Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5665 del 02/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/03/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 02/03/2020), n.5665

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23781-2013 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DEL

VIGNOLA 5, presso lo studio dell’avvocato LIVIA RANUZZI,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI QUERCIA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BARI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 32/2013 della COMM.TRIB.REG. di BARI,

depositata il 10/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2019 dal Consigliere Dott. PERINU RENATO.

Fatto

RILEVATO

che:

B.G., ricorre avverso la sentenza n. 32/13/13, depositata in data 10/04/2013, con la quale la CTR della Puglia, Sez. Bari, ha riformato la pronuncia del giudice di primo grado avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso ai fini dell’imposta di registro, a mezzo del quale l’Agenzia delle Entrate ha rettificato la dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2003, contestando, al contribuente una plusvalenza con conseguente maggior reddito;

in particolare, per quanto di interesse, la CTR ha fondato la pronuncia oggetto di impugnativa sui seguenti presupposti: a) il motivo di inammissibilità dell’appello per intempestività è infondato, in quanto l’Ufficio ha, regolarmente, allegato la documentazione attestante la data di spedizione postale del ricorso avvenuta il 7/02/2011; b) non sussiste la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, perchè l’accertamento con adesione intervenuto tra il compratore e l’Ufficio, è risultato essere stato conosciuto dal contribuente quale controparte venditrice, in quanto, atto richiamato ed indicato nell’avviso di accertamento; c) l’atto di accertamento è stato legittimamente emesso dall’Ufficio, atteso che il valore del bene oggetto di compravendita, anche, per l’applicazione di ogni altro tributo va determinato sulla base del corrispondente valore attribuito al bene medesimo ai fini dell’imposta di registro, con l’ulteriore conseguenza che lo stesso valore deve essere, parimenti, considerato per la quantificazione della plusvalenza patrimoniale;

avverso tale sentenza ricorre B.G., affidandosi a quattro motivi;

l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo viene denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, per avere la CTR omesso di esaminare e pronunciarsi sulla specifica eccezione di inammissibilità dell’atto di appello dell’Ufficio proposto solo in data 7/02/2011, ovvero oltre il termine di decadenza di sessanta giorni dalla notifica della sentenza della CTP intervenuta in data 9/02/2010, mediante consegna diretta all’Agenzia delle Entrate;

2. con il secondo mezzo di gravame viene dedotta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, per avere la CTR errato nel ritenere legittimo l’avviso di accertamento, nonostante che l’atto di adesione su cui si fondava la motivazione del recupero fiscale, sconosciuto al contribuente, non fare stato allegato al medesimo e non ne fosse stato riprodotto, in esso, il contenuto essenziale;

3. con il terzo motivo parte ricorrente denuncia, in relazione all’art. 3 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 115 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, per avere la CTR, a fronte di specifiche ed incontestate argomentazioni prospettate dal contribuente, apoditticamente concluso per la “conoscenza” da parte del venditore dell’atto di adesione “de quo”;

4. con il quarto motivo viene denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 81 e 82 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 12, per avere la OR ritenuto legittimo e fondato l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva rideterminato il reddito da plusvalenza sulla base della presunzione della corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato ai fini dell’imposta di registro, in sede di accertamento con adesione concordato tra l’Agenzia delle Entrate e l’acquirente, senza svolgere alcuna ulteriore indagine atta a suffragare tale presunzione di equivalenza;

5. il primo motivo di gravame è infondato;

6. infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini della decorrenza del termine “breve” d’impugnazione, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 51, comma 1, è necessario che la notifica della sentenza della commissione tributaria avvenga a norma dell’art. 38, comma 2 (del medesimo decreto, ossia (essendo stata la sentenza che occupa notificata il 9/2/2010) nel testo vigente ratione temporis (antecedente la modifica di cui al D.L 25 marzo 2010, n. 40, art. 3, comma 1, convertito con modificazioni nella L. n. 73 del 2010, vale a dire mediante notifica dell’Ufficiale giudiziario, non valendo, al riguardo, la notifica eseguita, come nella specie, mediante consegna diretta all’Ufficio (Cass. n. 9161/2014 – Gas. n. 1911/2008 – Cass. n. 7306/2005);

7. va scrutinato per ragioni di ordine logico il quarto motivo, essendo tale mezzo di gravame strettamente connesso alla “ratio decidendi” della sentenza impugnata;

8. il “thema decidendum” posto dal predetto motivo consiste nello stabilire se l’Amministrazione finanziaria possa determinare la plusvalenza, ai fini IRPEF, mediante l’utilizzo del solo valore di mercato del bene alienato, definitivamente accertato ai fini dell’imposta di registro, con ciò ponendo a carico del contribuente l’onere di dimostrare di avere percepito un prezzo più basso, ossia di provare un fatto negativo (cioè di non avere incassato più di quanto dichiarato nell’atto);

9. la CTR accogliendo l’appello dell’Ufficio ha, come evidenziato in punto di fatto, richiamato l’orientamento interpretativo antecedente all’introduzione del D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3, secondo cui l’Amministrazione finanziaria sarebbe legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione immobiliare, sulla base del valore accertato definitivamente ai fini dell’imposta di registro;

10. il citato D.Lgs. n. 147, del 2015, art. 5, comma 3, ha espressamente disposto che: “Del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 58, 68, 85 e 86 e del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5,5 bis, 6 e 7, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347”;

11. sulla base di tale novella legislativa, avente chiara natura di norma di interpretazione autentica della previgente disciplina, la giurisprudenza di questa Corte ha mutato orientamento e ha statuito che, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 5 citato esclude che l’Ufficio possa ancora procedere a determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (ord. n. 9513/2018 – ord. n. 19227/2017 – sent. n. 12265/2017 – sent. n. 6135/2016 – orci. n. 11543/2016);

12. a ciò consegue che, l’automatica trasposizione del valore dato al cespite ai fini dell’imposta di registro in sede di accertamento della plusvalenza per la tassazione IRPEF, non trova più ingresso in sede di valutazione della prova, nel senso che non è possibile ricondurre a quel solo dato il fondamento dell’accertamento, dovendo invece provvedere l’Ufficio a individuare ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente (Cass. n. 2610/2019), pertanto allegate le prove presuntive da parte dell’Agenzia, spetterà a quest’ultimo opporre prova contraria;

13. il motivo ora divisato è, quindi, fondato avendo la CTR fondato la pronuncia impugnata su principi contrastanti con quelli dianzi illustrati;

14. gli altri motivi sono assorbiti per effetto dell’accoglimento del quarto mezzo di gravame;

15. per quanto precede il ricorso va accolto entro i termini sopra indicati, e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla CIR della Puglia che, in diversa composizione, provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Puglia che, in diversa composizione, provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 2 marzo 2020

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