Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5631 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. III, 28/02/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 28/02/2020), n.5631

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29331/2016 proposto da:

B.V. & FIGLI SRL, in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore

B.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55,

presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati STEFANO CAPO, FRANCESCO

TRAMONTINI;

– ricorrente –

contro

OFFICINE C. SRL, CON UNICO SOCIO in persona del legale

rappresentante pro tempore C.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 44, presso lo studio

dell’avvocato VINCENZO ARRIGO, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati MARIA CRISTINA CLEMENTI, CHIARA BERTAZZA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2297/2016 del TRIBUNALE di TREVISO, depositata

il 26/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2019 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’avvocato MARIA CRISTINA CLEMENTI anche in sostituzione degli

avvocati ARRIGO V. e BERTAZZA C..

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che:

la B.V. & figli s.r.l. si opponeva a norma dell’art. 617 c.p.c., avverso gli atti dell’esecuzione forzata promossa nei propri confronti dalla Officine C. s.r.l., deducendo la violazione dell’art. 476 c.p.c., per erroneità della seconda spedizione in forma esecutiva del titolo giudiziale in favore dell’opposta, che l’opponente indicava aver illegittimamente affermato la propria qualità di cessionaria del credito accertato dalla sentenza azionata per le vie coattive;

il Tribunale, davanti al quale resisteva la Officine C. s.r.l., rigettava la domanda;

avverso questa decisione ricorre per cassazione la B.V. & figli s.r.l. articolando tre motivi corredati da memoria;

resiste con controricorso la Officine C. s.r.l..

rilevato che:

con il primo motivo si prospetta la violazione degli artt. 475,476, c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che non sarebbe stata ammissibile la seconda spedizione in forma esecutiva della medesima sentenza, in favore del preteso cessionario del credito in essa accertato, già spedita in forma esecutiva in favore dell’indicato cedente;

con il secondo motivo si prospetta la violazione degli artt. 475,476 c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di verificare che non sarebbero constate l’istanza e l’autorizzazione alla seconda spedizione in forma esecutiva, la cui carenza non avrebbe neppure permesso alla deducente la verifica della regolarità dell’operato dell’esecutante e degli uffici;

con il terzo motivo si prospetta la violazione dell’art. 100 c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che con sentenza di secondo grado sarebbe stata rigettata la domanda di Officine C. s.r.l. volta al riconoscimento del diritto di essere pagata direttamente dalla debitrice riportata nel titolo, quale cessionaria della correlativa creditrice;

Rilevato che:

deve preliminarmente osservarsi che il ricorso è manifestamente inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3;

in particolare:

a) non vengono compiutamente riferite le ragioni dell’opposizione formale: non è dato sapere se, come indicato dalla controricorrente (pagg. 5-6), l’originario ricorso era stato proposto deducendo l’illegittimità di una seconda spedizione in forma esecutiva del titolo in assenza di richiesta e autorizzazione a norma dell’art. 476 c.p.c. – secondo quanto prospettato a pag. 2 del ricorso – oppure deducendo l’illegittimità di una seconda spedizione in forma esecutiva in favore del preteso successore a titolo particolare nel credito accertato nella sentenza già spedita in forma esecutiva in favore dell’indicato cedente – secondo quanto assunto nel primo motivo di ricorso;

b) al contempo in ricorso si prospetta (a pag. 3) di aver “denunciato al Tribunale” – non è dato comprendere se in sede di atto di opposizione o in altro modo nel corso di quel giudizio – anche il difetto di legittimazione sostanziale della s.r.l. Officine C., quale pretesa cessionaria con titolo opponibile all’intervenuto fallimento della cedente, BPM di M.C. & C. s.a.s.;

c) non viene specificata la data di notificazione del titolo e quella di proposizione dell’opposizione;

d) non vengono specificate le ragioni del rigetto dell’opposizione da parte del Tribunale, non riportate in parte narrativa (pagg. 6-7 del ricorso) nè compiutamente enucleabili dall’articolazione dei motivi (v. l’inciso del tutto frammentario a pag. 11 del ricorso);

la ricostruita violazione non permette di:

i) vagliare, nella cornice della specificità e dunque conducenza del ricorso odierno, la tempestività dell’opposizione, sempre rilevabile d’ufficio salvi giudicati interni qui non ipotizzabili;

ii) comprendere l’oggetto del giudizio, vincolato ai motivi di opposizione senza che in questa sede siano prospettabili questioni nuove;

iii) verificare se le censure qui proposte siano pertinenti rispetto alle “rationes decidendi” del Tribunale, il cui provvedimento, al pari degli altri atti processuali, non è utilizzabile per sanare l’aspecificità del ricorso (Cass., Sez. U., 28 novembre 2018, n. 30754);

quanto sopra assorbe logicamente ogni altra questione, quale in particolare quelle agitate nella memoria di parte ricorrente, e in specie la sollecitazione alla riunione del presente giudizio a quello di opposizione a precetto pendente davanti a questa Corte tra le stesse parti;

spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in complessivi Euro 10.000,00, oltre a 200,00 Euro per esborsi, 15 per cento di spese forfettarie, oltre accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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