Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5657 del 21/02/2022
Cassazione civile sez. I, 21/02/2022, (ud. 25/11/2021, dep. 21/02/2022), n.5657
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28810/2016 R.G. proposto da:
Intesa Sanpaolo S.p.A., incorporante Unione di Banche Italiane
S.p.A., incorporante il Banco di Brescia San Paolo C.A.B. S.p.A., in
persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliata in Roma, viale delle
Belle Arti n. 7, presso lo studio dell’avv. Alessio Gattamelata, che
la rappresenta e difende con l’avv. Alfredo Bazoli, giusta procura
in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
C.A., A.C., e A.F.,
elettivamente domiciliate in Roma, via Farini n. 7, presso lo studio
dell’avv. Lucio Golino, che le rappresenta e difende giusta procura
a margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, seconda sezione
civile, n. 5387/2016 del 13 settembre 2016;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata
del 25 novembre 2021 dal Consigliere Dott. Paolo Fraulini.
Fatto
RILEVATO
CHE:
1. Banco di Brescia San Paolo C.A.B. S.p.A. ha proposto ricorso in cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, l’ha condannata a pagare ad C.A., A.C. e A.F., quali eredi di A.V., la somma di Euro 55.274,41, oltre accessori, a titolo di risarcimento del danno derivante dall’inadempimento della banca agli obblighi su di essa gravanti quale intermediario finanziario in relazione al relativo contratto stipulato con il dante causa delle odierne controricorrenti.
2. Il giudice di secondo grado, per quanto ancora in questa sede rileva, dopo aver rilevato l’inammissibilità della domanda formulata solo in appello relativamente alla responsabilità della banca da fatto illecito e la preclusione da giudicato di quella relativa al danno esistenziale, ha dichiarato inammissibile, poiché tardiva, la produzione da parte della banca della documentazione attestante il valore dei titoli e l’adesione della controparte nel 2010 all’offerta pubblica di scambio della (OMISSIS); ha, quindi, valutato correttamente dedotta in primo grado la domanda di accertamento della responsabilità contrattuale della banca per violazione degli obblighi informativi; nel merito, ha ritenuto sussistente la dedotta responsabilità, posto che la banca, che ne aveva l’onere, non aveva chiesto di provare l’adeguatezza delle informazioni fornite al cliente rispetto al rischio dell’investimento proposto, in presenza di un’elevata rischiosità ben conosciuta dalla banca che, nello stesso ordine di acquisto, ne segnalava l’inadeguatezza rispetto al profilo di rischio del cliente; ha, poi, valutato che l’accertata inadeguatezza dell’operazione legittimasse la sussistenza del nesso causale tra la condotta inadempiente e il danno determinato, quantificato nella differenza tra il valore del titolo al momento dell’acquisto e quello rilevato al momento della proposizione della domanda giudiziale.
3. C.A., A.C. e A.F. hanno resistito con controricorso.
4. Intesa Sanpaolo S.p.A., medio tempore incorporante Unione di Banche Italiane S.p.A., a sua volta incorporante il Banco di Brescia San Paolo C.A.B. S.p.A., ha depositato memoria.
5. C.A., A.C. e A.F. hanno presentato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1. Il ricorso lamenta:
a. Primo motivo: “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Violazione o falsa applicazione di norme di diritto) in relazione al disposto di cui all’art. 29 Regolamento Consob n. 11522/1998, attuato in forza del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e art. 1223 c.c.”, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove avrebbe affermato che, in ipotesi di operazione inadeguata, tutti gli avvertimenti in ordine alle ragioni della stessa devono essere riportati per iscritto sull’ordine stesso.
b. Secondo motivo: “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Violazione o falsa applicazione di norme di diritto) in relazione al disposto di cui all’art. 345 c.p.c., e n. 5 (Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti) in relazione alla quantificazione del controvalore attuale dei titoli oggetto di vertenza e del danno”, deducendo l’erroneità della declaratoria di inammissibilità della produzione documentale della banca in grado di appello e, per l’effetto, l’erronea determinazione del quantum del danno risarcibile.
2. Le controricorrenti hanno svolto nel controricorso considerazioni a suffragio della declaratoria di inammissibilità del ricorso, di cui hanno comunque chiesto il rigetto.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
4. Il primo motivo è inammissibile giacché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte di appello ha affermato (pag. 20) che la banca non ha mai chiesto di provare di aver dato le informazioni relative all’adeguatezza dell’investimento sotto tutti i profili indicati dall’art. 29 del Regolamento Consob n. 11522/1998, in una fattispecie in cui era pacifico tra le parti che l’operazione non fosse adeguata; questa è la ragione giuridica della responsabilità addebitata sul punto alla banca intermediaria; la censura in esame, del tutto eccentricamente, lamenta che la Corte territoriale abbia posto a base della decisione sul punto la necessità della forma scritta di tutte le informazioni rese al cliente in tema di adeguatezza. Ciò che la sentenza impugnata, con ogni evidenza, non solo non ha affermato, ma implicitamente ha avversato, posto che il rilievo della mancata articolazione di prova per testi sul punto implicitamente fa ritenere che abbia correttamente ritenuto possibile provare la circostanza anche per testimoni e, quindi, senza alcun vincolo di forma. Del resto, in relazione all’onere della prova sul punto, lo stesso motivo in esame (pag. 11) nell’asserire che la sottoscrizione della dichiarazione di inadeguatezza da parte del cliente farebbe presumere che vi sia stato dibattito sul tema tra cliente e funzionario di banca, mostra di ben avvedersi che, in presenza di contestazione sul punto da parte del cliente – che la sentenza impugnata ha puntualmente ravvisato nella specie (pag. 21) senza ricevere dalla ricorrente specifiche censure sul punto (se non, tardivamente, in memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.)
e’ onere della banca dare prova (processuale, non affidata ad asserzioni) del contenuto specifico delle informazioni all’uopo fornite al cliente (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19417 del 03/08/2017; cfr., anche, Sez. 1, Ordinanza n. 10111 del 24/04/2018).
5. Il secondo motivo è inammissibile perché, analogamente al primo, non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte territoriale non ha dichiarato inammissibile la produzione in appello di documenti da parte della banca perché non collegati alle difese svolte in primo grado; dunque, non coglie nel segno la questione agitata nella censura in relazione all’identificazione del thema decidendum. La sentenza impugnata (pag. 11) ha rilevato la tardività della produzione documentale in quanto effettuata per la prima volta dalla banca in allegato alla sua comparsa conclusionale in appello. Tale rilevo è corretto, alla luce della giurisprudenza di questa Corte regolatrice (Sez. 2, Ordinanza n. 12574 del 10/05/2019; Sez. U, Sentenza n. 8203 del 20/04/2005), dovendosi rilevare che la tesi della ricorrente, secondo cui si sarebbe trattato di un “aggiornamento” dei documenti già prodotti in primo grado, non è idonea a soddisfare i requisiti di ammissibilità della produzione documentale in appello, che prevedono che sia dedotto e dimostrato che i documenti prodotti entro l’udienza di discussione siano venuti a esistenza nel corso del giudizio di secondo grado e, dunque, che non fosse possibile produrli in uno con l’atto introduttivo del giudizio di appello. Tutte circostanze che la ricorrente non ha né dedotto né, tantomeno, dimostrato.
6. Le spese di lite relative alla presente fase, liquidate come indicato in dispositivo, seguono la soccombenza.
7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna Intesa Sanpaolo S.p.A., incorporante Unione di Banche Italiane S.p.A., incorporante il Banco di Brescia San Paolo C.A.B. S.p.A., a rifondere ad C.A., A.C. e A.F. le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022