Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5641 del 09/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 09/03/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 09/03/2010), n.5641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, DE ROSE EMANUELE, TADRIS PATRIZIA, giusta mandato speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 201/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 20.11.07, depositata il 05/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI MAMMONE.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

G.R. lavoratrice agricola iscritta nell’apposito elenco provinciale – si rivolse al giudice del lavoro di Vibo Valentia per ottenere il riconoscimento e la corresponsione dell’indennità di maternità per l’astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro in relazione al parto del 29.11.99. La domanda era rigettata in quanto l’attrice era ritenuta decaduta dall’azione ai sensi del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, avendo ella depositato il ricorso oltre un anno e trecento giorni dalla data di presentazione della domanda amministrativa.

Proposto appello dalla G., la Corte di appello di Catanzaro con sentenza 20.11.07-5.2.08 accoglieva l’impugnazione rilevando che la decadenza non era realizzata in quanto, non avendo l’INPS emanato alcun provvedimento esplicito sull’istanza dell’assicurata, il termine di decadenza non aveva mai cominciato a decorrere.

Proponeva ricorso l’INPS, deducendo violazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, in riferimento all’art. 2968 c.c., con il quesito: dica la C.S. se la mancata adozione di un provvedimento esplicito da parte dell’INPS sulla domanda di prestazione dell’assicurata – nella specie indennità di maternità per astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro – renda inoperante la decadenza stabilita dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 e successive modificazioni.

Non svolgeva attività difensiva l’intimata.

Il consigliere relatore redigeva relazione ex art. 380 bis c.p.c., che veniva comunicata al Procuratore generale ed era notificata unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza in Camera di consiglio al difensore costituito.

Il ricorso è fondato.

Il D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, nel testo modificato dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4, conv. dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, al comma 3, dispone che, per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui al L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24, l’azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, “entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente comma”, ovvero dalla comunicazione della decisione del ricorso o scadenza del termine stabilito per la decisione, ovvero dalla scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.

Circa l’interpretazione delle disposizioni del citato art. 47, commi 2 e 3, si era creato un contrasto nell’ambito della giurisprudenza di questa Corte. Da un lato si riteneva che esse trovassero applicazione solo dopo l’adozione di un provvedimento esplicito sulla domanda di prestazione, formulato in termini tali da rispettare il disposto del quinto comma dello stesso articolo, per il quale l’INPS, nel comunicare il provvedimento adottato sulla domanda di prestazione, deve in ogni caso indicare ai richiedenti le prestazioni o ai loro aventi causa i gravami che possono essere proposti, a quali organi debbono essere presentati ed entro quali termini (Cass. 15.11.04 n. 21595 e 15.12.05 n. 27672). D’altro canto era stato, invece, sostenuto che la mancata indicazione da parte dell’Inps dei presupposti e dei termini per l’esperimento dell’azione giudiziaria avverso il provvedimento di rifiuto della prestazione non impediva il decorso dei termini di decadenza dato che il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, u.c., nel prevedere che il provvedimento dell’ente previdenziale deve contenere tale indicazione, non stabilisce alcuna sanzione in caso di mancato adempimento (Cass., 24.10.03 n. 15987 e 6.6.07 n. 13276).

Tale contrasto di posizioni – supportato da ulteriori pronunzie su entrambi i versanti – è stato risolto dalle Sezioni unite con la sentenza 29.5.09 n. 12718, la quale ha escluso ogni incidenza del comportamento delle parti sul decorso del termine, atteso che detto art. 47 individua la soglia di trecento giorni oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo non consente lo spostamento in avanti del dies a quo per l’inizio del computo del termine decadenziale, facendone derivare la conseguenza che il termine di decadenza decorre, oltre che nel caso di mancanza di provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato, anche in quello di omissione delle indicazioni di cui al medesimo art. 47, comma 5.

Ritenendo il Collegio che debba darsi seguito al principio enunziato dalle Sezioni unite e non essendosi la sentenza di merito allo stesso uniformata, il ricorso deve essere ritenuto fondato e deve essere accolto. Cassata l’impugnata sentenza, non essendo necessari ulteriori accertamenti, deve provvedersi nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c. e deve rigettarsi la domanda.

L’incertezza della giurisprudenza sulla questione oggetto del presente giudizio e la circostanza che solo recentemente le Sezioni unite hanno risolto il contrasto di giurisprudenza sopra evidenziato costituisce giusto motivo di compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e, cassata l’impugnata sentenza, provvedendo nel merito rigetta la domanda, compensando tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2010

 

 

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