Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5649 del 02/03/2020
Cassazione civile sez. trib., 02/03/2020, (ud. 02/10/2019, dep. 02/03/2020), n.5649
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –
Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12883/2014 R.G. proposto da:
B.M., rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Ferrajoli, con
domicilio eletto presso lo studio della A-I Avvocati Associati in
Italia, con studio sito in Roma, via del Tritone, 102;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia, sez. dist. di Brescia, n. 298/67/13, depositata il 25
novembre 2013.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 ottobre
2019 dal Consigliere Dott. Catallozzi Paolo;
Fatto
RILEVATO
CHE:
– B.M., esercente l’attività di trasporto merci, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. dist. di Brescia, depositata il 25 novembre 2013, che, in accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio, ha respinto il suo ricorso per la condanna dell’Amministrazione finanziaria al rimborso del credito i.v.a., dell’importo di Euro 29.966,00;
– dall’esame della sentenza impugnata si evince che il credito vantato aveva ad oggetto l’eccedenza di i.v.a. detraibile maturata con la dichiarazione relativa al secondo semestre dell’anno 2010 e che l’Ufficio aveva respinto l’istanza di rimborso in quanto il credito vantato si riferiva ad operazioni attive di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 7 ter, in relazione alle quali era consentito il rimborso o l’utilizzo in compensazione del solo credito annuale e non anche di quello infrannuale;
– il giudice di appello, dopo aver dato atto che la Commissione provinciale aveva accolto il ricorso del contribuente, ha accolto il gravame dell’Ufficio, ritenendo che non ricorressero i presupposti per l’esecuzione dei rimborsi in relazione a periodi inferiori all’anno;
– il ricorso è affidato ad un unico motivo;
– resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
– con l’unico motivo di ricorso proposto il contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, e art. 38-bis, per aver la sentenza impugnata escluso il diritto del contribuente di beneficiare del rimborso dell’1.v.a. infrannuale;
– il motivo è infondato;
– il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis, comma 2, nella formulazione vigente al momento della maturazione del credito vantato, stabilisce che “Il contribuente può ottenere il rimborso in relazione a periodi inferiori all’anno, prestando le garanzie indicate nel comma precedente, nelle ipotesi di cui alle lettere a), b) ed e) del terzo comma dell’art. 30, nonchè nelle ipotesi di cui alla lettera c) del medesimo comma 3 quando effettua acquisti ed importazioni di beni ammortizzabili per un ammontare superiore ai due terzi dell’ammontare complessivo degli acquisti e delle importazioni di beni e servizi imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”;
– pertanto, in deroga al principio generale della rimborsabilità della sola eccedenza dell’I.v.a. risultante dalla dichiarazione annuale, espressa dall’art. 30, comma 1, la richiamata disposizione consente al contribuente di ottenere il rimborso dell’eccedenza dell’1.v.a. risultante da dichiarazioni infrannuali solo nei casi in cui questi eserciti esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni (lett. a), effettui operazioni non imponibili di cui agli artt. 8, 8-bis e 9 per un ammontare superiore al 25 per cento dell’ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate (lett. b), effettui acquisti e importazioni di beni ammortizzabili per un ammontare superiore ai 2/3 del totale degli acquisti e delle importazioni imponibili (lett. c) ovvero si tratti di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato (lett. e);
– il giudice di appello ha rilevato – con accertamento di fatto non aggredito da specifica impugnazione – che il contribuente eseguiva prevalentemente operazioni (prestazioni di servizi di trasporto) in favore di committenti stabiliti fuori dall’Italia, in quanto tali non soggette all’1.v.a. ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7 ter, e ha concluso che non ricorreva alcuna delle fattispecie legislativamente previste per il riconoscimento del diritto al rimborso dell’I.v.a. maturata con dichiarazione infrannuale;
– così facendo, ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi, attesa l’intistenza degli estremi per l’applicazione del regime di favore della rimborsabilità dell’eccedenza dell’1.v.a. maturata con dichiarazione infrannuale;
– non pertinente si presenta il riferimento, operato nel ricorso, alla novella introdotta con la L. 15 dicembre 2011, n. 217, art. 8, comma 2, lett. h), che ha modificato il menzionato art. 38-bis, comma 2, nel senso di consentire la rimborsabilità del credito i.v.a. maturato con dichiarazione infrannuale anche al contribuente che effettua prevalentemente operazioni non soggette all’imposta (anche) nei confronti di committenti stabiliti fuori dal territorio dello Stato, qualora presentino un importo superiore al 50 per cento dell’ammontare di tutte le operazioni effettuate e abbiano ad oggetto (anche) prestazioni di trasporto di beni;
– infatti, per espressa previsione contenuta nell’ultimo comma di tale articolo di legge, la novella trova applicazione solo alle operazioni effettuate a partire dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’entrata in vigore della legge e, dunque, non può interessare le operazioni in oggetto, poste in essere nell’anno 2010;
– pertanto, per le suesposte considerazioni, o il ricorso non può essere accolto;
– in considerazione dell’assenza di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità sulla questione controversa appare opportuno disporre l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti;
– sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 2 ottobre 2019.
Depositato in cancelleria il 2 marzo 2020