Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5629 del 12/03/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 5629 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso 5897-2008 proposto da:
SOLIMENE ANTONIO SLMNTN60C11L860J, SOLIMENE SILVIO
SLMSLV67S28L860U, elettivamente domiciliati in ROMA,
V. BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo studio
dell’avvocato RINALDI GALLICANI SIMONA, rappresentati
e difesi dall’avvocato MOBILIO GIANFRANCO giusta
delega in atti;
– ricorrenti contro

SENZA NOME S.R.L. (già B.I.C. SALERNO) 02976990651, in
persona del suo amministratore unico Dott. VINCENZO

1

Data pubblicazione: 12/03/2014

PARAVIA, elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA
VENEZIA 11, presso lo studio dell’avvocato PENNELLA
NICOLA, rappresentata e difesa dall’avvocato SPADAFORA
UMBERTO giusta delega in atti;
– controricorrente –

SALERNO, depositata il 29/11/2007, R.G.N. 2586/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/10/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato GIANFRANCO MOBILIO;
udito l’Avvocato NICOLA PENNELLA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

2

avverso la sentenza n. 2714/2007 del TRIBUNALE di

I FATTI
Nel marzo del 2005 i germani Solimene, Vincenzo Francesco e
Antonio, in qualità di eredi di Vincenzo Solimene, proposero
opposizione, dinanzi al giudice unico presso il tribunale di
Salerno, avverso l’atto di precetto contenente decreto di

Ricciardi”, emesso il 21.7.2004 nell’ambito di una procedura
esecutiva intrapresa nei loro confronti dalla B.I.C. s.r.1..
Esposero gli attori di aver intrapreso un’azione volta alla
declaratoria di nullità dell’indicato decreto, pronunciato
sull’erroneo presupposto che i relativi beni fossero di
proprietà della società C.M.V. e non di essi ricorrenti, giusta
atto per notar Zecca del 4.10.1965, specificando ancora che
altrettanto infondata doveva ritenersi l’azione esperita nei
loro confronti al fine di liberare il piazzale dell’immobile
oggetto del decreto di trasferimento, occupato da
un’autovettura e da un’imbarcazione, attesa la situazione di
comunione della relativa proprietà, ovvero, in subordine, di
servitù di passaggio in conformità ad un uso pluriennale.
Il giudice adito – premesso che le complesse questioni
proprietarie poste a base delle domande subordinate dei
Solimene risultava più propriamente oggetto di separati quanto
imprescindibili giudizio di cognizione – ritenne di poter
esaminare, quale unico motivo di opposizione ex art. 615
c.p.c., la questione dell’opponibilità ai predetti, terzi
estranei al giudizio conclusosi con l’emissione del decreto di

3

trasferimento del complesso immobiliare denominato “Vetreria

trasferimento, del titolo ottenuto dalla BIC, concludendo che i
germani opponenti non potevano vantare, in sede di procedimento
esecutivo, alcun diritto, reale o personale, da opporre
al’aggiudicatario di un bene rilasciatogli da parte degli
organi fallimentari che, fin dal 1994, ne avevano conseguito il

Non avendo proposto opposizione di terzo ai sensi dell’art. 619
c.p.c., ai Solimene non restava che esperire un’azione reale di
revindica per evitare il dispiegarsi degli effetti conseguenti
alla procedura esecutiva intrapresa dalla BIC.
La mancata prova in ordine alle ulteriori pretese

hinc et inde

vantate indusse, infine, il giudice di primo grado a rigettare
anche le ulteriori domande subordinate proposte da entrambe le
parti.
Per la cassazione di questa sentenza Antonio e Silvio Solimene
hanno proposto ricorso illustrato da 5 motivi di censura e da
memoria.
Resiste la srl Senza Nome (già BIC) con controricorso.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso non può essere accolto.
Con il primo motivo,

si denuncia

violazione e falsa

applicazione degli artt. 480, 586, 605 e 615 c.p.c., 2650 c.c.
con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c..
La censura

c orredta dal seguente quesito

(formulato ai sensi

dell’art.

366 117-AS

ratione temporis, nel vigore del D.lgs. 40/2006):

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di

diritto

Applicabilo

possesso.

