Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5627 del 21/02/2022

Cassazione civile sez. un., 21/02/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 21/02/2022), n.5627

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 915/2020 proposto da:

AUTORITA’ DI REGOLAZIONE DEI TRASPORTI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., società soggetta alla direzione e

coordinamento di Ferrovie dello Stato Italiane s.p.a., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE LO PINTO, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati CARMINE PUNZI, FABIO CINTIOLI, ed ANTONIO PUNZI;

ITALO – NUOVO TRASPORTO VIAGGIATORI S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE QUATTRO FONTANE 161, presso lo studio dell’avvocato SANTE

RICCI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ERNESTO

STAJANO e GIULIANO BERRUTI;

– controricorrenti –

TRENITALIA S.P.A. – Società con socio unico soggetto alla direzione

e coordinamento di Ferrovie dello Stato Italiane s.p.a., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SAN NICOLA DA TOLENTINO 67, presso lo studio dell’avvocato

ALESSANDRO BOTTO, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati VALERIO MOSCA, DANIELE GERONZI e VITO AURICCHIO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

ASSOCIAZIONE FERCARGO – IMPRESE FERROVIARIE NEL TRASPORTO MERCI,

GRANDI STAZIONI RAIL S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6108/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 10/09/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/12/2021 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale Aggiunto Dott.

LUIGI SALVATO, il quale chiede che la Corte rigetti i ricorsi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – L’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) ha proposto ricorso per cassazione notificato il 23 dicembre 2019 nei confronti di Rete Ferroviaria Italiana SPA (RFI), Italo Nuovo Trasporto Viaggiatori SPA, Trenitalia SPA, Grandi Stazioni Rail SPA, RFI Rete Ferroviaria Italiana SPA quale soggetto incorporante per fusione di Centostazioni SPA, nonché nei confronti di Associazione Fercargo Imprese Ferroviarie nel Trasporto Merci, per la cassazione della sentenza resa inter partes dal Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 6108/2019, pubblicata il 10 settembre 2019 e notificata il 15 novembre 2019.

2. – Resiste con controricorso contenente ricorso incidentale, illustrato da memoria, Trenitalia s.p.a..

3. – Resistono altresì, con distinti controricorsi illustrati da memoria Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e Italo – Nuovo Trasporto Viaggiatori s.p.a..

4. – Il P.M. ha depositato conclusioni scritte con le quali chiede che si dichiari l’inammissibilità o quanto meno il rigetto del ricorso.

5. – La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale delle Sezioni Unite.

6. – Questa la vicenda processuale: RFI, gestore della infrastruttura ferroviaria nazionale, impugnava dinanzi al giudice amministrativo la Delib. n. 70 del 2014, emessa dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti, con la quale l’Autorità stessa aveva definito il canone per l’accesso e per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria in Alta Velocità/Alta Capacità per il periodo da novembre 2014 a tutto il 2015, sulla base della Direttiva 2001/14/CE, denunciando che i criteri di quantificazione indicati non avrebbero tenuto conto del costo di remunerazione del capitale investito (c.d. WACC, Weighted Average Cost of Capital).

Il ricorso veniva rigettato dal TAR Piemonte ma accolto dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 6108 del 2019 qui impugnata.

7. – Nella predetta sentenza il Giudice amministrativo premette, a fini di inquadramento generale, che in presenza di infrastrutture non replicabili il diritto pubblico impone al gestore della infrastruttura stessa l’obbligo di garantire l’accesso e l’utilizzo equo e non discriminatorio di essa da parte delle singole imprese utilizzatrici (nel caso di specie, imprese ferroviarie), a fronte della corresponsione di un canone il cui ammontare è regolato dal diritto Europeo e dalla relativa normativa nazionale di recepimento.

7. 1 – La sentenza impugnata ricostruisce le normative Europea ed italiana di riferimento ed afferma che dal complesso delle norme si deduce che, in via ordinaria, i canoni di accesso e di utilizzo dell’infrastruttura sono pari al costo di circolazione nel canale di accesso; possono tuttavia essere incluse componenti aggiuntive a copertura dei costi di investimento per specifici progetti; in questi casi l’Autorità di regolazione è chiamata a stabilire i criteri per la determinazione del canone di accesso finalizzati al recupero non solo dei costi diretti ma anche dei costi totali: tra questi costi, segnala il Consiglio di Stato che è di regola incluso anche il rendimento del capitale investito, come confermato dalla normativa Europea immediatamente successiva al periodo interessato e dalla normativa italiana di recepimento, il che consente ed anzi rende necessaria, ad avviso del Consiglio di Stato, una lettura retrospettiva e coerente con essa del materiale normativo previgente.

