Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 563 del 12/01/2017

Cassazione civile, sez. trib., 12/01/2017, (ud. 13/06/2016, dep.12/01/2017),  n. 563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. IZZO Fausto – rel. Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. CATENA Rossella – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 313/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI

67, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO CEFALONI, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 149/2010 della COMM. TRIB. REG. di ANCONA,

depositata il 12/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2016 dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato CEFALONI che ha chiesto

l’inammissibilità e il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. M.F., titolare dell’omonima salumeria corrente in Fabriano, impugnava l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, conseguente ad un PVC, con il quale per l’anno di imposta 2003 erano stati acclarati ricavi diversi da quelli dichiarati, pari ad Euro 115.982,00.

2. Con sentenza del 6/10/2006 la CTP di Ancona accoglieva il ricorso.

A seguito di appello dell’Ufficio, la CTR di Ancona confermava la pronuncia di primo grado con sentenza del 29/10/2010.

3. Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, lamentando:

3.1. La violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 36, per totale assenza della motivazione della sentenza di appello, la quale non era neanche chiaro se facesse rifermento per relationem a quella, altrettanto scarna, di primo grado.

Chiedeva pertanto che la sentenza impugnata fosse cassata.

4. Propone controricorso il M. esponendo:

4.1. La inammissibilità del ricorso per tardività, essendo stato proposto oltre il termine lungo previsto dall’art. 327 c.p.c..

4.2. La infondatezza della censura in diritto in quanto, in applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, il provvedimento impugnato rispettava la pretesa normativa della “succinta” motivazione.

Chiede pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso ed, in subordine, il rigetto.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla difesa del M. è infondata.

Va premesso che ai fini del computo del termine “lungo” per impugnare, va applicato l’art. 327 c.p.c., nel testo previgente alla riforma del 2009, in quanto la causa era già pendete al momento dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009. Tale termine è, pertanto, di un anno.

Ciò detto, va rilevato che la sentenza della CTR è stata depositata in segreteria in data 12/11/2010, pertanto il termine lungo per impugnare (di un anno, oltre 45 giorni di sospensione feriale), scadeva alla data del 28/12/2011.

Il ricorso, indirizzato dalla avvocatura dello stato al contribuente ed ai suoi difensori è stata consegnato alla posta in data 20/12/2011, quindi tempestivamente. Dopo un esito negativo della notifica per irreperibilità, il ricorso è stato successivamente notificato il 23/1/2012.

Orbene la prima notifica è stata effettuata al M. al domicilio eletto ed indicato nella intestazione della sentenza della CTR ((OMISSIS), presso i Dott.ri P.G. e S.A.). Pertanto l’impugnazione è stata utilmente proposta alla predetta data del 20/12/2011 e, quindi, è tempestiva.

Sul punto questa Corte di legittimità ha avuto modo di statuire che “In tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie”. In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva dichiarato inammissibile l’appello rinotificato – in seguito alla riattivazione del procedimento notificatorio effettuata, successivamente alla scadenza del termine lungo, dopo pochi giorni dalla conoscenza dell’esito negativo del primo, tempestivamente chiesto – presso il domicilio eletto dall’avvocato e dalla parte nel luogo sede dell’ufficio giudiziario, il cui cambiamento non era stato comunicato alla controparte (cfr. Sez. U., Sentenza n. 17352 del 24/07/2009, Rv. 609264).

2. In ordine alla censura formulata dall’Agenzia ricorrente relativa alla violazione di legge per la carenza assoluta di motivazione della sentenza della CTR, la doglianza è fondata.

Invero nella scarna pronuncia della Commissione Regionale, dopo una ricostruzione dell’iter del procedimento, dopo avere illustrato le ragioni delle parti, non si rinviene una compiuta analisi e risposta ai motivi di appello proposti dall’Ufficio, articolati con produzione documentale ed in relazione a cui il giudice di merito si trincera con argomentazione vaghe e non specifiche, con una motivazione che ben può definirsi meramente apparente ed idonea ad invalidare la sentenza.

Si impone per quanto detto la cassazione della pronuncia impugnata, con rinvio alla CTR Marche per nuovo giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. Marche, anche perchè provveda sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017

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