Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5619 del 21/02/2022
Cassazione civile sez. VI, 21/02/2022, (ud. 14/01/2022, dep. 21/02/2022), n.5619
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15820-2020 proposto da:
V.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato GAETANO CRISAFI;
– ricorrente –
contro
G.G., domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA D’ARBOREA 38,
presso lo studio dell’avvocato SIMONA TORRINI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato NUCCIA FIGATTI;
– controricorrente –
avverso il decreto n. cronol. 669/2020 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositato il 14/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 14/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO
PIETRO LAMORGESE.
Fatto
FATTI DI CAUSA
V.A. propone ricorso avverso il decreto della Corte d’appello di Venezia che, in data 14 gennaio 2020, aveva rigettato il reclamo avverso la decisione del Tribunale di Vicenza di rigetto della sua richiesta (con ricorso in data 8 marzo 2109) di eliminazione o riduzione dell’assegno divorzile di Euro 2000,00 mensili, riconosciuto all’ex coniuge G.G..
La Corte ha escluso la sopravvenienza di fatti idonei a giustificare la revisione delle condizioni di divorzio da ultimo fissate con decreto della stessa Corte in data 18 febbraio 2013 in sede di revisione. Il reddito dichiarato dal V. nel 2019 era adeguato e leggermente aumentato, mentre la G. non svolge attività lavorativa, ha settant’anni, non ha altre fonti di reddito e non è proprietaria di immobili capaci di produrre redditi.
La G. resiste con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 898 del 1970, art. 9, e vizio di motivazione su fatto decisivo della controversia, per avere ritenuto indimostrato il lamentato peggioramento della propria situazione patrimoniale, determinato dalla diminuzione dei propri redditi a far data dal 2015, che avrebbe determinato l’alterazione dell’equilibrio economico preso in considerazione nel decreto del 18 febbraio 2013 determinativo dell’assegno nell’attuale entità. Egli sostiene di godere attualmente della pensione come unica fonte di reddito e di non svolgere più l’attività di consulenza che gli aveva consentito di beneficiare (pur essendo già in pensione) di introiti aggiuntivi fino al 2015, ciò che aveva consentito in sede di revisione l’iniziale incremento dell’assegno da Euro 1000,00 (nel 2006) a Euro 2800,00 (come da decreto del Tribunale Vicenza 18 ottobre 2012), poi ridotto a Euro 2000,00.
Il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 898 del 1970, artt. 5 e 9, e vizio di motivazione su fatto decisivo della controversia, per non avere considerato che la misura dell’assegno di Euro 2000,00 era stata parametrata nel 2013 sul reddito mensile di circa Euro 19500,00 percepito negli anni 2008-2009 fino al 2012, reddito che attualmente è ben più modesto e costituito solo dalla pensione.
Il terzo motivo denuncia violazione dei medesimi parametri suindicati e totale assenza di motivazione nel calcolo della pensione effettuato dalla Corte (in Euro 8518,00), senza detrarre le imposte indicate nella dichiarazione, ammontando la pensione invece ad Euro 6700,00 sino a settembre 2019 e a Euro 6275,82 da ottobre 2019.
I suddetti motivi devono essere esaminati congiuntamente e sono fondati nei seguenti termini.
Il compito del giudice di merito, nell’ambito di un giudizio di revisione delle condizioni di divorzio, non è quello di operare un nuovo giudizio sulla spettanza e quantificazione dell’assegno, alla luce dei criteri di cui alla L. del 1970, art. 6, comma 5, come modificata dalla L. n. 87 del 1987, ma di verificare se i fatti sopravvenuti alla sentenza di divorzio o ai provvedimenti modificativi già adottati, essendo indicativi del peggioramento delle condizioni patrimoniali dell’obbligato o del miglioramento di quelle dell’ex coniuge beneficiario, integrino “giusti motivi” idonei a giustificare la revisione delle condizioni di divorzio, L. n. 898 del 1970, ex art. 9, comma 1, e ciò all’esito del confronto tra le condizioni di allora (all’epoca del provvedimento che fissò le condizioni che si vorrebbe modificare) e quelle sopravvenute.
Nella specie, l’affermazione della Corte veneziana, secondo cui “non sia stata dimostrata alcuna circostanza di fatto sopravvenuta, tale da giustificare una significativa revisione del regime in atto”, avrebbe richiesto una specifica ricognizione delle condizioni patrimoniali dell’obbligato all’attualità, da porre a confronto con quelle esistenti nel febbraio 2013 per come valutate nel decreto di revisione che lo aveva determinato nell’importo di Euro 2000,00. Ed invece, la Corte si è limitata a riferire del rilevante imponibile dichiarato dal V. nell’anno 2019 (la pensione percepita nello stesso anno sarebbe di importo superiore a quello indicato da reclamante), impropriamente comparandolo a quello risultante dalla dichiarazione dei redditi del 2017, senza operare il necessario confronto con le condizioni (neppure indicate nella sentenza) poste a fondamento nel 2013 della quantificazione dell’assegno nella misura contestata di Euro 2000,00.
Indicativo dell’errore prospettico in cui è incorsa la Corte è l’accento prevalente sulle condizioni di vita ed economiche della G. (persona settantenne e priva di altre fonti di reddito, ecc.) che giustificherebbero l’attribuzione dell’assegno in quell’importo, alla luce dei criteri di cui alla L. del 1970, art. 5, comma 6, senza considerare che l’oggetto del giudizio è la verifica della sopravvenienza di giusti motivi per la revisione delle condizioni di divorzio, all’esito del confronto tra le condizioni di uno dei (o di entrambi i) coniugi all’attualità rispetto a quelle esistenti all’epoca in cui l’assegno è stato attribuito e determinato. Ne è seguita una falsa applicazione del parametro normativo che imponeva alla Corte di valutare se le pur (in ipotesi) adeguate condizioni reddituali dell’obbligato all’attualità fossero tuttavia meno elevate di quelle godute fino al 2013 e, di conseguenza, se sussistessero “giusti motivi” per disporre la revisione dell’assetto economico post-divorzile, dovendosi valutare la sostenibilità dell’assegno in essere da parte dell’obbligato all’attualità.
La sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso, è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Venezia per un nuovo esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati.
Oscuramento dei dati personali.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022