Se, in presenza di soggetti che risultano titolari di diritti
reali sul bene oggetto dell’azione esecutiva intrapresa
dall’assegnatario di un lotto nell’ambito di una procedura
espropriativa immobiliare, rappresentato dallo stesso titolo di
provenienza indicato nel decreto di trasferimento, il decreto

opponibile al fini esecutivi in violazione del principio della
continuità delle trascrizioni..
Il motivo si conclude con la seguente proposizione: “I/

motivo

ha anche valenza ulteriore con riferimento alle omissioni e
contraddittorietà della decisione.
La complessa doglianza è in parte infondata, in parte
inammissibile.
Infondata, nella parte in cui si lamenta una pretesa
inopponibilità del decreto di trasferimento a soggetti terzi
titolari di diritti reali sul bene oggetto dell’azione
esecutiva, atteso che, con accertamento di fatto incensurabile
in questa sede dacché logicamente e congruamente motivato, il
giudice di merito ha affermato che gli odierni ricorrenti non

di trasferimento può essere ritenuto titolo valido ed

possono dirsi, in seno al processo esecutivo, titolari di alcun
diritto reale risultante da titolo negoziale trascritto in
epoca antecedente alla trascrizione del pignoramento, mentre,
come (ancora correttamente) rilevato dal tribunale di Salerno,
i diritti reali vantati dal terzo sul bene oggetto di
espropriazione forzata possono essere fatti valere in sede
petitoria promuovendo opposizione di terzo ovvero autonoma

5

“2

azione di rivendica (e ciò è a dirsi a prescindere dalla
evidente infondatezza

in iure dell’assunto secondo il quale i

beni oggetto del pignoramento non sarebbero appartenuti alla
società Ceramica Vietri, ma ai suoi soci, odierni ricorrenti).
Inammissibile nella parte in cui, lamentando una insanabile

tutto la necessaria sintesi espositiva del vizio denunciato.
Va, in proposito, rammentato come il tema della sintesi
necessaria per l’esame di una censura rappresentata ai sensi
dell’art. 360 n. 5 c.p.c. sia stato affrontato

funditus dalle

sezioni unite di questa Corte, che hanno all’uopo specificato
(Cass. ss.uu. 20603/07) l’esatta portata del sintagma “chiara
indicazione del fatto controverso” in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione
la renda inidonea a giustificare la decisione: si è, in
particolare, affermato che la relativa censura deve contenere
un momento di sintesi omologo del quesito di diritto (cd.
“quesito di fatto) – che ne circoscriva puntualmente i limiti,
in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.
Tale momento di sintesi risulta, nella specie, del tutto
omesso.
Con il. secondo motivo,

si denuncia

omessa e contraddittoria

valutazione di punti decisivi della controversia con
riferimento all’art. 360 n. 5 c.p.c. decisivo per il giudizio.

6

carenza motivazionale della sentenza impugnata, omette del

Con il terzo motivo,

si denuncia

omessa valutazione e

motivazione circa fatti controversi e decisivi ai fini della
decisione ex art. 360 n. 5 c.p.c.
Con il quarto motivo,

si denuncia

contraddittoria motivazione

circa un punto decisivo della controversia in riferimento

Con il quinto motivo,

si denuncia

omessa valutazione di punti

decisivi della controversia in riferimento all’art. 360 n. 5
c.p.c..
Tutti í motivi, prima ancora che patentemente infondati nel
merito – poiché volti a ridiscutere questioni di fatto già
esaminate e correttamente in diritto risolte dal giudice di
merito – sono patentemente inammissibili.
La denuncia di vizi motivazionali, difatti, non è in nessun
caso, ed in nessuno dei motivi in esame, corredata dalla
rappresentazione dell’indispensabile momento di sintesi
concretantesi nella formulazione del cd. quesito di fatto,
secondo i criteri già indicati in precedenza, nel corso
dell’esame del primo motivo di doglíanza.
Il ricorso va pertanto rigettato.
La disciplina delle spese segue – giusta il principio della
soccombenza – come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido
al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si
liquidano in complessivi E. 8200, di cui E. 200 per spese.

7

all’art. 360 c.p.c..

Così deciso in Roma, li 15.10.2013

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