Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5655 del 12/03/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 5655 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– ricorrente contro
1 -))

Nisco Giovanni e Nisco Carlo Maria Cira Giuseppe,
– intimati

avverso

la

sentenza

n.

167/25/2008

della

Commissione Tributaria regionale della Puglia,
Sezione

Staccata

di

Foggia,

depositata

il

13/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 10/12/2013 dal

Consigliere

Dott. Giulia Iofrida;
udito l’Avvocato dello Stato, Giulio

Bacosi, per

parte ricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Pasquale Fimiani, che
per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto

ha concluso

Data pubblicazione: 12/03/2014

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per
cassazione, affidato ad un unico motivo, nei
confronti di Nisco Carlo Maria Cira Giuseppe e di
Nisco Giovanni (che non resistono con
controricorso), avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale della Puglia n.
167/25/2008, depositata in data 13/10/2008, con la
quale – in una controversia concernente le riunite

per maggiori imposte IRPEF e contributo SSN,
notificati, rispettivamente, a Nisco Carlo Maria
Cira Giuseppe ed a Nisco Giovanni, ex art.5 TUIR,
in relazione agli anni d’imposta 1992 e 1993 ed a
maggiori redditi,

pro quota,

di partecipazione

nella Al Passetto di Nisco Carlo & C. sas, società
che aveva aderito alla proposta di concordato di
massa, formulata dall’Amministrazione Finanziaria,
ai sensi del d.l. 79/1997, convertito nella 1.
656/1994 – è stata confermata la decisione n.
865/09/2000 della Commissione Tributaria
Provinciale di Foggia, che aveva accolto i ricorsi
dei due contribuenti.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto
che l’accettazione della suddetta proposta di
concordato ha riguardato soltanto la società, che
vi ha aderito (quanto alla definizione
dell’imponibile ILOR), e non anche i singoli soci
(quanto all’imponibile IRPEF),

“nel cui confronti

la norma istitutiva del concordato non prevedeva
alcuna conseguenza, nel senso che la possibilità
dell’ulteriore accertamento è stata prevista solo
dal 1997, con il d.l. n. 79, il quale non può
estendere effetti retroattivi”,

neppure potendosi

attribuire a detta normativa valenza

2

impugnazioni di due avvisi di accertamento emessi

t

in

interpretativa,

difetto

di

una

espressa

“caratterizzazione” in tal senso.
Considerato in diritto
1. Preliminarmente, il ricorso nei co fronti di
Nisco Giovanni deve essere dichiarato inammissibile
per mancata prova del perfezionamento della
notificazione e, dunque, dell’avvenuta
instaurazione del contraddittorio.

documentato l’esito positivo della notifica del
ricorso per cassazione al suddetto, non
costituitosi o comparso all’udienza di discussione,
notifica che è stata tentata, solo in data
9/11/2009, a mezzo del servizio postale, con esito
negativo, risultando il destinatario “trasferito”.
Questa Corte, a Sezioni Unite (sentenza n.
627/2008), ha affermato il seguente principio di
diritto:

“La produzione dell’avviso di ricevimento

del piego raccomandato contenente la copia del
ricorso per cassazione spedita per la notificazione
a mezzo del servizio postale al sensi dell’art. 149
c.p.c., o della raccomandata con la quale
l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario
dell’avvenuto compimento delle formalità di cui
all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge
esclusivamente in funzione della prova
dell’avvenuto perfezionamento del procedimento
notificatorio e, dunque, dell’avvenuta
instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che
l’avviso non allegato al ricorso e non depositato
successivamente può essere prodotto fino
all’udienza di discussione di cui

c.p.c., ma prima

all’art. 379

che abbia inizio la relazione

prevista dal primo comma della citata disposizione,
ovvero fino all’adunanza della corte in camera di

3

Invero, l’Agenzia delle Entrate ricorrente non ha

consiglio di cui all’art. 380-bis c.p.c., anche se
non notificato mediante elenco alle altre parti ai
sensi dell’art. 372, secondo comma, c.p.c.. In
caso, però, di mancata produzione dell’avviso di
ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da
parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è
inammissibile, non essendo consentita la
concessione di un termine per il deposito e non

notificazione al sensi dell’art. 291 c.p.c.;
tuttavia, il difensore del ricorrente presente in
udienza o all’adunanza della corte in camera di
consiglio può domandare di essere rimesso in
termini, al sensi dell’art. 184-bis c.p.c.., per il
deposito dell’avviso che affermi di non aver
ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi
tempestivamente attivato nel richiedere
all’amministrazione

postale

un

duplicato

dell’avviso stesso, secondo quanto previsto
dall’art. 6, primo comma, della legge n. 890 del
1982.”

(conf. Cass. 9453/2011).

