Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5653 del 12/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5653 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA

sul ricorso 25877-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
3544

DI SALVO EZIO;
– intimato –

Nonché da:
DI SALVO EZIO difensore di sè stesso, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA LAVINIO 31, presso lo studio

Data pubblicazione: 12/03/2014

dell’avvocato DI SALVO EZIO, che lo rappresenta e
difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

avverso la sentenza n. 379/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 02/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/12/2013 dal Consigliere Dott. CAMILLA
DI IASI;
udito per il ricorrente l’Avvocato BACOSI che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato DI SALVO che
ha chiesto l’accoglimento del ricorso incidentale,
rigetto del principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale (mot. 2)
assorbito l’incidentale.

– intimato –

4

R.G.N. 25877/09

SENTENZA
Le ragioni della decisione

1. Ezio Di Salvo impugnava dinanzi alla CTP di Roma il silenzio rifiuto in ordine
alle istanze di rimborso della maggiore imposta trattenuta dal datore di lavoro

integrativo degli ex dipendenti INPDAI (confluito presso l’Inps), tassate per
l’intero invece che nella misura dell’87,50%, chiedeva inoltre la restituzione, per
l’anno d’imposta 2002, dell’Irpef versata in eccesso ed infine la restituzione
dell’Irap relativa al periodo 2000/2003 perché, in relazione all’attività svolta, il
d.lgs. 446/1997 doveva ritenersi in contrasto con la VI direttiva CEE. Il giudice
adito, con sentenza corretta da successiva ordinanza emessa a seguito di istanza di
correzione di errore materiale, accoglieva il ricorso, e la CTR Lazio, prima
sezione, con sentenza n. 379/1/08, per quel che in questa sede ancora rileva,
rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate. In particolare, i giudici della C.T.R.
rilevavano che, con riguardo alla verifica della dichiarazione ex art. 36 bis d.p.r.
600/73, ed alla luce della disciplina introdotta dalla 1. n. 156 del 2005, doveva
ritenersi intempestiva la verifica operata dall’Ufficio, essendo il relativo termine
scaduto il 31 dicembre 2003.
Avverso questa sentenza l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione. Ezio Di
Salvo resiste con controricorso proponendo altresì ricorso incidentale.
2. Va disposta la riunione dei due ricorsi siccome proposti avverso la medesima
sentenza.
Col primo motivo del ricorso principale, deducendo vizio di motivazione, la
ricorrente si duole del fatto che i giudici d’appello non abbiano sufficientemente
motivato in ordine “all’assolvimento da parte del contribuente dell’onere della
prova circa i fatti costitutivi del diritto al rimborso mediante documentazione
idonea a comprovare se e in che misura le ritenute operate dal sostituto di imposta
si riferivano a importi erogati a titolo di previdenza integrativa”, essendo stati
prodotti solo i modelli UNICO relativi agli anni in contestazione, in cui viene

sulle somme ricevute per prestazioni previdenziali integrative derivanti dal Fondo

indicato sinteticamente il reddito ai fini Irpef non anche quanta parte di esso sia
stata percepita a titolo di previdenza integrativa.
La censura è inammissibile.
Prescindendo infatti dal semplice rilievo che tutti i dati contenuti nei CUD sono
trasmessi dagli enti erogatori all’Agenzia delle Entrate e che, a nonna dell’art. 6
comma 4 1. n. 212 del 2000, al contribuente non possono essere richiesti

amministrazioni pubbliche eventualmente indicate dal contribuente, occorre
preliminarmente rilevare che nella illustrazione richiesta dall’ultima parte dell’art.
366 bis c.p.c., (applicabile ratione temporis) la ricorrente non indica un “fatto”
controverso e decisivo in relazione al quale la motivazione della sentenza
impugnata sarebbe in ipotesi insufficiente, bensì una questione, e cioè
l’assolvimento dell’onere probatorio circa i fatti costitutivi della propria richiesta
da parte del contribuente.
In proposito, è appena il caso di sottolineare che, a seguito della modifica
introdotta dal d.lgs. n. 40 del 2006, il vizio di motivazione deve riguardare non più
un “punto” bensì un “fatto” controverso e decisivo, ed il concetto di fatto, secondo
la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (v. cass. n. 16655 del 2011), va
inteso in senso in senso storico e normativo -anche in riferimento all’art. 2697
c.c.-, non quale generico sinonimo di punto o questione controversa.
Col secondo motivo, deducendo violazione o falsa applicazione dell’art. 38 d.p.r.
n. 602 del 1973, la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui i
giudici d’appello hanno ritenuto che il termine di decadenza per richiedere il
rimborso parziale delle ritenute Irpef operate dal sostituto di imposta sulle
prestazioni di previdenza integrativa inizi a decorrere dalla data di presentazione
della dichiarazione anziché dal momento di effettuazione delle ritenute,
trattandosi di somme che, secondo la prospettazione dei giudici d’appello, erano
parzialmente non dovute già all’atto della effettuazione delle ritenute.
La censura è infondata.
Secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (alla quale il collegio
intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene), in relazione
al rimborso delle imposte sui redditi e nell’ipotesi in cui l’importo del quale si

documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione o di altre

chiede la restituzione, nel momento in cui è stato corrisposto, fosse da
considerarsi dovuto, ancorché in base ad un titolo precario e provvisorio da
verificare integralmente all’atto della concretizzazione nella sua effettiva misura, il
termine di decadenza di diciotto mesi previsto dall’art. 38 del d.P.R. 22 settembre
1973, n. 602 per la presentazione della relativa istanza non decorre dalla data dei
versamenti in acconto, ma da quella di presentazione della dichiarazione. ( v. cass.
n. 3621 del 2006 e cass. n. 198 del 2004).