7.2 – La sentenza impugnata sottolinea poi che la stessa Autorità di Regolazione dei Trasporti, con la Delib. n. 96 del 2015, valevole per il periodo regolatorio immediatamente successivo, dal 2016 al 2021, ha incluso tra le voci tariffarie la remunerazione del capitale investito nell’infrastruttura AV/AC come componente necessaria del canone di pedaggio, senza però prevedere alcuna forma di recupero per l’anno 2015.

7. 3 – Il Consiglio di Stato accoglie quindi il terzo motivo di ricorso di RFI, dichiarando gli altri assorbiti, perché ritiene che, anche per l’anno 2015, alla luce del successivo adeguamento della normativa interna agli input Europei da interpretarsi come chiave di lettura anche della normativa previgente, vi fosse la necessità giuridica di includere il rendimento del capitale investito nell’ambito dei criteri e della quantificazione del canone di pedaggio da erogarsi da parte delle società che utilizzavano l’infrastruttura unica nazionale.

7.4 – Il giudice amministrativo annulla quindi la Delib. n. 70 del 2014, precisando, al punto 6.1. della sentenza impugnata, che dal carattere retroattivo dell’annullamento deriva l’obbligo conformativo per l’Autorità di colmare, ora per allora, il vuoto regolatorio determinatosi attraverso l’adozione di un atto tecnicamente retroattivo, attraverso il quale si rimuovano gli ostacoli che si frappongono alla effettiva realizzazione dell’interesse meritevole di tutela del ricorrente vittorioso, ricostruendo la pienezza della posizione giuridica lesa dall’atto annullato dal giudice. Prevede che a ciò dovrà provvedere l’ART. attraverso la rinnovazione del procedimento per il periodo dal 6 novembre 2014 al 31 dicembre 2015, mediante un’istruttoria che tenga conto dei principi affermati dalla sentenza, nell’ambito della quale dovrà essere consentita la partecipazione di tutti gli operatori interessati.

8. – L’Autorità Regolatrice dei Trasporti, nel proprio ricorso, segnala preliminarmente che la sentenza del Consiglio di Stato è stata già gravata da ricorso per revocazione sia da parte di Italo che dalla stessa ricorrente, e nel merito denuncia la violazione delle norme sulla giurisdizione per eccesso di potere giurisdizionale, essendo la pronuncia giurisdizionale intervenuta su un ambito che in base alla disciplina vigente ratione temporis, era riservato esclusivamente al regolatore indipendente. Evidenzia come dalla stessa sentenza impugnata emerga che l’obbligo di includere il costo di remunerazione del capitale investito nel perimetro dei costi ammissibili a fini tariffari sia sorto solo con il successivo D.Lgs. n. 112 del 2015, del quale il Consiglio di Stato ha dato e di fatto imposto una lettura retroattiva, invadendo la sfera discrezionale dell’ART, che comunque avrebbe medio tempore provveduto a remunerare il capitale investito, all’interno della diversa voce della “componente relativa al costo di gestione dell’infrastruttura”.

8.1 – Sostiene – e nello stesso senso argomenta il controricorrente Italo, il cui controricorso è adesivo alla posizione della ricorrente Autorità di Regolazione dei Trasporti – che la decisione del Consiglio di Stato, con ragionamento apparentemente imperniato sulla interpretazione delle norme di riferimento, celi in realtà un sindacato sostitutivo sulle scelte discrezionali a contenuto tecnico attribuite dalla legge all’ART. Segnala come presente nelle recenti decisioni del Consiglio di Stato una deriva espansiva, verso un controllo di attendibilità della soluzione tecnica fatta propria dalle Autorità indipendenti, non rispettosa dell’autonomia tecnica riservata alle Autorità stesse.

8.2 – La ricorrente ART sostiene altresì, richiamando alcuni precedenti di legittimità (da ultimo, Cass. n. 11929 del 2019) che la stessa Corte di Cassazione abbia in più occasioni evidenziato che non sia consentito al Consiglio di Stato un controllo “forte” sulle valutazioni tecniche opinabili, che si tradurrebbe nell’esercizio di un potere sostitutivo da parte del giudice amministrativo: non essendo il sindacato giurisdizionale sugli atti dell’Autorità garante esteso al merito, ciò implica che il giudice non possa sostituire con un proprio provvedimento quello adottato dall’Autorità indipendente.

8.3 – Afferma infine che, laddove ci sia un organo appositamente costituito con garanzie di indipendenza e delegato dal legislatore ad emanare norme tecniche finalizzate al raggiungimento di obiettivi particolarmente significativi quali l’apertura dei mercati alla concorrenza o la promozione dell’accesso equo e indiscriminato alle infrastrutture, gli atti che questo adotta, benché formalmente amministrativi, hanno natura sostanzialmente normativa, esprimendo scelte tecniche di politica regolatoria dei mercati che solo una struttura dotata di specifica competenza tecnica e di indipendenza può effettuare.

