Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5669 del 09/03/2010

Cassazione civile sez. III, 09/03/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 09/03/2010), n.5669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8507/2005 proposto da:

A.V., considerata domiciliata “ex lege” in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato PARLATANO Luigi giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI FRAGAGNANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 381/2004 della CORTE D’APPELLO di LECCE

Sezione distaccata di TARANTO, emessa il 17/11/2004, depositata il

17/12/2004, R.G.N. 141/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/02/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per accoglimento p.q.r..

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 21.4.1993 A.V. conveniva davanti al tribunale di Taranto il Comune di Fragagnano per sentirlo condannare al pagamento del risarcimento del danno subito da un suo furgone funebre che, nel portarsi al cimitero di quel Comune aveva subito un colpo alla sottocoppa a causa di una grossa cunetta non avvistabile, con perdita di olio e successiva fusione del motore.

Il tribunale rigettava la domanda per difetto di legittimazione attiva.

Su appello dell’attrice, la corte di appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto, con sentenza depositata il 17.12.2004, rigettava l’appello.

Riteneva la corte di merito che nella fattispecie sussisteva la legittimazione attiva dell’attrice; che,trattandosi di demanio stradale, non era ipotizzabile una responsabilità ex art. 2051 c.c., ma solo ex art. 2043 c.c.; che, effettivamente, era stato provato il nesso causale tra il colpo subito dalla sottocoppa dell’olio del furgone nell’urto con la cunetta non riparata del viale che conduceva al cimitero e la perdita dell’olio con successiva fusione del motore;

che tuttavia tale cunetta era ben visibile, per cui non sussisteva alcuna insidia stradale e, conseguentemente, alcuna responsabilità del Comune convenuto.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’attrice.

Non ha svolto attività difensiva l’intimato Comune.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente esaminato il secondo motivo di ricorso, con cui la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2051 e 2697 c.c., nonchè dell’art. 14 C.d.S., ed il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza.

Assume la ricorrente che la manutenzione delle strade è un dovere istituzionale, a norma dell’art. 14 C.d.S., dell’Ente proprietario, il quale risponde del danno cagionato a norma dell’art. 2051 c.c., quale custode; che l’Ente ha altresì l’obbligo di apporre la segnaletica prescritta; che la segnaletica nella fattispecie era quella relativa all’esistenza della cunetta, prevista dalla fig. II.3 dell’art. 85 C.d.S., mentre la stessa non era stata apposta dall’Ente proprietario della strada. Assume, quindi, la ricorrente che erroneamente è stata esclusa la responsabilità del Comune convenuto esaminata solo sotto il profilo dell’assenza dell’insidia stradale a norma dell’art. 2043 c.c..

2.1. Il motivo è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte la presunzione di responsabilità per danni da cosa in custodia, di cui all’art. 2051 cod. civ., non si applica agli enti pubblici per danni subiti dagli utenti di beni demaniali ogni qual volta sul bene demaniale, per le sue caratteristiche, non risulti possibile – all’esito di un accertamento da svolgersi da parte del giudice di merito in relazione al caso concreto – esercitare la custodia, intesa quale potere di fatto sulla stessa. L’estensione del bene demaniale e l’utilizzazione generale e diretta delle stesso da parte di terzi, sotto tale profilo assumono, soltanto la funzione di circostanze sintomatiche dell’impossibilità della custodia. Alla stregua di tale principio, con particolare riguardo al demanio stradale, la ricorrenza della custodia dev’essere esaminata non soltanto con riguardo all’estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che li connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche assumono rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti. Ne deriva che, alla stregua di tale criterio, mentre in relazione alle autostrade (di cui già al D.P.R. n. 393 del 1959, art. 2, ed ora al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 2), attesa la loro natura destinata alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, si deve concludere per la configurabilità del rapporto custodiale, in relazione alle strade riconducibili al demanio comunale non è possibile una simile, generalizzata, conclusione, in quanto l’applicazione dei detti criteri non la consente, ma comporta valutazioni ulteriormente specifiche. In quest’ottica, per le strade comunali – salvo il vaglio in concreto del giudice di merito – circostanza eventualmente sintomatica della possibilità della custodia è che la strada, dal cui difetto di manutenzione è stato causato il danno, si trovi nel perimetro urbano delimitato dallo stesso comune (Cass. 06/07/2006, n. 15383, Cass. 06/06/2008, n. 15042; Cass. 23/01/2009, n. 1691).

2.2. Quindi si è osservato che la responsabilità civile da custodia ex art. 2051 c.c., non rimane in modo automatico esclusa in ragione dell’estensione della rete viaria e dell’uso da parte della collettività, che costituiscono meri indici dell’impossibilità di un concreto esercizio dei poteri di relativo controllo e di vigilanza, la cui ricorrenza va verificata caso per caso dal giudice del merito, giacchè, laddove l’esercizio ne risulti in concreto impossibile rimane esclusa la sussistenza dello stesso rapporto di custodia, e, conseguentemente, la configurabilità della relativa responsabilità (Cass. 26 settembre 2006, n. 20823).