dal sostituto di imposta, solo col CUD il lavoratore viene portato a conoscenza
degli imposti delle ritenute e solo con la dichiarazione annuale dei redditi, ove
vengono trasfusi i dati del CUD, il contribuente è in grado di verificare se vi sono
somme per le quali ha diritto al rimborso.
Col terzo motivo, deducendo violazione dell’art. 112 c.p.c., la ricorrente si duole
del fatto che i giudici d’appello non abbiano pronunciato in ordine alla eccepita
decadenza del contribuente in merito alla richiesta di rimborso per i versamenti
Irap effettuati anteriormente all’agosto 2001.
Col quarto motivo, deducendo violazione dell’art. 38 d.p.r. n. 602 del 1973, la
ricorrente si duole del fatto che i giudici di appello abbiano statuito la spettanza
del rimborso dell’Irap anche con riferimento ai versamenti operati nel 2000 e nel
giugno 2001 senza rilevare l’intervenuta decadenza ex art. 38 d.p.r. citato.
Le censure, da esaminare congiuntamente perché logicamente connesse, sono
fondate nei termini di cui in prosieguo.
In proposito occorre innanzitutto evidenziare che l’istanza di rimborso dell’Irap
ritenuta illegittimamente versata va presentata dal contribuente entro il termine di
decadenza previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto l’art. 25 del
d.lgs. n. 446 del 1997, istitutivo del tributo, stabilisce che, fino a quando non
abbiano effetto eventuali leggi regionali, “per le attività di controllo e rettifica
delle dichiarazioni, per l’accertamento e per la riscossione dell’imposta regionale,
nonché per il relativo contenzioso si applicano le disposizioni in materia d’imposte
sui redditi” ed inoltre l’art. 30, nel disciplinare la riscossione dell’imposta dovuta,
prevede -al comma 2- che quest’ultima “è riscossa mediante versamento del
soggetto passivo da eseguire con le modalità e nei termini stabiliti per le imposte

Peraltro, come evidenziato dal controricorrente, in ipotesi di ritenute Irpef operate

sui redditi” e -al comma 6- che “la riscossione coattiva avviene mediante ruolo
sulla base delle disposizioni che regolano la riscossione coattiva delle imposte sui
redditi” (v. in proposito cass. n. 23882 del 2010).
Tanto premesso, occorre ancora rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo
giudice di legittimità (alla quale il collegio intende dare continuità in assenza di
valide ragioni per discostarsene), il termine di decadenza per la presentazione
dell’istanza di rimborso delle imposte sui redditi in caso di versamenti diretti

effettuazione di versamenti in acconto, dal versamento del saldo solo nel caso in
cui il relativo diritto derivi da un’eccedenza degli importi anticipatamente
corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo
complessivamente dovuto, mentre non può che decorrere dal giorno dei singoli
versamenti in acconto nel caso in cui questi, già all’atto della loro effettuazione,
risultino parzialmente o totalmente non dovuti, o comunque nel caso in cui (come
nella specie) si contesti in radice l’obbligo di pagamento del tributo (v. cass. n.
13478 del 2008 e n. 5978 del 2006).
Con un unico motivo di ricorso incidentale, deducendo violazione degli arti. 91 e
92 c.p.c., il ricorrente si duole del fatto che i giudici d’appello, pur avendo
rigettato l’impugnazione dell’ufficio, non abbiano accolto il ricorso incidentale in
tema di spese processuali ed abbiano inoltre compensato anche le spese del
giudizio d’appello “in considerazione della peculiarità della materia in
trattazione”, benché l’amministrazione abbia formalmente e definitivamente
riconosciuto il diritto al rimborso in situazioni analoghe.
Il motivo resta assorbito dalla decisione sul ricorso principale in quanto
l’accoglimento (anche solo parziale) del ricorso principale, in base al principio
fissato dall’art. 336, primo comma c.p.c. (secondo il quale la riforma della
sentenza ha effetto anche sulle parti dipendenti da quella riformata -cosiddetto
effetto espansivo interno-), comporta la caducazione ex lege della statuizione sulle
spese (quindi nella specie il venire meno della statuizione oggetto di censura) e il
correlativo dovere, per il giudice, di provvedere d’ufficio ad un nuovo
regolamento delle stesse. (v. tra le altre cass. n.13059 del 2007)
Pertanto, rigettato il secondo motivo e dichiarato inammissibile il primo, vanno
accolti, nei termini sopra precisati, il terzo e il quarto motivo del ricorso

previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 decorre, nella ipotesi di

principale, mentre il ricorso incidentale deve essere dichiarato assorbito. La
sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte e, non essendo
necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito
dichiarando non dovuto il rimborso dell’Irap per i versamenti eseguiti nel 2000 e
nel giugno 2001.
Atteso l’esito della lite, si dispone la compensazione delle spese dell’intero

PQM
La Corte
riunisce i ricorsi, accoglie nei termini di cui in motivazione il terzo e quarto
motivo, rigettato il secondo e dichiarato inammissibile il primo. Cassa la sentenza
impugnata in relazione alle censure accolte e decidendo nel merito dichiara non
dovuto il rimborso Irap per i versamenti eseguiti nel 2000 e nel giugno 2001.
Dichiara assorbito il ricorso incidentale. Compensa le spese dell’intero processo.
Roma 10.12.2013
‘Estensore

Il Presi ente

processo.

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