Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5631 del 12/03/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 5631 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso 6425-2008 proposto da:
ROSENTHAL EDGARDO RSNDRD22P17F205H,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA B. TORTOLINI 34, presso lo
studio dell’avvocato PAOLETTI NICOLO’, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MELZI
GIUSEPPE giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
contro

1900

SAGGIO

FULVIO

SGGFLV28R26F250U,

elettivamente

domiciliato in ROMA, P.LE CLODIO 14, presso lo studio
dell’avvocato GRAZIANI ANDREA, rappresentato e difeso

1

Data pubblicazione: 12/03/2014

dall’avvocato CANNALIRE SANDRO giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 74/2007 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 17/01/2007, R.G.N. 4952/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato GIUSEPPE MELZI;
udito l’Avvocato SANDRO CANNALIRE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

2

udienza del 15/10/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO

I FATTI

Nel luglio del 1998 Edgardo Rosenthal convenne in giudizio,
dinanzi al tribunale di Milano, il dott. Fulvio Saggio,
chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in
conseguenza di un intervento di estrazione extracapsulare di

contestando, in particolare, al medico convenuto di avergli
impiantato il cristallino artificiale in camera anteriore
anziché posteriore, così da indurre irreversibili esiti di edema
cistoide e cheratopatia bollosa.
Il giudice di primo grado respinse la domanda, ritenendo
prudente e giustificata la scelta operatoria.
La corte di appello di Milano, investita del gravame proposto
dall’attore, lo rigettò a sua volta, con sentenza depositata il
17 gennaio 2007.
Per la cassazione di questa pronuncia Edgardo Rosenthal ha
proposto ricorso illustrato da 3 motivi di censura.
Resiste Fulvio Saggio con controricorso.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile.
Con il primo motivo,

si denuncia violazione o falsa applicazione

di norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.).
La censura è corredata dal seguente quesito di diritto
(formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile
ratione temporis, nel vigore del D.lgs. 40/2006):

3

cataratta all’occhio sinistro risalente all’anno 1985, e

Si domanda che si accerti che la decisione impugnata sia viziata
da violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, in
ragione dell’attribuzione dell’onere della prova relativo al
diligente adempimento della prestazione professionale in capo al
paziente appellante anziché in capo al medico.

inammissibile in rito.
Per una duplice, concorrente ragione.
La prima, costituita dalla totale omissione delle norme di legge
che si assumono violate, tanto nell’intestazione del motivo
quanto in seno al quesito di diritto come sopra riportato.
La seconda,

atteso che il quesito stesso risulta del tutto

inidoneo a soddisfare i requisiti di ammissibilità più volte
evidenziati da questa Corte, che ha già avuto più volte modo di
affermare come il quesito di diritto vada necessariamente
formulato, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in
termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica unitaria
della questione, con conseguente inammissibilità del motivo di
ricorso tanto se sorretto da un quesito la cui formulazione sia
del tutto inidonea a chiarire l’errore di diritto imputato alla
sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia
(Cass.

25-3-2009,

n.

7197),

quanto che sia destinato a

risolversi (Cass. 19-2-2009, n. 4044) nella generica richiesta
(quale quelle di specie) rivolta al giudice di legittimità di
stabilire se sia stata o meno violata

o disapplicata o

erroneamente applicata, in astratto, – una norma di legge, nella

4

Il motivo è, prima ancora che patentemente infondato nel merito,

specie neppure indicata. Il quesito deve, di converso, investire
ex se la ratio decidendi della sentenza impugnata, proponendone
una alternativa di segno opposto destinata ad una soluzione che,
pur trascendendo la fattispecie concreta sottoposta all’esame
del giudice di legittimità, ne dia specifico conto ed esaustiva

chiaramente specificato (Cass. ss. uu. 2-12-2008, n. 28536) che
deve ritenersi inammissibile per violazione dell’art. 366 bis
cod. proc. civ. il ricorso per cassazione nel quale
l’illustrazione dei singoli motivi sia accompagnata dalla
formulazione di un quesito di diritto che si risolve in una
tautologia o in un interrogativo circolare, che già presupponga
la risposta senza peraltro consentire un utile riferimento alla
fattispecie in esame. La corretta formulazione del quesito
esige, in definitiva (Cass. 19892/09), che il ricorrente
dapprima indichi in esso la fattispecie concreta,

poi

la

rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli,

in

forma interrogativa e non (sia pur implicitamente) assertiva, il
principio giuridico di cui si chiede l’affermazione; onde, va
ribadito (Cass. 19892/2007) l’inammissibilità del motivo di
ricorso il cui quesito si risolva (come nella specie) in una
generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di
legge denunziata nel motivo.
Con il secondo motivo,

si denuncia

omessa, insufficiente o

contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.).

5

esposizione: le stesse sezioni unite di questa corte hanno

Il motivo è inammissibile.
In tema di vizi di motivazione, va rammentato come la questione
della sintesi espositiva richiesta ex

lege

a fini di

ammissibilità della censura, da ritenersi necessaria per il
relativo esame, sia stato affrontata

funditus

dalle sezioni

ss.uu. 20603/07) l’esatta portata del sintagma “chiara
indicazione del fatto controverso” in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione
la renda inidonea a giustificare la decisione: si è così
affermato che la relativa censura deve contenere

un momento di

sintesi omologo del quesito di diritto (cd. “quesito di fatto)
– che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di
valutazione della sua ammissibilità.
Tale momento di sintesi, nella specie, risulta del tutto omesso,
nelle forme e nei termini contenutistici di cui sopra.
Inammissibile, infine, risulta il

terzo motivo di censura, che

lamenta un preteso malgoverno, da parte della Corte di merito,
del regime delle spese processuali, la cui disciplina risulta,
di converso, del tutto legittimamente applicata all’esito della
totale soccombenza dell’appellante.
La disciplina delle spese del giudizio di cassazione segue giusta il principio della soccombenza – come da dispositivo.
P.Q.M.

6

unite di questa Corte, che hanno all’uopo specificato (Cass.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,
che si liquidano in complessivi E.4200, di cui E. 200 per spese.

Così deciso in Roma, li 15.10.2013

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