Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5616 del 08/03/2010

Cassazione civile sez. II, 08/03/2010, (ud. 30/09/2009, dep. 08/03/2010), n.5616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 29886/2007 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 197,

presso lo studio dell’avvocato MEZZETTI Mauro, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato NOBILI FRANCO, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CI.LI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRATELLI

RUSPOLI 2, presso lo studio dell’avvocato ALBANESE Mario, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BARTOLETTI GIOVANNI,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1737/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

3/10/06, depositata il 30/10/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/09/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. CARLO DE CHIARA;

è presente il P.G. in persona del Dott. PASQUALE PAOLO MARIA

CICCOLO.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

che con la sentenza oggetto di ricorso la Corte di appello ha respinto il gravame dell’attuale ricorrente avverso la sentenza di primo grado con cui gli era stata negata la manutenzione, nei confronti dell’attuale controricorrente, del possesso di una corte comune;

che il ricorso contiene due motivi: il primo con cui, denunciando violazione dell’art. 1170 c.c., si sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, l’impedimento, anche provvisorio, di uno dei due accessi alla corte suddetta costituiva molestia rilevante agli effetti della norma invocata; il secondo con cui, denunciando violazione dell’art. 246 c.p.c., si lamenta la mancata ammissione della testimonianza dei conduttori di appartamenti serviti dalla corte di cui trattasi, e si contesta l’inammissibilità della loro testimonianza, affermata invece dai giudici di merito sul rilievo del loro interesse nel giudizio, osservando che la legittimazione attiva dei conduttori era da escludersi in quanto veniva ipotizzata una molestia di diritto;

che il Consigliere relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c., in cui conclude per la manifesta infondatezza di entrambi i motivi di ricorso: il primo perchè basato su un presupposto di fatto – ossia che l’altro accesso alla corte fosse stato chiuso dalla controparte – non risultante dalla sentenza; il secondo perchè l’invocata assunzione come testi dei conduttori degli appartamenti insistenti sulla corte sarebbe stata inammissibile in quanto i predetti conduttori avrebbero potuto essi stessi promuovere il giudizio possessorio, e comunque perchè la mancata indicazione delle circostanze su cui i testi avrebbero dovuto deporre impedisce ogni valutazione sulla decisività della censura;

che la relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti;

che il solo ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il primo motivo di ricorso è inammissibile, dato che nella sentenza impugnata si afferma non la sussistenza dell’indicato impedimento, ma, al contrario, la mancanza di prova dello stesso, onde corretto è il rilevo in proposito svolto nella relazione ex art. 380 bis c.p.c.;

che il secondo motivo è del pari inammissibile, per genericità, non essendo indicate le specifiche circostanze su cui i testi avrebbero dovuto essere sentiti, come pure rilevato nella richiamata relazione;

che alle considerazioni appena svolte nulla oppone la memoria del ricorrente, che in buona sostanza si limita a ribadire le doglianze formulate con il ricorso, peraltro indugiando anche in valutazioni di puro merito;

che il ricorso va pertanto respinto; che le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010

 

 

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