Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5656 del 21/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2022, (ud. 11/02/2022, dep. 21/02/2022), n.5656

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21424-2020 proposto da:

D.S.G., rappresentato e difeso dall’avv. ALBERTO

MEGLIOLA e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

S.A., rappresentato e difeso dall’avv. MICHELE MASTROMARTINO

e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 212/2020 della CORTE D’APPELLO di POTENZA;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

11/02/2022 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 28.12.2000 S.A. evocava in giudizio D.S.G. innanzi il Tribunale di Melfi, invocando l’accertamento della sua piena proprietà di un fondo sito in agro di Melfi e la condanna del convenuto al rilascio dello stesso ed al risarcimento del danno da mancato godimento del cespite oggetto di causa.

Si costituiva il convenuto, resistendo alla domanda ed eccependo di essere il legittimo proprietario di un terreno diverso da quello rivendicato dall’attore.

Con sentenza n. 70/2009 il Tribunale accoglieva la domanda di rivendica, dichiarando lo S. unico legittimo proprietario del bene oggetto di causa e condannando il D.S. al suo rilascio ed alle spese di lite.

Interponeva appello il soccombente e la Corte di Appello di Potenza, con la sentenza impugnata, n. 212/2020, resa nella resistenza della parte appellata, rigettava il gravame, condannando l’appellante alle spese del grado.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione D.S.G., affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso S.A..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS C.P.C., INAMMISSIBILITA’ del ricorso.

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Potenza ha rigettato il gravame proposto da D.S.G. avverso la sentenza n. 70/2009 del Tribunale di Melfi, che aveva accolto la domanda di rivendicazione e di condanna al rilascio di un terreno, proposta nei confronti dell’appellante da S.A.. La Corte distrettuale, condividendo la decisione di prime cure, ha ritenuto che, a fronte della prova della proprietà fornita dall’attore, il convenuto non avesse dimostrato alcun titolo contrario, neanche sotto il profilo del possesso utile ad usucapionem.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione il D.S., affidandosi a due motivi. Con il primo di essi, lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 948 c.c., perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente omesso di considerare che lo S. aveva individuato il terreno oggetto di rivendicazione descrivendolo come limitrofo ad un’area su cui insisteva una fontana, mentre in realtà, tra quest’ultima ed i terreni del ricorrente, vi sarebbe la proprietà di un terzo soggetto; il petitum, dunque, sarebbe indeterminato. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 948 e 2697 c.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente preteso dal D.S. la prova della proprietà del terreno oggetto di causa, in difetto di precedente dimostrazione, da parte dell’attore, dell’usurpazione dello stesso ad opera del convenuto.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono inammissibili in quanto esse si risolvono in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). La Corte lucana ha ritenuto che lo S. avesse dimostrato il proprio titolo di proprietà sulle particelle oggetto di causa e che, per contro, il convenuto – odierno ricorrente – non avesse offerto la prova del possesso del terreno in contestazione. Tale accertamento, non utilmente attinto dai motivi di ricorso, è sufficiente a giustificare l’accoglimento della domanda di rivendicazione e rilascio proposta dallo S., il quale era tenuto, stanti le caratteristiche dell’azione esperita, a fornire la prova della proprietà del suolo; prova che, secondo il giudice di merito, l’attore ha conseguito. Il D.S., nel sostenere – con il secondo motivo di ricorso – che lo S. non avrebbe provato anche l’usurpazione del terreno da parte sua, non tiene conto del fatto che egli aveva resistito alla domanda di rilascio, eccependo il possesso dell’area in contestazione, e dunque implicitamente riconoscendo di esercitare la signoria di fatto sulla stessa. Ne’ hanno pregio gli argomenti, spesi nel primo motivo di ricorso, a sostegno della dedotta inesatta, o imprecisa, individuazione della zona oggetto della domanda di rivendicazione, poiché l’area di cui è causa è stata individuata, tanto dall’attore che dal giudice di merito, con riferimento alle particelle catastali”.

Il Collegio condivide la proposta del Relatore.

Non risultano depositate memorie in prossimità dell’adunanza camerale.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile, in coerenza con la proposta del relatore.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali, nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 11 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022

 

 

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