8.4 – Conclusivamente, sostiene che con l’annullamento della Delib. n. 70 del 2014, per mancata previsione del WACC, il Consiglio di Stato avrebbe violato i limiti della sua giurisdizione avendo posto a base dell’annullamento non una valutazione in ordine alla legittimità delle scelte regolatorie dell’Autorità ma un proprio giudizio di merito, sostituendo in tal modo la sentenza al provvedimento amministrativo laddove ha imposto alla Autorità l’obbligo di adottare un provvedimento già in parte predeterminato nel suo contenuto tecnico discrezionale.

9. – Nel proprio controricorso la Rete Ferroviaria Italiana SPA ricostruisce a sua volta la vicenda, precisando che con Delib. n. 16 del 2014, l’Autorità avviava un primo procedimento di regolazione avente ad oggetto il settore ferroviario, con successiva Delib. n. 24 del 2014, la stessa Autorità disponeva una consultazione su queste tematiche segnalando alcune potenziali criticità, che nell’ambito di questa fase interlocutoria Nuovi Treni Veloci ((OMISSIS)) aveva lamentato l’eccessiva onerosità del canone per l’utilizzo della rete AV/AC e chiedeva all’Autorità di adottare delle misure che non scoraggiassero l’ingresso di nuovi competitors. Su pressante invito dell’Autorità Regolatrice, la controricorrente RFI si prestava a una riduzione per alcuni anni del pedaggio sul presupposto che questa rimodulazione fosse temporanea e che intervenisse una previsione di successivo recupero dello sbilanciamento finanziario. Dopo le predette interlocuzioni, l’Autorità Regolatrice dei Trasporti adottava la Delib. n. 70 del 2014, che contrariamente alle attese arrivava al risultato finale della riduzione del canone senza contenere alcun riferimento né alla temporaneità della riduzione né al recupero dei minori ricavi da pedaggio generati da questa temporanea riduzione. La stessa Autorità prevedeva che i ricavi non percepiti non sarebbero stati recuperati neanche nel periodo successivo, non inserendo la voce relativa al costo degli investimenti tra quelle astrattamente considerabili ai fini del calcolo del pedaggio.

RFI conclude quindi chiedendo il rigetto del ricorso principale, e sottolineando che la normativa di riferimento dell’epoca dell’adozione del provvedimento impugnato prevedeva che il canone richiesto dal Gestore della Rete alle imprese ferroviarie fruitrici dovesse concorrere a ricoprire i costi sostenuti da RFI non diversamente remunerati, tra i quali la piena, integrale remunerazione, del capitale investito dal gestore dell’infrastruttura.

10. – Il controricorso di Trenitalia SPA, contenente anche ricorso incidentale, è adesivo al ricorso principale di ART: anch’esso ricostruisce il quadro normativo e regolatorio di riferimento alla stregua del quale il canone doveva essere parametrato ai cosiddetti costi di circolazione e cioè quelli sostenuti dal gestore in funzione dell’uso da parte delle imprese ferroviarie delle infrastrutture, mentre non possono essere inclusi nel piano i costi di investimento per la realizzazione dell’infrastruttura. Sostiene che il Consiglio di Stato abbia direttamente indicato alla ART. le modalità attraverso cui essa avrebbe dovuto rideterminare il pedaggio AV/AC per il periodo 2015 così da remunerare il capitale sociale del gestore dell’infrastruttura, in tal modo ingerendosi in un ambito di analisi riservato alla discrezionalità tecnica della ART. Conclude chiedendo anch’essa la cassazione della sentenza n. 6108/2019 del Consiglio di Stato, Sezione VI.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

11. – Il ricorso principale è inammissibile, come pure il ricorso incidentale di Trenitalia, integralmente adesivo. Nel proprio ricorso, l’Autorità Regolatrice dei Trasporti tratteggia le violazioni denunciate come consistenti nello sconfinamento nella sfera della diretta amministrazione e nella sfera normativa, atteso che l’Autorità stessa svolge funzioni paranormative. Non è configurabile l’eccesso di potere giurisdizionale nei ristretti limiti attualmente previsti.