Nel caso in esame, non avendo l’intimato Nisco
Giovanni svolto attività difensiva, il ricorso va
pertanto dichiarato inammissibile. Nulla sulle
spese, in difetto di costituzione dell’intimato.
2.

Venendo

quindi

all’esame

del

ricorso,

validamente notificato, nei riguardi del solo Nisco
Carlo Maria Cira Giuseppe, avente ad oggetto il
maggior reddito IRPEF accertato a carico di detto
socio per l’anno 1992, essendovi con l’altro socio,
Nisco Giovanni, un mero litisconsorzio facoltativo,
l’unica censura sollevata è fondata.
3. L’Agenzia ricorrente lamenta infatti, con un
unico motivo, ai sensi dell’art.360 n. 3 c.p.c., la
violazione e/o falsa applicazione degli artt.5 del

4

ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della

TUIR,

3

del

d.l.

564/1994,

conveitito

con

modificazioni nella 1. 656/1994, 9 bis d.l.
79/1997, convertito nella 1.140/1997, 41 bis, 42 e
43 DPR 600/1973, 2697 c.c., 2727 e 2729 c.c.,
nonché “dei principi generali in materia di condono
e di redditi da partecipazione in società di
persone”.
L’impugnata sentenza viene censurata per contrasto

Corte fissato, secondo cui l’intervenuta
definizione del reddito da parte della società di
persone costituisce titolo per l’accertamento nei
confronti delle persone fisiche, che non hanno a
loro volta definito i redditi prodotti in forma
associata, ancorché in relazione a periodi
d’imposta anteriori all’entrata in vigore del D.L.
n. 79 del 1997.
4. Preliminarmente, in ordine alla questione del
litisconsorzio necessario tra soci e società di
persone, si deve dar seguito all’orientamento
giurisprudenziale secondo il quale,

“in tema di

imposte sul redditi, una volta divenuto
incontestabile il reddito della società di persone
a seguito della definizione agevolata di cui al
D.L. 28 marzo 1997, n. 19, set. 9 bis, convertito,
con modificazioni, nella L. 28 maggio 1997, n. 140,
nel giudizio di impugnazione promosso dal socio
avverso l’avviso di rettifica del reddito da
partecipazione non e configurabile un
litisconsorzio necessari—o con la società e gli
altri soci”

(Cass. n. 2827/2010).

Invero, l’esigenza di unitarietà dell’accertamento
– che giustappunto identifica la

ratio

del

litisconsorzio necessario anche nella peculiare
ottica rilevante in materia (sez. un. 14815/2008),

5

col principio giurisprudenziale, già da questa

ove la inscindibilità è determinata dall’oggetto
del ricorso nello specifico nesso tra atto
impositivo e contestazione del contribuente (e v.
infatti Cass. S.U.1052/2007) – viene meno con
l’intervenuta definizione da parte della società,
costituente titolo per l’accertamento nei confronti
delle persone fisiche, ai sensi del D.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, art. 41 bis.

socio, ovvero della quota partecipativa a ciascuno
spettante, ma, unicamente, degli effetti della
definizione agevolata da parte della società su
ciascun dei soci, ognuno di questi può opporre, ad
una definizione che costituisce titolo per
l’accertamento nei suoi confronti, soltanto ragioni
di impugnativa specifiche e quindi di carattere
personale (Cass. 14926/2011).
5. Ora, il principio sancito dal D.L. 28 marzo 1997
n. 79, art. 9 bis, comma 18, conv. in L. 2 8 maggio
1997 n. 140, secondo cui l’intervenuta definizione
del reddito da parte delle società di persone
costituisce titolo per l’accertamento, ai sensi del
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41 bis, nei
confronti delle persone fisiche che non hanno
definito i redditi prodotti in forma associata,
deve ritenersi applicabile anche in relazione ai
periodi d’imposta anteriori all’entrata in vigore
della predetta L. n. 140 del 1997.
Questa Corte si è già espressa in tal senso (v.
Cass. n. 14418/2005, Cass. 26476/2008 e Cass.
14926/2011) ed al relativo principio di diritto va
data continuità.
Invero, in forza del principio di trasparenza
dettato dall’art. 5 T.U.I.R.
società semplici,