2.3. Non può invece condividersi il diverso assunto (Cass. 25/07/2008, n. 20427) secondo cui la responsabilità oggettiva prevista dall’art. 2051 c.c., è invocabile sempre nei confronti della P.A., per i danni arrecati dai beni demaniali, dei quali essa ha la concreta disponibilità, anche se di rilevanti dimensioni, salva la sola esistenza del caso fortuito. Secondo tale orientamento, perchè sussista il rapporto di custodia è necessario che il soggetto abbia sulla cosa il potere di sorveglianza, il potere di modificarne lo stato e quello di escludere che altri vi apporti modifiche e ” passando all’ente pubblico e alle strade aperte al traffico, è certo che l’ente proprietario si trova in questa situazione”.

3.1. Osserva questa Corte che, quanto ai beni demaniali di rilevanti dimensioni, tale rapporto di custodia, ai fini dell’art. 2051 c.c., va esaminato in concreto e non in base ai poteri giuridici ed astratti che fanno capo all’ente titolare.

Occorre stabilire, quindi, quali siano i limiti ed il contenuto della “custodia”, che è elemento costitutivo della responsabilità ex art. 2051 c.c., ed è il criterio che consente di identificare il soggetto tenuto a risarcire il danno cagionato dalla cosa, al fine di esaminare se ed in quali limiti la P.A. possa essere responsabile ex art. 2051 c.c., quale custode di beni demaniali.

Secondo una tesi il concetto di custodia si deve collegare a quello di uso, godimento, sfruttamento economico della cosa: al custode si imputa la responsabilità, giacchè è al soggetto che trae profitto dalla cosa, secondo il brocardo cuius commoda eius et incommoda, che deve addebitarsi la responsabilità.

La tesi è stata ulteriormente sviluppata dai teorici del rischio- profitto, che hanno ritenuto che la custodia si sostanzia nel dovere di controllo sul rischio derivante dalla cosa, distinguendo tra rischi tipici e rischi atipici, rimanendo a carico del custode solo i primi.

3.3. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale e dottrinale, cui questa Corte aderisce, la custodia si identifica in una potestà di fatto, che descrive un’attività esercitabile da un soggetto sulla cosa in virtù della detenzione qualificata, con esclusione quindi della detenzione per ragioni di ospitalità e servizio, sulla scia del Gardien (dell’art. 1384 Code Napoleoni e del Besitzherr (p. 854 B.G.B.).

Responsabile del danno proveniente dalla cosa non è il proprietario, come nei casi di responsabilità oggettiva di cui agli artt. 2052 e 2053 c.c. e art. 2054 c.c., u.c., ma il custode della cosa.

E’ dunque la relazione di fatto, e non semplicemente giuridica, tra il soggetto e la cosa che legittima una pronunzia di responsabilità, fondandola sul potere di “governo della cosa”.

La sola relazione giuridica (corrispondente al diritto reale o alla titolarità demaniale) tra il soggetto e la cosa non da ancora luogo alla custodia (ma la fa solo presumere), allorchè la relazione di fatto intercorra con altro soggetto qualificato che eserciti la potestà sulla cosa, (ad esempio il conduttore o il concessionario).

Tale “potere di governo” si compone di tre elementi: il potere di controllare la cosa, il potere di modificare la situazione di pericolo creatasi, nonchè quello di escludere qualsiasi terzo dall’ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno.

Solo così intendendo il contenuto della custodia, si da ragione del criterio di imputazione costituito dalla relazione di custodia tra il soggetto custode e la cosa che ha prodotto il danno. Infatti il criterio di imputazione esiste anche nelle ipotesi di responsabilità oggettiva, ma non è più fondato su criteri soggettivi, ma su criteri oggettivi, come tali tipologici. Il concetto di responsabilità implica quello di sanzione per un fatto che l’ordinamento connota negativamente nei confronti di colui sul quale ne fa gravare il costo.

3.4. Poichè la custodia è una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa, certamente tale potere di fatto non può essere a priori escluso in relazione alla natura demaniale del bene, ma neppure può essere ritenuto in ogni caso sussistente anche quando vi è l’oggettiva impossibilità di tale potere di controllo del bene, che è il presupposto necessario per la modifica della situazione di pericolo.

Va qui, specificato che, attraverso questa analisi del concetto di “custodia” nel suo contenuto di “potere di governo” della cosa, non si vuole reintrodurre in modo surrettizio, un elemento di soggettività della responsabilità ex art. 2051 c.c., inserendolo nell’elemento della custodia, da cui discenderebbe che il custode, che avesse tuttavia controllato senza colpa, sarebbe esente da responsabilità per il danno verificatosi.

