Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5657 del 02/03/2021

Cassazione civile sez. I, 02/03/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 02/03/2021), n.5657

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26290/2017 proposto da:

Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli S.p.a., – Biverbanca, in

persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Malinverni Giorgio, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.a.s., nonchè del socio accomandatario

G.B., in persona del curatore Dott.ssa T.G., elettivamente

domiciliato in Roma, Via Lazio n. 20/C, presso lo studio

dell’avvocato Coggiatti Claudio, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Ritegno Alberto, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BIELLA, del 03/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/10/2020 dal Cons. Dott. Paola VELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Biella ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) S.a.s. e del socio accomandatario G.B., proposta da Biverbanca per il riconoscimento della collocazione ipotecaria del credito – ammesso al chirografo – derivante dall’erogazione, nel 2007, di un mutuo fondiario in favore della società, che venne poi dichiarata fallita nel 2015.

1.1. Il giudicante ha accolto l’eccezione revocatoria in via breve dell’ipoteca, sollevata dal curatore ai sensi della L. Fall., art. 66 e art. 2901 c.c., osservando: i) che era evidente la realizzazione di un negozio indiretto, non avendo la banca contestato l’utilizzo del mutuo per ripianare pregresse posizioni debitorie della società (in particolare, un debito non scaduto verso altra banca, con cancellazione dell’ipoteca che lo garantiva e conseguente iscrizione ipotecaria di primo grado, nonchè scoperti di conto corrente verso la stessa Biverbanca); ii) che la conoscenza dello stato di insolvenza emergeva dalla relazione L. Fall., ex art. 33 e dalla correlata documentazione (attestante l’incapacità della società di far fronte alle proprie obbligazioni sin dall’anno 2007); iii) che l’eventus damni poteva consistere anche in una maggiore difficoltà di soddisfacimento delle pretese degli altri creditori.

1.2. Biverbanca ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo, cui il Fallimento intimato ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2. La banca ricorrente lamenta “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso o decisivo per il giudizio”, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 2697 c.c. e L. Fall., art. 66, deducendo l’assoluta mancanza di allegazione e prova del cd. eventus damni, essendosi al riguardo il tribunale limitato ad osservare che “nella specie il pregiudizio arrecato è rinvenibile nell’acquisizione di un privilegio ipotecario su un’immobile della società con conseguente (e necessariamente correlativa) menomazione delle aspettative degli altri creditori (…) nell’evidente incapienza della massa attiva rispetto alla necessità di soddisfare tutte le pretese”.

3. La censura è fondata, nei termini che si vanno ad illustrare.

4. Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, in sede di azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore fallimentare è onere di quest’ultimo provare: a) la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito; b) la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell’atto pregiudizievole; c) il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto (Cass. 26331/2008, 2336/2018, 19515/2019).

4.1. Inoltre, non può trovare applicazione la regola secondo cui, a fronte dell’allegazione dell’eventus damni, incombe sul debitore l’onere di provare che il patrimonio residuo è sufficiente a soddisfare le ragioni della controparte, in quanto il curatore rappresenta contemporaneamente sia la massa dei creditori sia il debitore fallito e quindi, in ossequio al principio della vicinanza della prova, tale onere non può essere posto a carico del convenuto, beneficiario dell’atto impugnato – che non è tenuto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale del suo dante causa – sicchè in tale evenienza il fallimento è onerato di fornire la prova che il patrimonio residuo del debitore fallito era di dimensioni tali, in rapporto all’entità della propria complessiva esposizione debitoria, da esporre a rischio il soddisfacimento dei creditori (Cass. 8931/2013, 1902/2015, 2336/2018, 9565/2018).

4.2 Occorreva dunque la prova specifica dell’esistenza, alla data dell’atto revocato, di crediti anteriori poi ammessi al passivo del fallimento, dichiarato circa otto anni dopo; tuttavia, nessuno specifico accertamento risulta al riguardo compiuto dal giudice a quo.

5. Il decreto impugnato va quindi cassata con rinvio al Tribunale di Biella in diversa composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Biella, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2021

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