Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5651 del 21/02/2022
Cassazione civile sez. lav., 21/02/2022, (ud. 15/12/2021, dep. 21/02/2022), n.5651
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3846-2016 proposto da:
EDILPENNA DI S.G., in persona del suo titolare,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA STIMIGLIANO 5, presso lo
studio dell’avvocato FABIO CODOGNOTTO, rappresentata e difesa
dall’avvocato GIOVANNI RIGANTE;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI,
LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1996/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 04/08/2015 R.G.N. 674/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del
15/12/2021 dal Consigliere Dott. DE FELICE ALFONSINA.
Fatto
RILEVATO
che:
la Corte d’Appello di Bari, diversamente da quanto stabilito dal Tribunale di Trani, ha dichiarato sussistente, in capo alla ditta “Edilpenna di S.G.”, l’interesse a proporre l’azione di accertamento negativo del credito portato nel verbale/ notificato dall’Inps a titolo di mancato versamento di contributi previdenziali in misura pari ai minimi di legge in favore di un dipendente, nonché per aver assunto nel periodo 2008 – 2010 un numero di dipendenti con contratto part time superiore al massimo consentito dal CCNL per l’edilizia; ha, quindi, rigettato il ricorso proposto dalla ditta “Edilpenna”;
la cassazione della sentenza è domandata dalla “Edilpenna di S.G.”, sulla base di sei motivi, illustrati da memoria;
l’Inps ha depositato tempestivo controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ricorrente lamenta “Omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”, consistente nel non avere la Corte d’appello, considerato la violazione del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 3, comma 1, il quale non demanda la fissazione di un limite quantitativo all’utilizzabilità del personale con contratto part time, così come invece prevede il CCNL 23 luglio 2008, art. 78, applicabile al settore edile;
col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce “Violazione del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 3, comma 1 – Violazione della direttiva comunitaria 97/81/CE – Eccesso di delega”;
afferma che la L. n. 61 del 2000, norma speciale, non conterrebbe nessuna delega alla contrattazione collettiva di categoria;
col terzo motivo, ancora formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta “Falsa applicazione del D.Lgs. n. 244 del 1995, art. 29 – Illegittimità della Circolare Inps n. 6 del 2010”, deducendo che l’applicazione della cd. contribuzione virtuale prevista dall’art. 29 riguarderebbe soltanto i contratti di lavoro full time e non anche quelli part time;
col quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia “Violazione del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 9”; sostiene che l’applicazione della contribuzione virtuale nei confronti dei “part timers” assunti in eccesso rispetto al limite numerico di cui al CCNL di settore, art. 78, comporterebbe la trasformazione di quei rapporti in rapporti a tempo indeterminato, senza che una sanzione siffatta sia contemplata dalle fonti normative e/o contrattuali;
col quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta “Contraddittorietà ed illogicità della sentenza della Corte d’Appello di Bari”; richiamandosi al motivo precedente, sotto altro profilo afferma che la Corte d’Appello avrebbe, contraddittoriamente, sostenuto che non esiste una sanzione nell’ipotesi di violazione del CCNL per il settore dell’edilizia, art. 78;
col sesto e ultimo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia “Violazione artt. 23 e 25 Cost. Violazione del principio del legittimo affidamento”; la circolare Inps n. 6 del 2010 avrebbe indebitamente accresciuto l’entità dell’imponibile contributivo a carico della “Edilpenna” per i contratti part time stipulati in eccesso rispetto al CCL per il settore dell’edilizia, art. 78, in assenza di previsioni legislative;
i motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro logica connessione; essi sono infondati;
questa Corte ha già deciso, in fattispecie sovrapponibile che: “Nel settore edile, l’istituto del minimale contributivo, previsto dal D.L. n. 244 del 1995, art. 29, conv. in L. n. 341 del 1995, trova applicazione anche nell’ipotesi in cui siano stati conclusi contratti part-time in eccedenza rispetto al limite previsto da una disposizione del contratto collettivo applicabile, poiché la funzione della predetta disposizione è quella di individuare il complessivo valore economico delle retribuzioni imponibili di una data impresa, che, in caso di violazione del divieto di assunzioni a tempo parziale in misura superiore ad una determinata percentuale del totale dei lavoratori occupati a tempo indeterminato, va commisurato alla retribuzione dovuta per l’orario normale di lavoro anche per i lavoratori assunti part-time in violazione del predetto divieto, a prescindere dalla circostanza che tali compensi siano stati effettivamente corrisposti” (Così Cass. n. 8794 del 2020);
le censure proposte nel ricorso non aggiungono nessun elemento di diritto che possa ritenersi utile a rivedere l’orientamento sopra richiamato;
in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 15 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022