Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5637 del 09/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 09/03/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 09/03/2010), n.5637

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.B. nella sua qualità di Procuratore generale

del sig. Z.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

NICOLO’ COVIELLO 47, presso lo studio dell’avvocato RAUSO ROSA,

rappresentato e difeso dall’avvocato MEGALI INNOCENZO, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CIPRIANI SPA in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 29, presso lo studio

dell’avvocato RINALDI FERRI LUIGI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIANNIOTTI ISABELLA, giusta procura speciale

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 368/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

10.6.08, depositata il 25/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI MAMMONE;

udito per la controricorrente l’Avvocato Luigi Rinaldi Ferri che si

riporta agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI che condivide

la relazione scritta.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Con ricorso al giudice del lavoro di Venezia, Z.M. conveniva in giudizio la Cipriani spa e, assumendo di essere stato dipendente prima di Cipriani srl (dante causa della convenuta) fino al 1996 e poi di ristoranti siti in Argentina gestiti da società rientranti in unico complessi) organizzativo con quella convenuta, impugnava il licenziamento che assumeva intimato in data 10.6.04.

Sosteneva il ricorrente che Cipriani srl gli aveva contestato l’assenza dal lavoro dall’esercizio di Venezia, non avendo egli ivi ripreso lo svolgimento della prestazione dopo l’interruzione della trasferta estera, e che, nonostante le sue giustificazioni, era stato licenziato. Del licenziamento deduceva l’irritualità e illegittimità per insussistenza del motivo posto a fondamento.

Cipriani spa contestava la domanda sostenendo che il licenziamento era stato intimato dalle società argentine Cipriani S.a. e Cipriani Dolci s.a., alle cui dipendenze lo Z. aveva lavorato, e che non era esistente il collegamento tra tali società e la società italiana.

Il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo che non sussistesse un rapporto di lavoro unico con le società estere e quella italiana e che il licenziamento risultava irrogato dalle società argentine, mentre nei confronti della società di diritto italiano il rapporto di lavoro era cessato per iniziativa dello Z..

Quest’ultimo proponeva appello lamentando l’erronea esclusione del collegamento societario, l’omessa valutazione di risultanze documentali e fattuali, l’omessa ammissione di prove e l’insussistenza delle circostanze dedotte a fondamento del recesso.

La Corte d’appello di Venezia con sentenza 10.6-25.7.08 rigettava l’impugnazione. Non era stato provato che la società italiana e quelle argentine costituissero unica struttura organizzativa, nè che esse fossero coordinate tra loro, di modo che doveva escludersi l’unicità del rapporto di lavoro.

Lo Z. fino al 1996 era stato dipendente solo di Cipriani srl e da quell’anno era stato dipendente anche delle due società argentine, di modo che i due rapporti erano coesistiti. Tuttavia, mentre il rapporto sorto in Argentina si era concluso con il licenziamento, che lo Z. aveva con successo impugnato dinanzi all’A.g. locale, ottenendo il risarcimento del danno, quello sorto in Italia era rimasto quiescente e si era interrotto per iniziativa del lavoratore, che per fatti concludenti si era dimesso.

Avverso questa sentenza ricorreva lo Z. deducendo carenza di motivazione sotto tre profili: 1) circa l’insussistenza di un unico centro di imputazione economico-strutturale facente capo alla società italiane ed a quelle argentine, ritenendo di aver provato la circostanza con prove documentali ed altre espletande istanze istruttorie, peraltro non ammesse; 2) non ammissione delle istanze istruttorie, ritenute necessaire per dimostrare l’esistenza del collegamento societario; 3) in ordine all’espletamento del procedimento di licenziamento. Circa quest’ultimo punto lo Z. denunzia anche violazione dell’art. 7 dello statuto dei lavoratori, concludendo la discussione del motivo con il quesito: “è legittimo ritenere domanda nuova la controdeduzione offerta dalla parte appellante in proprio ricorso su questione nata solo in fase di sentenza di primo grado”? Si difendeva con controricorso Cipriani spa.

Il consigliere relatore redigeva relazione ex art. 380 bis c.p.c., che veniva comunicata al Procuratore generale ed era notificata unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza in camera di consiglio al difensore costituito.

Il ricorso è infondato.

Il ricorrente procede ad un riesame del merito della controversia discutendone pressochè esclusivamente gli aspetti di fatto, ora contestando gli apprezzamenti della Corte di merito peraltro logicamente ed analiticamente articolati – ora sottoponendo nuove argomentazioni di fatto e prescindendo dal percorso logico della sentenza impugnata.

Ciò appare evidente alle pagine 4 (per il primo motivo) e 14 (per il secondo motivo) del ricorso, ove vengono testualmente riportati stralci di motivazione che si assumono contenuti nella sentenza impugnata, ma che qui non si rinvengono. Tale vizio emerge ulteriormente alle pagine 21 e seguenti dello stesso ricorso, ove si rivolge al giudice di legittimità una istanza di ammissione di prova per testi, a chiaro sintomo della riproposizione di argomentazioni destinate al giudice di appello, che vengono ora acriticamente riproposte dinanzi alla Corte di Cassazione.

Nella laboriosa discussione dei motivi di ricorso vengono inoltre trattate svariate questioni di diritto, che pur in mancanza dei dovuti approfondimenti, avrebbero dovuto concludersi con appropriati quesiti di diritti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.. I quesiti proposti appaiono, tuttavia, o mere sintesi riassuntive dei pretesi vizi di motivazione o (è il caso del terzo motivo) si prospettano del tutto inconferenti in relazione alla materia trattata.

Le stesse conclusioni proposte a questa Corte, aventi contenuto esclusivo di merito, sono indice dell’obiettivo di parte ricorrente di ottenere una diversa valutazione di fatto.

All’inammissibilità dei motivi consegue il rigetto del ricorso.

Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese accessorie, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2010

 

 

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