudizio, non può
supportare l’accertamento, e rileva altresì che la prova della sussistenza delle
condizioni per escludere l’applicabilità dei parametri può essere data anche per
presunzioni, onde i giudici d’appello avrebbero errato nel non verificare le
argomentazione opposte dal contribuente alla applicabilità dei parametri.
Preliminarmente deve rilevarsi che, al contrario di quanto ritenuto dalla
controricorrente, il motivo è ammissibile, in quanto il quesito di diritto, pur
articolandosi in due interrogativi, si sviluppa in realtà nell’ambito della medesima
problematica (gli “spazi” probatori del contribuente in relazione ad impugnazione
di accertamento basato su parametri) e risulta perfettamente idoneo ad assolvere la
propria funzione ed a consentire alla Corte di formulare una risposta
potenzialmente idonea a definire la controversia e ad essere utilizzata in altri casi
in cui si proponga la medesima problematica.
La censura è altresì fondata.

che aveva rigettato il ricorso del contribuente, rilevando che l’Ufficio, constatato

Le sezioni unite di questa Corte, con sentenza n. 26635 del 2009, hanno affermato
che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione
dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni
semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo
scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati -meri
strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività- ma
nasce solo in esito al contraddittorio, da attivare obbligatoriamente, pena la nullità
dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di

condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui
possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica
nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento
non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la
dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le
ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.
Le sezioni unite hanno altresì affermato che l’esito del contraddittorio, tuttavia,
non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario
liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da
dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente,
che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del
procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso
a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in
sede amministrativa, restando inerte.
Tanto premesso, giova rilevare che nella sentenza impugnata i giudici d’appello
hanno giustificato la conferma dell’avviso opposto semplicemente rilevando che il
contribuente aveva “disatteso” l’invito al contraddittorio e neanche in sede
contenziosa aveva “provato, documentalmente, la ricorrenza di particolari
condizioni nell’esercizio della propria attività che possano giustificare
l’inapplicabilità dei parametri”.
Tuttavia, se, come affermato nella citata sentenza delle sezioni unite,
l’accertamento mediante parametri costituisce un sistema di presunzioni semplici,
come tali suscettibili di prova contraria, e il contribuente, anche se non abbia
risposto all’invito al contraddittorio, ha la più ampia facoltà di offrire la
controprova, anche facendo ricorso a presunzioni semplici, i giudici d’appello
avrebbero dovuto valutare eventuali prove offerte dal contribuente anche se lo

provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di

stesso aveva disatteso l’invito al contraddittorio e le prove offerte non erano
documentali.
Il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata
con rinvio ad altro giudice che provvederà a decidere la controversia facendo
applicazione del principio di diritto sopra esposto ed altresì a liquidare le spese del
presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a
diversa sezione della C.T.R. Calabria

La Corte

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