Come più volte recentemente affermato da questa Corte, l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile a carico del giudice amministrativo in relazione al sindacato di legittimità esercitato sugli atti delle Autorità indipendenti è configurabile solo quando l’indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia stata strumentale a una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima una volontà dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’amministrazione, nel senso che, procedendo ad un sindacato di merito, si estrinsechi in una pronunzia autoesecutiva, intendendosi per tale quella che abbia il contenuto sostanziale e l’esecutorietà stessa del provvedimento sostituito, senza salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa (Cass., Sez. Un., n. 9443 del 2011; Cass., Sez. Un., n. 20360 del 2013; Cass. n. 19017 del 2019).

11.1 – Si è a questo proposito affermato, anche nella giurisprudenza amministrativa, che al giudice amministrativo spetta il controllo sul corretto esercizio della discrezionalità tecnica, senza che ciò comporti una invasione della sfera del merito amministrativo. Ciò che compete al g.a. è vagliare la correttezza dei criteri giuridici, la logicità e la coerenza del ragionamento, e l’adeguatezza della motivazione con cui l’amministrazione ha supportato le proprie valutazioni tecniche, anche con riguardo al parametro della ragionevolezza, salvo non includano valutazioni ed apprezzamenti che presentino un oggettivo margine di opinabilità, nel qual caso il sindacato è limitato alla verifica della non esorbitanza dai suddetti margini di opinabilità, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell’Autorità Garante (da ultimo, Cass. n. 31311 del 2021) purché ciò non trasmodi in un sindacato giudiziale sostitutivo.

11.2 – Nel caso di specie, tale illegittima sostituzione non si è verificata, pur tenendo in conto i profili specifici dell’attività delle Autorità indipendenti, alle quali è attribuito l’esercizio di una attività di regolazione e di un ampio potere, connotato da un elevato tasso di discrezionalità tecnica.

11.3 – Il Consiglio di Stato nel provvedimento impugnato ha dato una diversa interpretazione del contesto normativo di riferimento, indicando che, alla luce di tale interpretazione, dovesse ritenersi essere sempre compresa nella determinazione dei canoni anche la piena remunerazione del capitale investito, alla luce di un’interpretazione complessiva della normativa interna ed Europea, e ha annullato il provvedimento dell’Autorità indipendente perché non prevedeva tale remunerazione, rimettendo le parti dinanzi all’Autorità affinché essa individuasse e determinasse il criterio di remunerazione del capitale, autonomamente, attraverso la rinnovazione del procedimento. Come osservato dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni, la pronuncia evidenzia che i successivi provvedimenti (normativi e dell’Autorità regolatrice) hanno disvelato l’effettivo significato della normativa applicabile ratione temporis, portando alla luce un significato precettivo ritenuto già interamente esistente nelle previgenti disposizioni.

11.4 – Il motivo di ricorso si traduce in una critica del percorso decisorio del Consiglio di Stato, che ricostruisce l’inquadramento normativo della fattispecie per arrivare alle sue conclusioni: anche se esse dovessero ritenersi errate, ciò si risolverebbe in un mero errore in giudicando, non sindacabile dinanzi a questa Corte. Il controllo delle Sezioni Unite ha ad oggetto esclusivamente la verifica dell’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione e non si estende ad asserite violazioni di legge sostanziale o processuale, concernenti entrambe il modo di esercizio della giurisdizione speciale, neanche qualora si sia in presenza di sentenze “anomale” o “abnormi”, o perfino di uno stravolgimento radicale delle norme di riferimento (secondo l’indicazione contenuta in Corte Cost. n. 6 del 2018, condivisa e ripresa da questa Corte, da ultimo, con Cass. S.U. n. 24843, n. 19244, n. 17330 e n. 2605 del 2021).

Il ricorso principale va pertanto dichiarato inammissibile, come pure il ricorso incidentale Trenitalia.

Le spese seguono la soccombenza nei rapporti tra la ricorrente e RFI s.p.a., e si liquidano come al dispositivo; in ragione della sostanziale coincidenza delle tesi difensive propugnate dalla ricorrente principale, da Trenitalia s.p.a. e da Italo – Nuovo Trasposto Viaggiatori s.p.a., le spese di lite tra queste parti possono essere compensate.

Essendo la ricorrente Autorità esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

Quanto alla ricorrente incidentale Trenitalia, atteso che il ricorso incidentale è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e che la ricorrente incidentale risulta soccombente, è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e l’incidentale. Pone a carico della ricorrente Autorità di Regolazione dei Trasporti le spese di giudizio sostenute dalla controricorrente RFI Italia s.p.a., che liquida in complessivi Euro 10.0000,00, oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.

Compensa le spese di lite tra la ricorrente e la controricorrente nonché ricorrente incidentale Trenitalia s.p.a. e tra la ricorrente e la controricorrente Italo – Nuovo Trasporto Viaggiatori s.p.a..

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente incidentale Trenitalia di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022

 

 

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