Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5639 del 02/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/03/2020, (ud. 08/11/2019, dep. 02/03/2020), n.5639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2125-2016 proposto da:

CASTELLI ROMANI RESIDENZIALE 95 SRL, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA NICASTRO 3, presso lo studio dell’avvocato NICOLINA

NICODEMO, dal quale è rappresentata e difesa;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MARINO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANASTASIO II

274, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO BIANCARDI, dal quale è

rappresentato e difeso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3412/02/15 della CTR di Roma, depositata il

12/6/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’8/11/2019 dal relatore DARIO CAVALLARI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale De

Augustinis Umberto, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

uditi gli Avvocati Nicolina Nicodemo per la società ricorrente, il

quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso, e Fabrizio Biancardi

per II Comune di Marino, che ne ha domandato il rigetto;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Castelli Romani Residenziale 95 srl ha impugnato un avviso di accertamento ICI per l’annualità 2007 emesso dal Comune di Marino.

La CTP di Roma, con sentenza n. 3624/16/14, ha in parte accolto ricorso, dichiarando l’ICI non dovuta a decorrere dal 24 gennaio 2007.

Il Comune di Marino ha proposto appello.

La CTR di Roma, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 3412/02/15, ha accolto il gravame.

La Castelli Romani Residenziale 95 srl ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Comune di Marino ha resistito con controricorso.

Parte ricorrente ha depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo ed il secondo motivo che, stante la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente, la società ricorrente lamenta la violazione ed errata interpretazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1, 2 e 3, e del D.P.R. n. 327 del 2001, 23, comma 1, lett. f), poichè la CTR avrebbe errato nel non considerare che, intervenuto il definitivo decreto di esproprio dell’immobile oggetto di causa il 24 gennaio 2007, essa ricorrente aveva perso la reale disponibilità del bene e non poteva, quindi, essere più reputata soggetto passivo del tributo de quo.

Pertanto, il successivo rogito notarile del 30 ottobre 2007, con il quale la res era stata ceduta al Comune di Marino, non poteva incidere sul pagamento dell’ICI.

Le doglianze meritano accoglimento.

Infatti, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 23, lett. f), cd. T.U. espropriazione per pubblica utilità, il decreto di esproprio “dispone il passaggio del diritto di proprietà, o del diritto oggetto dell’espropriazione, sotto la condizione sospensiva che il medesimo decreto sia successivamente notificato ed eseguito”.

Detto decreto, una volta divenuto definitivo, costituisce atto di trasferimento della proprietà del bene (Cass., Sez. 1, n. 27131 del 15 novembre 2017; Cass., Sez. 1, n. 12700 del 5 giugno 2014).

L’eventuale conclusione di successivi atti di cessione fra le parti del procedimento espropriativo (qualora pure giuridicamente configurabili) è priva di ogni valenza nella specie, perchè, ove anche posta in essere, l’espropriato non potrebbe certo più trasmettere un diritto del quale non è più titolare, ma, al massimo confermare la propria precedente volontà.

In realtà, l’intesa del 30 ottobre 2007 è riconducibile, piuttosto, al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 45, in base al quale (comma 1) “Fin da quando è dichiarata la pubblica utilità dell’opera e fino alla data in cui è eseguito il decreto di esproprio, il proprietario ha il diritto di stipulare col soggetto beneficiario dell’espropriazione l’atto di cessione del bene o della sua quota di proprietà”.

Questa disposizione chiarisce che la cd. cessione volontaria può intervenire anche dopo l’emissione del decreto di esproprio, come è avvenuto nel caso in esame, ma la sua finalità è solo di determinare il prezzo della cessione e di dare esecuzione al decreto di esproprio (l’art. 45 citato, comma 3, precisa che “L’accordo di cessione produce gli effetti del decreto di esproprio e non li perde se l’acquirente non corrisponde la somma entro il termine concordato”), senza che, però, detto decreto, ove già esistente, sia messo nel nulla dall’accordo de quo.

Sostiene il Comune di Marino che la società ricorrente avrebbe c-mantenuto, comunque, il possesso del bene e che proprio detto possesso costituirebbe il presupposto di applicazione dell’ICI.

Indubbiamente, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, che ha disciplinato l’ICI, “Presupposto dell’imposta è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa”.

Peraltro, occorrè tenere conto che, in virtù del citato D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 1, “Soggetti passivi dell’imposta sono il proprietario di immobili di cui all’art. 1, comma 2, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie, sugli stessi, anche se non residenti nel territorio dello Stato o se non hanno ivi la sede legale o amministrativa o non vi esercitano l’attività”.

Ne consegue che l’espropriato, una volta emesso un decreto definitivo di esproprio, cessa di essere soggetto passivo ICI, a nulla rilevando che abbia mantenuto la concreta disponibilità del cespite e che poi intervengano ulteriori accordi con l’amministrazione espropriante.

In effetti, il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 23, lett. f), cd. T.U. espropriazione per pubblica utilità, subordina il trasferimento della proprietà alla condizione sospensiva che il decreto di esproprio sia successivamente notificato ed eseguito.

Nella specie, però, è il Comune di Marino a dedurre che, con il rogito notarile del 30 ottobre 2007, ha ottenuto il possesso dell’immobile. Inoltre, ai sensi dell’art. 1360 c.c., “Gli effetti dell’avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto, salvo che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti del contratto o della risoluzione debbano essere riportati a un momento diverso”.

Ne deriva che, proprio con il rogito del 30 ottobre 2007, il decreto di esproprio del 24 gennaio 2007 aveva avuto esecuzione e che tale effetto era retroagito a quest’ultima data.

3. Il ricorso va, quindi, accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c..

Alla luce di quanto rilevato, si dispone, in parziale accoglimento del ricorso della società ricorrente, che l’ICI non sia più dovuta dal 24 gennaio 2007.

Le spese di tutti i gradi di giudizio sono compensate, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., stante la novità della questione.

PQM

La Corte,

– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel

merito, in parziale accoglimento del ricorso della società contribuente, stabilisce che l’ICI non sia dovuta dalla medesima società a far data dal 24 gennaio 2007;

compensa le spese di tutti i gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione Civile, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2020

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