Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5631 del 21/02/2022
Cassazione civile sez. I, 21/02/2022, (ud. 25/11/2021, dep. 21/02/2022), n.5631
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22054/2020 R.G. proposto da:
K.A., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la
cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall’avv. Anna Maria Galimberti, giusta procura in calce al ricorso
del 6 agosto 2020;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– resistente –
avverso il decreto n. 7159/2020 del Tribunale di Ancona, depositato
in data 10 luglio 2020;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio non partecipata
del 25 novembre 2021 dal Consigliere Dott. Paolo Fraulini.
Fatto
RILEVATO
Che:
1. K.A., di nazionalità (OMISSIS), ha proposto ricorso in cassazione, affidato a quattro motivi, avverso il decreto con cui il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso avverso il provvedimento, emesso in data 30 luglio 2019 dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona, con il quale gli è stato negato il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale.
2. Ha osservato il Tribunale, per quanto in questa sede rileva, che la circostanza dedotta dal richiedente come elemento di rischio (timore di essere arrestato in Patria, a seguito del decesso di un militare locale, tal M., linciato dalla folla, in relazione al quale il fratello lo aveva avvertito di possibili arresti arbitrari da parte della polizia), non era idonea a fungere da presupposto per l’accoglimento della domanda. Era infatti risultato accertato, per mezzo della ricostruzione della vicenda narrata da parte della stampa, che effettivamente il militare M. era stato ucciso, ma che la polizia locale aveva arrestato sette persone individuate attraverso immagini video dell’omicidio, tra le quali non vi era il ricorrente, laddove nessun pericolo di ritorsione da parte dei militari poteva esservi per lui in caso di rimpatrio, posto che i fatti risalivano a più di tre anni rispetto alla narrazione senza che nulla gli fosse accaduto.
3. Il Ministero dell’Interno ha depositato un atto di costituzione nel quale si è riservato di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
1. Il ricorso lamenta:
a. Primo motivo: “1. Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 (art. 360 c.p.c., comma 3)”;
b. Secondo motivo: “2) Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7”;
c. Terzo motivo: “3) Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e – in particolare – del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3”;
a. Quarto motivo: “4) Falsa applicazione e violazione dell’art. 5, comma 6, T.U..
2. Il ricorso è complessivamente inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., atteso che le singole censure si pongono in contrasto con il costante orientamento di questa Corte regolatrice sulle questioni dedotte, come di seguito illustrato.
3. Il primo motivo è inammissibile, laddove lamenta la violazione dei criteri legali di valutazione credibilità ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e. 8 D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8. La censura non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato. Invero, il Tribunale non ha affatto giudicato non credibile il racconto. Al contrario, ha ritenuto che quanto narrato non esponesse il richiedente protezione ad alcuno dei rischi necessari per l’ottenimento della tutela, esplicitandone le ragioni in motivazione. La censura, anziché confrontarsi con tali ragioni, si limita ad opporre generiche considerazioni sui criteri di valutazione della credibilità, che non sono affatto rilevanti ai fini dello scrutinio della legittimità del provvedimento impugnato.
4. Il secondo e il terzo motivo, che possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibile, giacché l’indagine del giudice di merito ha avuto riguardo alle circostanze acquisite in atti (articoli di stampa contenenti la collocazione temporale dell’omicidio, i fatti dello stesso e gli esiti dell’indagine), mentre le due censure appaiono fare astratto riferimento a regole di giudizio, senza indicare puntualmente le circostanze in precedenza allegate e non esaminate dal tribunale, finendo per risultare del tutto generiche, pretendendo inoltre da questa Corte una altrettanto inammissibile riedizione del giudizio di merito.
5. Il terzo motivo è inammissibile poiché non si confronta con la ratio decidendi adottata dal Tribunale, fondata sull’accertamento che nel racconto del ricorrente non è risultato dedotto alcun elemento idoneo a far apprezzare il rischio del rimpatrio, facendo solo riferimento ad astratte regole di giudizio.
6. Il quarto motivo è inammissibile posto che, anche per la domanda di protezione umanitaria, sussiste l’onere di allegazione e né dal ricorso, né dal decreto risulta che il ricorrente abbia allegato alcuna ragione di vulnerabilità collegata con la sua situazione individuale, di cui il decreto impugnato ha rilevato la carenza; invero, si rinviene solo un breve accenno alle condizioni di salute del richiedente tutela, ma dedotte nella fase di merito in modo assolutamente generico e in questa sede altrettanto genericamente riprodotte.
7. Le illustrate ragioni di reiezione del ricorso assorbono, quale “ragione più liquida”, quella connessa alla validità della procura alle liti, secondo l’insegnamento di Cass. S.U., Sentenza n. 15177 del 01/06/2021, senza necessità, ai fini della decisione, di attendere la decisione della Corte costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, comma 1, lett. g), convertito, con modificazioni, dalla L. 13 aprile 2017, n. 46 (cfr. Cass., Sez. III, 23/06/2021, n. 17970).
8. Non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite, stante l’irrituale costituzione del Ministero.
9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022