Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5654 del 12/03/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 5654 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA

sul ricorso 26902-2009 proposto da:
PUBLIROMA

ICAL

SRL

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA ANTONIO GRAMSCI 54, presso lo studio
dell’avvocato TASCO GIAMPIERO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in calce;
– ricorrente –

2013
3545

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 12/03/2014

- controricorrente

avverso la sentenza n. 101/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 22/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/12/2013 dal Consigliere Dott. CAMILLA

udito per il ricorrente l’Avvocato POZZI delega
Avvocato TASCO che si riporta agli atti
integralmente;
udito per il controricorrente l’Avvocato BACOSI che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

DI IASI;

Oggetto: impugn. cartella Irpeg

R.G.N. 26902/09

SENTENZA
Le ragioni della decisione

1. Publiroma Ical s.r.l. ricorre, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste
con controricorso), avverso al sentenza n. 101/10/08 con la quale la CTR Lazio

per Irpeg relativa all’anno 2000, accogliendo l’appello dell’Agenzia, rigettava il
ricorso introduttivo della società, condannandola al pagamento delle spese dei due
gradi di merito. In particolare, i giudici d’appello evidenziavano che gli importi
richiesti con la cartella derivavano dal recupero di un’eccedenza di imposta già
chiesta a rimborso nell’anno precedente nonché dalla ripresa a tassazione di £
51.654.000 derivante da compensazioni effettuate dalla società e non esposte nel
quadro RN per non avere la suddetta società indicato gli importi dei crediti
utilizzati.
2. Col primo motivo di ricorso la società ricorrente censura la sentenza impugnata
per vizio di motivazione e conclude il motivo nei seguenti termini:
“Riassuntivamente: a parere di questa scrivente difesa la motivazione
dell’impugnata sentenza risulta insufficiente perché non esplicita 1′ iter logicogiuridico seguito dai giudici nel loro decidere, e, in particolare, risulta appiattita
sulle posizioni dell’Ufficio e non prende minimamente in considerazione le difese
svolte dalla Publiroma”.
La censura è inammissibile.
A norma della seconda parte dell’art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis),
nelle ipotesi in cui si denunci vizio di motivazione è richiesta una illustrazione
che, pur libera da rigidità formali, deve concretizzarsi in una esposizione chiara e
sintetica del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume
viziata, essendo peraltro da evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo
giudice di legittimità, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni
per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dal citato art. 366 bis c.p.c.,
deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso,
ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica,
che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e consenta al

sezione n. 10, in controversia concernente impugnazione di cartella di pagamento

giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (v. tra le altre cass.
n. 8897 del 2008).
E’ inoltre da sottolineare che sia il vizio di motivazione che l’indicazione di cui
alla seconda parte del citato art. 366 bis devono sempre avere ad oggetto (non più
un una questione o un “punto”, secondo la versione del n. 5 dell’art. 360 c.p.c.
anteriore alla modifica introdotta dal d.lgs. 40/2006 ma) un fatto preciso, inteso
sia in senso storico che normativo, ossia un fatto “principale”, ex art. 2697 c.c.
(cioè un “fatto” costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche, secondo

funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo.
Tanto premesso, è da rilevare che nella specie manca nell’indicazione richiesta
dalla seconda parte dell’art. 366 bis c.p.c. la chiara individuazione di uno o più
“fatti” specifici (intesi come sopra e non come generico sinonimo di punto,
circostanza, questione) rispetto ai quali la motivazione risulti in ipotesi viziata
nonché l’evidenziazione del carattere decisivo dei medesimi fatti e l’esplicitazione
delle ragioni della dedotta insufficienza della motivazione in relazione ad essi,
limitandosi la ricorrente a generiche querele di mancanza di esplicitazione
dell’iter logico-giuridico seguito dai giudici d’appello, di appiattimento sulle
difese dell’Ufficio e mancata considerazione delle difese di essa ricorrente.
Col secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 53 Cost.,
la ricorrente chiede a questo giudice di dire “se, nel caso di specie, hanno errato i
giudici di seconde cure allorché non hanno specificato che come logica
conseguenza del mancato diritto ad utilizzare il credito in compensazione la
Publiroma ha diritto ad ottenerne il rimborso”.
La censura è inammissibile per inidonea formulazione del quesito di diritto, posto
che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, il quesito di diritto,
dovendo assolvere, alla funzione di integrare il punto di congiunzione tra la
risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale,
non può essere generico e incompleto, ma deve essere calato nella fattispecie
concreta e contenere tutti i dati necessari a mettere la Corte in grado di poter
comprendere, dalla sua sola lettura, l’errore in ipotesi compiuto dal giudice di
merito e la regola applicabile al caso concreto (cfr. cass. n. 3530 del 2012, e tra
numerose altre v. anche cass. n. 7197 del 2009 e n. 8463 del 2009, nonché SU n.
7257 del 2007 e SU n. 7433 del 2009).

parte della dottrina e giurisprudenza, un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in

Col terzo motivo, deducendo omessa pronuncia, la ricorrente evidenzia che
nell’atto d’appello l’Ufficio aveva chiesto la conferma della cartella opposta recante anche la somma di £ 51.654.000 derivante da compensazioni effettuate
dalla società e non esposte nel quadro RN per le quali la parte non aveva
comunicato gli importi dei crediti utilizzati-, che sul punto la Publiroma aveva
fatto rilevare che la suddetta iscrizione a ruolo era priva di fondamento laddove
comprendeva somme legittimamente pagate mediante compensazione, e che i
giudici d’appello omisero di pronunciarsi in ordine alla legittimità o meno della

La censura è infondata.
La giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha infatti affermato che non
ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la eventuale mancanza di
espressa statuizione sul punto specifico, quando la decisione adottata
comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (in particolare, cass.
n. 5351 del 2007 ha ravvisato il rigetto implicito dell’eccezione di inammissibilità
dell’appello nella sentenza che aveva valutato nel merito i motivi posti a
fondamento del gravame), ed ha in particolare evidenziato che non basta ad
integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia la mancanza di una espressa
statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del
provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto,
e dovendo pertanto escludersi il suddetto vizio quando la decisione, adottata in
contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non
esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione, giacché,
contrariamente ritenendo, si finirebbe per far coincidere il vizio di omessa
pronuncia con la previsione di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.. (v. tra numerose
altre cass. n. 10636 del 2007 e n. 10813 del 1999).
Nella specie i giudici della C.T.R., pur avendo dato conto in sentenza del fatto che
la cartella recava anche la somma di £ 51.654.000 “derivante da compensazioni
operate dalla società e non esposte nel quadro RN per non aver la società stessa
indicato gli importi dei crediti utilizzati”, hanno poi accolto l’appello dell’Ufficio
(che aveva chiesto la conferma della cartella opposta) e rigettato il ricorso
introduttivo della società. In tali termini i giudici d’appello hanno pronunciato su
tutta la domanda, confermando la cartella opposta, onde non sussiste il vizio
denunciato, potendo la ricorrente eventualmente censurare la sentenza impugnata

predetta ripresa a tassazione.

non per omessa pronuncia bensì, se del caso, per vizio di motivazione (o anche, in
ipotesi, per violazione di legge) in relazione alla decisione di conferma della
cartella opposta anche per la parte relativa alla suddetta somma di £ 51.654.000.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
PQM

rigetta il ricorso e condanna la soccombente alle spese del presente giudizio di
legittimità che liquida in E 7.000,00 oltre eventuali spese prenotate a debito
Roma 10.12.2013

La Corte

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA