Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5622 del 08/03/2010

Cassazione civile sez. II, 08/03/2010, (ud. 12/11/2009, dep. 08/03/2010), n.5622

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

V.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARTELLI ROBERTO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AUTOPRIMA SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 93/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

29/9/06, depositata il 19/1/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. D’ASCOLA Pasquale;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. PRATIS Pierfelice.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il tribunale di Torino l’11 agosto 2004 accoglieva la domanda proposta da V.A. avverso la srl Autoprima, volta alla declaratoria di inadempimento della convenuta al contratto di compravendita di un furgone usato e dotato di accessori particolari, con restituzione della caparra versata dall’attore. La srl Autoprima, che aveva resistito allegando l’ingiustificato recesso del compratore e aveva svolto riconvenzionale, chiedeva di potere trattenere la caparra ricevuta. La Corte d’appello piemontese con sentenza del 19 gennaio 2007 riformava la sentenza di primo grado e accoglieva la domanda riconvenzionale. Riteneva che fosse stato inadempiente il compratore, che aveva chiesto le modifiche del furgone, ma aveva rifiutato di dare esecuzione al contratto e di accettare le inevitabili modifiche del prezzo originariamente pattuito.

V.A. ha proposto ricorso per Cassazione, tempestivamente notificato nel marzo 2008; la societa’ venditrice e’ rimasta intimata. Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Nessuna delle parti ha depositato memoria.

Preliminarmente va rilevato che il difensore del ricorrente ha chiesto notifica degli atti a mezzo fax. La cancelleria ha predisposto ed eseguito notifica presso la cancelleria stessa dell’avviso di udienza e della relazione ex art. 380 bis c.p.c. nonche’ comunicazione ex art. 135 disp att. c.p.c.. Giova chiarire che secondo la giurisprudenza affermatasi, “Nel procedimento dinanzi alla Corte di cassazione in cui il ricorrente (come nella specie) non abbia eletto domicilio in Roma, la notifica dell’avviso di udienza al difensore, ai sensi dell’art. 377 c.p.c., deve essere effettuata e si perfeziona con il deposito dell’avviso stesso presso la cancelleria della medesima Corte, cosi’ realizzandosi compiutamente il diritto di difesa della parte, mentre l’invio di copia dell’avviso al difensore, ai sensi dell’art. 135 disp, att. c.p.c., come sostituito dalla L. 7 febbraio 1979, n. 59, art. 4 svolge una funzione meramente informativa, e non costitutiva, ponendosi su un piano funzionale equivalente a quello della notizia che il domiciliatario e’ tenuto a trasmettere al domiciliato dell’avviso di udienza pervenutogli. Il suddetto principio trova applicazione anche nell’ipotesi della notificazione delle conclusioni del P.M., nei casi e a norma dell’art. 380 bis c.p.c., comma 3, qualora, dopo la rituale notificazione in cancelleria al procuratore che non abbia eletto domicilio in Roma, gli sia inviato avviso postale” (Cass. 6.9.2007 n. 18721)”. Tale principio vale anche dopo la modifica dell’art. 366 c.p.c. dovuta al D.Lgs. n. 40 del 2006, che ha previsto la sola possibilita’ che la cancelleria effettui la comunicazione a mezzo fax, se richiesta dalla parte.

Il ricorso risulta inammissibile. La parte ha esposto due censure:

difetto di motivazione e violazione di norme di diritto sull’onere della prova. Ha formulato i seguenti “quesiti” : 1) “se non sia vero che nell’interpretazione della volonta’ delle parti nell’ambito di un contratto si debba fare riferimento a quanto risultante dal contratto stesso”. 2) “se non sia vero che e’ onere della parte che assume essere intervenuta una modifica al contratto preliminare tra le parti intervenuto (con forma scritta) fornire la prova di tali dedotte nuove pattuizioni”.

Non vi e’ specifica indicazione del fatto controverso relativa al vizio di motivazione, evidentemente denominato “quesito” e riferito al testo riportato sub 1.

Come ha rilevato la relazione, il ricorrente avrebbe pero’ dovuto denunciare la violazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e segg. e trascrivere, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, il testo integrale delle clausole contrattuali a suo avviso male interpretate o comunque su cui sarebbe caduto il vizio di motivazione. Il continuo richiamo agli atti processuali e ai documenti processuali rende evidente, come ha osservato il relatore, che il ricorso si risolve in una inammissibile richiesta di riesame del merito della controversia, riesame precluso al giudice di legittimita’. Il secondo quesito si risolve in una richiesta generica di riaffermazione del principio dell’onere della prova, senza alcun riferimento al caso concreto, ne’ l’individuazione del criterio di giudizio seguito e della pertinente censura (v. Cass. 4044/09). Secondo le SS UU pero’: “Il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., in termini tali da costituire una sintesi logico – giuridica della questione, cosi’ da consentire al giudice di legittimita’ di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che e’ inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366 bis c.p.c., si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneita’ a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie” (26020/08). Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso.

Al rigetto del ricorso non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attivita’ difensiva dell’intimata.

PQM

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010

 

 

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