(“1 redditi delle

in nome collettivo e in

6

Sicché, non controvertendosi della qualità, di

accomandita semplice residenti nel territorio dello
Stato sono imputati a ciascun socio,
indipendentemente dalla percezione,
proporzionalmente alla sua quota di partecipazione
agli utili”),

il reddito della società di persone

(nonché delle associazioni professionali e delle
imprese familiari) – enti che, pur dotati di
autonomia patrimoniale sotto il profilo

dell’imposizione diretta, una autonoma soggettività
passiva tributaria solo ai fini ILOR, prima, ed
IRAP, successivamente – è imputato automaticamente
e direttamente, in misura proporzionale alla
rispettiva quota di partecipazione agli utili, ai
soci, indipendentemente dalla effettiva percezione.
Il che equivale ad ammettere la sussistenza di una
presunzione legale di avvenuta percezione di tali
utili (Cass. nn. 2899/2002, 2699/2002), vincibile
soltanto mediante adeguata prova del contrario, il
cui onere grava sul contribuente socio.
5. La dichiarazione dei redditi presentata dalla
società di persone è dunque meramente strumentale
all’applicazione dell’imposta IRPEF a carico dei
soci. Avendo tuttavia le società di persone e le
associazioni professionali un’autonoma soggettività
tributaria ai fini IRAP (e, prima dell’introduzione
di detta imposta, ILOR), la dichiarazione dei
redditi redatta e presentata dalla società ha la
duplice funzione di strumento per la determinazione
del reddito attribuibile a ciascun socio, ai fini
IRPEF, e di strumento per la determinazione
dell’IRAP dovuta dalla società, in via esclusiva,
quale autonomo soggetto.
Ove il socio di società di persone non abbia
dichiarato, per la parte di sua spettanza, il

7

civilistico, possiedono, nell’ambito

reddito societario nella misura risultante dalla
rettifica operata dall’Amministrazione finanziaria
a carico della società ai fini dell’ILOR o
dell’IRAP, detto socio è tenuto al pagamento del
supplemento di IRPEF dovuto ((Cass. S.U. 125/1993;
Cass. 2699/2002; Cass. 9461/2002).
Indipendentemente allora dal disposto del citato
art. 9-bis, che, con efficacia per gli accertamenti

definizione dell’accertamento con adesione da parte
di società di persone costituisce titolo per
l’accertamento nei confronti delle persone fisiche
che non hanno definito i redditi prodotti in forma
associata

(“L’intervenuta definizione da parte

delle società od associazioni di cui all’art. 5 del
testo unico delle imposte sui redditi, approvato
con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero da
parte del titolare di azienda coniugale non gestita
in forma societaria costituisce titolo per
l’accertamento, ai sensi del D.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, art. 41 bis e successive
modificazioni e integrazioni, nel confronti delle
persone fisiche che non hanno definito i redditi
prodotti in forma associata. In tal caso i termini
previsti dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art.
43, sono prorogati di due anni”),

deve ritenersi

che al socio è attribuita per la medesima annualità
la quota parte dell’imponibile risultante
dall’imposta

versata

dalla

società

per

la

definizione della lite fiscale, costituendo,
l’imputazione detta, un riflesso della corretta
applicazione del principio di trasparenza di cui
all’art. 5 del T.U.I.R..
Di modo che, in definitiva, nel D.L. n. 79 del
1997, art. 9 bis, conv. in L. n. 140 del 1997,

successivi, stabilisce che l’intervenuta

norma di carattere non innovativo, altro non si
trova che una ricezione del suddetto preesistente
orientamento giurisprudenziale applicabile anche
agli accertamenti anteriori.
6. La sentenza impugnata non si è uniformata ai
principi in precedenza enunciati, sicché va cassata
e, decidendo nel merito, va respinto il ricorso
introduttivo del Nisco Carlo (non risultando, dalla

contestato la presunzione di distribuzione e
percezione,

loro quota,

degli ulteriori utili, con

necessità di conseguente esame della prova
contraria opposta dal contribuente alla presunzione
legale di cui all’art. 5 T.U.I.R., che sorregge la
pretesa impositiva fiscale).
Le spese processuali del giudizio di merito, nel
rapporto Agenzia delle Entrate/Nisco Carlo Maria
Cira Giuseppe, vanno integralmente compensate tra
le parti, attese tutte le peculiarità della
fattispecie concreta. Le spese processuali del
presente giudizio di legittimità, sempre nel
rapporto Agenzia delle Entrate/Nisco Carlo Maria
Cira Giuseppe, liquidate come in dispositivo, in
conformità del D.M. 140/2012, attuativo della
prescrizione contenuta nell’art.9, comma 2 ° , d.l.
1/2012, convertito dalla 1. 271/2012 (Cass.S.U.
17405/2012), seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte: dichiara inammissibile il ricorso nei
confronti di Nisco Giovanni; accoglie il ricorso
nei confronti di Nisco Carlo Maria Cira Giuseppe e,
decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo

del

contribuente;

dichiara,

nel

rapporto Agenzia delle Entrate/Nisco Carlo Maria
Cira Giuseppe, integralmente compensate tra le

sentenza e dal ricorso, che questi avesse

parti le spese del giudizio di merito e condanna
l’intimato al rimborso delle spese processuali del
presente giudizio di legittimità, liquidate in
complessivi C 1.100,00, a titolo di compensi, oltre
eventuali spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Quinta sezione civile, il 10/12/2013.

Il Presidente

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA