Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5649 del 12/03/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 5649 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 8317-2009 proposto da:
CASTELLINI MARCO, elettivamente domiciliato in ROMA
CIRCONVALLAZIONE TRIONFALE 123, presso lo STUDIO
ROSELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato DAMIANI
DOMENICO giusta delega a margine;
– ricorrente 2013
3349

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 12/03/2014

avverso la sentenza n. 29/2008 della COMM.TRIB.REG. di
PALERMO, depositata il 15/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/11/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;

chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato ZERMAN che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
l’inammissibilità e in subordine rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato DAMIANI che ha

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 15-5-2008 la CTR Palermo ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle
Entrate di Palermo 2 nei confronti della sentenza della CTP di Palermo che aveva accolto il ricorso proposto
da Castellino Marco avverso l’avviso FUNCR0100571 anno 2001, con il quale l’Ufficio, avendo riscontrato
che il contribuente aveva omesso la compilazione e la presentazione del c.d. mod. CVS previsto dall’art. 1,
comma 1, D.L. 253/2002, aveva proceduto al recupero del credito di imposta utilizzato dal contribuente per

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente, affidato a due motivi; ha
resistito l’Agenzia con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente sosteneva che l’obbligo di inoltrare il mod. CVS non poteva riguardare
attività o operazioni già esaurite nel tempo.
Siffatta motivo, rubricato come “decadenza”, è inammissibile sia perché non contiene la chiara
interpretazione delle norme di legge che si intendono violate (non essendo a tanto sufficiente il generico
richiamo ai principi della decadenza) sia perché assolutamente carente del quesito di diritto richiesto
dall’art. 366 bis cpc, ratione temporis vigente.
Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo la violazione degli artt. 5, 6 e 10 della L 212/2000 (Statuto
contribuente), sosteneva che l’Amministrazione aveva violato gli obblighi di informazione (art. 5) nonchè di
conoscenza degli atti e semplificazioni (art. 6) e, irrogando sanzioni e richiedendo interessi, non si era
attenuta, nel rapporto con il contribuente, al principio della collaborazione e della buona fede (art. 10).
Anche detto motivo è inammissibile, in quanto si conclude con un quesito (se siano nulli gli atti posti in
essere dall’Amministrazione Finanziaria in violazione degli obblighi di cui sopra) che si risolve in una mera
affermazione di principio in ordine ai predetti articoli, senza alcuna attinenza con la fattispecie concreta e
senza alcun collegamento con il contenuto della sentenza impugnata.
In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite relative al presente
giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 2.000,00, oltre spese prenotate a debito.

avere effettuato investimenti in aree disagiate.

A1 EN
N. 13; i.
1U 3

Così deciso in Roma in data 27-11-2013 nella Camera di Consiglio della sez. tributaria.

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