Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5639 del 09/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 09/03/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 09/03/2010), n.5639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.V., C.D., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA A. BAIAMONTI 4, presso lo studio dell’avvocato AMATO

RENATO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato SARNO

SABINO ANTONINO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

CEVA Automotive Logistics Italia Srl (già TNT Arvil-Joint Venture

TNT ARCESE BONZANO Srl) in persona del suo procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BERNARDINO BERNARDINI 50,

presso lo studio dell’avvocato FIORI ARIANNA, rappresentata e difesa

dagli avvocati TOFFOLETTO ANTONIO, NOVEBACI CLAUDIO, giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

VENTANA SERRA SPA, olim VENTANA CARGO SPA in persona del suo

procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VALLISNERI 11, presso lo studio dell’avv. PAOLO PACIFICI che la

rappresenta e difende unitamente all’avv. ARTURO AMORE, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

ARCESE TRASPORTI SPA in persona del procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 1, presso lo

studio PBE, rappresentata e difesa dagli avvocati ANDREA ZINCONE,

GIORGIO SCHERINI, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 25577/2008 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

del 25.9.08, depositata il 22/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI MAMMONE;

udito per la controricorrente (CEVA Automotive Logistics Italia Srl)

l’avv. Antonio Toffoletto che si riporta agli scritti;

udito per la controricorrente (Arcese Trasporti SpA) l’avv. Andrea

Zincone che si riporta agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI che condivide

la relazione scritta.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Con separati ricorsi al giudice del lavoro di Torino, B. V. e C.D. chiedevano che fosse dichiarato illegittimo il licenziamento loro irrogato dal datore di lavoro Ventana Cargo e venisse accertato il loro diritto a passare alle dipendenze di TNT Arvil o, in subordine, di Arcese Trasporti, entrambe cessionarie di rami d’azienda.

Rigettate le domande e proposto appello dai due lavoratori, la Corte d’appello di Torino riuniva le impugnazioni e le rigettava. Proposto ricorso per cassazione dai predetti, questa Corte con sentenza 22.10.08 n. 25577 rigettava il ricorso.

Di questa ultima sentenza il B. ed il C. chiedono la revocazione sostenendo che il Collegio sarebbe incorso in errore di fatto ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, non avendo percepito il contenuto di parte del ricorso proposto contro la sentenza di appello.

Tale omissione emergerebbe con chiarezza dal testo della sentenza, ove si sostiene che il primo motivo di ricorso fosse “privo di rubrica ed esposto da pag. 71 a pag. 77”, mentre invece dall’esame del ricorso stesso risulta che: 1. vi era l’enunciazione della rubrica cui seguiva la trascrizione integrale del capo della sentenza impugnata oggetto di censura (pagg. 12-13), 2. erano indicati documenti rilevanti non considerati dal giudice di merito (pagg. 53- 54) e (3.) erano menzionati passi del ricorso introduttivo idonei a ricostruire la tesi sostenuta in causa (pag. 56). Nel ricorso, inoltre, i ricorrenti precisavano che loro obiettivo era quello di rimuovere lo stato di disoccupazione seguita al licenziamento (pag.

57), contestando il giustificato motivo oggettivo e sostenendo di essere stati illegittimamente esclusi dalla cessione del ramo d’azienda mediante il distacco presso la soc. Arcese Trasporti. In altre parole la tesi da loro sostenuta dinanzi alla Corte di legittimità era che il giudice di appello non aveva correttamente interpretato la loro tesi difensiva.

Rispondono con controricorso Ventana Serra spa (succeduta a Ventana Cargo), CEVA Automotive Logistics Italia srl (succeduta a TNT Arvil) e Arcese Trasporti spa.

Il consigliere relatore ha redatto relazione ex art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore generale ed è stata notificata unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza in Camera di consiglio ai difensori costituiti. Hanno depositato memoria i ricorrenti e Ventana Serra.

Il ricorso è inammissibile.

La sentenza impugnata così sintetizza il motivo di ricorso “col primo motivo, privo di rubrica ed esposto da pag. 71 a pag. 77 del ricorso …, i ricorrenti svolgono svariate considerazioni onde dimostrare l’erronea interpretazione da parte della Corte d’appello, dell’atto introduttivo del giudizio, le cui clausole non sarebbero state intese nè alla lettera (art. 1362 c.c.), nè complessivamente (art. 1363 c.c.), ed in cui l’illegittimità del licenziamento era stata posta in connessione con una violazione dell’art. 2112 c.c., da parte della datrice di lavoro”. Più avanti la sentenza precisa che “la forma ridondante e talvolta perplessa delle questioni di diritto … non induce alla dichiarazione di inammissibilità dei motivi, poichè ridondanze e perplessità non impediscono di cogliere, sia pure con difficoltà, il nucleo delle questioni e delle indicazioni.

I ricorrenti lamentano nella sostanza che la Corte d’appello abbia verificato il giustificato motivo del licenziamento senza tener conto della vicenda precedente e relativa ad un loro distacco e poi all’offerta di trasferimento ad altra impresa, con sede in altra e lontana località”.

A prescindere dal riferimento alle pagg. da 71 a 77, deve rilevarsi che da tale passo emerge una sintesi del motivo di ricorso pressochè corrispondente a quanto sostenuto nell’originario ricorso per cassazione dai ricorrenti, i quali dopo aver precisato nella rubrica (effettivamente esistente) che le norme che si assumevano violate erano quelle della L. n. 428 del 1990 e dell’art. 2212 c.c., nonchè quelle dei canoni di ermeneutica contrattuale (artt. da 1362 a 1371 c.c.) e dell’art. 112 c.p.c. – imputavano alla Corte di appello “di non aver correttamente interpretato l’atto introduttivo del giudizio di primo grado e l’atto introduttivo del giudizio di appello, violando i canoni di ermeneutica in epigrafe richiamati”.

Tale corrispondenza porta ad escludere ictu oculi l’esistenza dell’errore di percezione della tesi difensiva dei due ricorrenti.

Ove, invece, parte ricorrente intendesse ravvisare l’errore revocatorio in una erronea interpretazione del motivo proposto, il ricorso sarebbe a maggior ragione inammissibile, atteso che la configurabilità dell’errore revocatorio presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un qualcosa che la realtà effettiva, quale documentata in atti, induce ad escludere o ad affermare; non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione dei motivi del ricorso (giurisprudenza consolidata, v. per tutte se sentenze di questa Corte 24.4.06 n. 9533, 28.6.05 n. 13915 e 15.5.02 n. 7064), e ciò perchè l’attività interpretativa del giudice circa la domanda a lui sottoposta costituisce parte del giudizio stesso, quale sua imprescindibile premessa, e non è riconducibile al fatto.

Il ricorso è, dunque, inammissibile.

Le spese di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido tra loro alle spese, che liquida in favore di ciascuno dei controricorrenti in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro 2.000.05, per onorari, oltre spese accessorie, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2010

 

 

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