Non vi è dubbio che il custode risponde dei danni prodotti dalla cosa non perchè ha assunto un comportamento poco diligente, ma più semplicemente per la particolare posizione in cui si trovava rispetto alla cosa danneggiante, e quindi secondo una logica che è propria della responsabilità oggettiva.

3.5. Ciò comporta che la possibilità o meno del potere di controllo va egualmente accertata in termini oggettivi nello specifico caso di predicata custodia.

Se il potere di controllo è oggettivamente impossibile, non vi è custodia e quindi non vi è responsabilità della p.a., ai sensi dell’art. 2051 c.c..

Indici sintomatici dell’impossibilità del controllo del bene demaniale sono la notevole estensione e l’uso generalizzato dello stesso da parte degli utenti; ma tali elementi non attestano in modo automatico l’impossibilità di custodia.

La possibilità o l’impossibilità di un continuo ed efficace controllo e di una costante vigilanza – dalle quali rispettivamente dipendono l’applicabilità o la non applicabilità dell’art. 2051 c.c. – non si atteggiano univocamente in relazione a tutti i tipi di beni demaniali, ma vanno accertati in concreto da parte del giudice di merito.

3.6. Segnatamente per i beni del demanio stradale la possibilità in concreto della custodia, nei termini sopra detti, va esaminata non solo in relazione all’estensione delle strade, ma anche alle loro caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che li connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico di volta in volta appresta e che, in larga misura, condizionano anche le aspettative della generalità degli utenti.

3.7. Ove l’oggettiva impossibilità della custodia, renda inapplicabile l’art. 2051 c.c., la tutela risarcitoria del danneggiato rimane esclusivamente affidata alla disciplina di cui all’art. 2043 c.c..

In merito a questa va specificato che la responsabilità della p.a.

per danni conseguenti all’utilizzo di bene demaniale da parte del soggetto danneggiato non può essere limitata ai soli casi di insidia o trabocchetto questi, come è stato rilevato, sono solo elementi sintomatici della responsabilità della p.a., ma ciò non esclude che possa individuarsi nella singola fattispecie anche un diverso comportamento colposo della p.a.. Limitare aprioristicamente la responsabilità della p.a. per danni subiti dagli utenti dei beni demaniali alle sole ipotesi della presenza di insidia o trabocchetto non trova alcuna base normativa nella Generalklausel di cui all’art. 2043 c.c., con un’indubbia posizione di privilegio per la p.a. (Cass. 14.3.2006, n. 5445).

4.1. Nella fattispecie, quindi, la sentenza impugnata ha erroneamente escluso per la sola demanialità della strada, che la questione potesse essere sussunta nell’ambito della responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c., mentre avrebbe dovuto accertare in concreto se il tratto stradale ove è avvenuto il fatto dannoso, era suscettibile di custodia da parte del Comune convenuto, sia tenuto conto dell’estensione del demanio stradale comunale, in relazione alle possibilità custodiali del convenuto, sia tenuto conto dell’oggettiva ubicazione della strada considerata, in relazione al perimetro urbano e ad altri elementi rilevanti in concreto.

4.2. Ove, poi, per l’oggettiva impossibilità della custodia nel caso concreto, la questione dovesse necessariamente essere sussunta nella clausola generale di responsabilità aquiliana di cui all’art. 2043 c.c., è errata in diritto l’impugnata sentenza che ha ritenuto insussistente tale responsabilità sulla base della sola esclusione dell’insidia stradale, per essere la cunetta avvistabile, senza considerare l’altro addotto comportamento colpevole omissivo, e cioè la mancanza di prescritta cartellonistica di pericolo.

5. Invece la ritenuta visibilità della cunetta può rilevare in entrambi i casi, non come assunto dalla corte di appello per escludere sotto il profilo della mancanza dell’insidia la responsabilità della p.a., ma solo per affermare un eventuale comportamento colposo del soggetto danneggiato.

In relazione ai danni verificatisi nell’uso di un bene demaniale, tanto nel caso in cui risulti in concreto configurabile una responsabilità oggettiva della P.A. ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., quanto in quello in cui risulti invece configurabile una responsabilità ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., l’esistenza di un comportamento colposo dell’utente danneggiato (sussistente anche quando egli abbia usato il bene senza la normale diligenza o con un affidamento soggettivo anomalo sulle sue caratteristiche) esclude la responsabilità della P.A., qualora si tratti di un comportamento idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno ed il danno stesso, mentre in caso contrario esso integra un concorso di colpa ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., comma 1, con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante (e, quindi, della P.A.) in proporzione all’incidenza causale del comportamento stesso (Cass. 12/07/2006, n. 15779).

6. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso, comporta l’assorbimento del primo motivo.

7. Pertanto va accolto il secondo motivo di ricorso e va dichiarato assorbito il primo. Va cassata l’impugnata sentenza, con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione alla corte di appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto, in diversa composizione, che si uniformerà ai principi di diritto suddetti.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il primo.

Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2010

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