Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5614 del 11/03/2014


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 5614 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: TRIOLA ROBERTO MICHELE

ORDINANZA

sul ricorso 9336-2013 proposto da:
SCARSO

GINA

SCRGNI43A41D325U,

elettivamente

domiciliata in ROMA, V.LE ANGELICO 103, presso lo
studio dell’avvocato LETIZIA MASSIMO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato FURLANI
ALBERTO;
– ricorrente contro

2014
382

BETTIN BIANCA C.F.BTTBNC22T53I965H, BRUSEGAN FIORENZA
C.F.BRSFNZ54A66D325N,
C.F.BRSGPP48L45D325M,

BRUSEGAN

GIUSEPPINA

elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA FRANCESCO STACCI, 38, presso lo studio
dell’avvocato GIUSSANI ALESSANDRO, rappresentati e

Data pubblicazione: 11/03/2014

difesi dall’avvocato BOLDRIN PAOLO;
– controri correnti nonchè contro

SCARSO DORA, SCARSO ASSUERO;
– intimati –

DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 08/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 04/02/2014 dal Presidente Relatore Dott.
ROBERTO MICHELE TRIOLA.

avverso la sentenza n. 7011/2012 della CORTE SUPREMA

Svolgimento del processo
Con sentenza in data 8 maggio 2012 n. 7011 questa
S.C. rigettava il ricorso proposto da Gina Scarso

Venezia in data 26 marzo 2010 che aveva definito un
giudizio di regolamento di confini dalla stessa
instaurato davanti il Tribunale di Venezia, sezione
distaccata di Dolo, nei confronti di Lino Brusegan
(proseguito successivamente nei confronti delle
eredi: Bianca Bettin, Fiorenza Brusegan e
Giuseppina Brusegan), Dora Scarso ed Assuero
Scarso, così motivando:
Con il primo motivo viene denunciato il vizio di
motivazione – assunta, ad un tempo, come “erronea
carente, contraddittoria ed assente” – in merito al
mancato accoglimento delle istanze istruttorie; con
il secondo motivo si censura la sentenza per
“violazione di legge e falsa applicazione di norme
di diritto, omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione” dolendosi del mancato rinnovo
dell’assunzione di
dell’erronea

una

testimonianza,

verbalizzazione

delle

nonché
proprie

dichiarazioni e della non ammissione di consulenza

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contro la sentenza della Corte di appello di

descrittiva dello stato del luoghi.
Entrambi i motivi non rispettano la struttura delle
censure scrutinabill in sede di legittimità e
quindi vanno dichiarati inammissibili atteso che:
in violazione dell’art. 366 n. 3 cpc manca

specifico riferimento al motivi della decisione
della Corte di appello – di cui pure si lamenta,
nel secondo mezzo, la sostanziale ultrapetizione
rispetto alle domande delle parti -; in spregio
dell’art. 366 n. 4 cpc difetta l’indicazione delle
norme che si assumono violate; in deroga al
principio dell’autosufficienza del ricorso non
vengono riportate le deposizioni che si ritengono
non conformi alla realtà processuale; le censure
relative al vizi della motivazione si concretano
poi nella diversa valutazione delle prove rispetto
a quella operata dal giudice dell’appello, non
sottoponendo dunque a sindacato il processo logico
seguito dalla Corte distrettuale per giungere alla
impugnata decisione, secondo il paradigma delineato
dall’art. 360, I coma, n. 5 cpc, così introducendo
una critica di merito non consentita in questa
sede.
Contro tale decisione ha proposto ricorso per

4

l’esposizione sommaria dei fatti di causa, con

revocazione ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc.
civ. Gina Scarso, deducendo testualmente:
quanto dichiarato dalla Corte al punto
suindicato è frutto di palese errore poiché basta
scorrere l’atto di ricorso per constatare che la

correttamente articolata. Difatti il ricorso dopo
l’introduzione con le parti a pagina 1 indicava il
“FATTO” come di seguito:
“FATTO

Con atto di citazione del 09/10/01 la ricorrente
conveniva in giudizio i signori Bettin e Brusegan
suoi confinanti di un immobile sito nel Comune di
Dolo asserendo che gli stessi avevano abbattuto dei
paletti di confine eliminando una siepe dello
stesso ed abbattendo alberi di una recinzione
spostando così di un metro circa il confine e ciò
per una lunghezza di 48 metri presumibilmente per
la necessità di ottenere una maggior volumetria
nella edificanda ristrutturazione del loro immobile
confinante. Si costituivano in causa i convenuti
chiedendo il rigetto della domanda. Venivano
sentiti alcuni testimoni sia dall’una che
dall’altra parte nonché venivano sentite le parti
personalmente in interpello.”

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sommaria esposizione del fatti era stata

Seguiva quindi l’accennata reiezione della domanda
d’appello ed ancora quindi i motivi di ricorso
avverso la summenzionata sentenza.
Tale sommaria esposizione poi trovava nei motivi
specifico riferimento in quanto si dibatteva

argomentando sulla mancata ammissione dei testi. Ne
consegue che la Corte avrebbe dovuto entrare nel
merito del ricorso stesso e non limitarsi alla sua
reiezione come detto per quanto attiene la mancanza
della sommaria esposizione del fatti di causa.

E’

altresì errata la considerazione relativa al
difetto dell’indicazione delle norme che si
assumono violate in quanto il richiamo al 366 bis
indicato al punto 4 dell’art. 366, deve ritenersi
ormai superato a seguito dell’abrogazione dello
stesso ad opera dell’art. 47 c.i., L. 69/09. Ad
abundantiam riteniamo che i richiami ben precisi
alle circostanze evidenziate in ricorso erano tali
da considerare tra l’altro pacifica la richiesta
processuale esposta nel ricorso stesso. Riteniamo
assolutamente assorbente il richiamo al n. 4 del
395 poiché l’errore di fatto risulta palese dagli
atti di causa. Secondo dottrina e giurisprudenza,
la norma si riferisce ad un errore materiale e non

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ampiamente proprio sullo spostamento della siepe

di giudizio, fondato su una grossolana discordanza
tra le affermazioni contenute nella sentenza e le
risultanze del fascicolo processuale.
Rilevato:
nella sentenza impugnata la violazione dell’art.

totale mancata esposizione dei fatti di causa”, ma
alla mancata specifica esposizione della
motivazione della sentenza della Corte di appello
di cui si lamentava, nel secondo motivo, la
sostanziale ultrapetizione rispetto alle domande
delle parti; tale affermazione, se errata,
attenendo ad una valutazione, non configurerebbe
un errore di fatto;
la eventuale errata affermazione della necessità
della indicazione delle norme che si assumono
violate, comporterebbe un errore di diritto e non
un errore di fatto;
è del tutto incomprensibile la deduzione

Ad

abundantiam riteniamo che i richiami ben precisi
alle circostanze evidenziate in ricorso erano tali
da considerare tra l’altro pacifica la richiesta
processuale esposta nel ricorso stesso;
anche volendo in ipotesi ammettere un errore di
fatto, la ricorrente difetterebbe comunque di

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366 n. 3 cod. proc. civ. è riferita non ad una

interesse a farlo valere, essendo stato il ricorso
rigettato per plurime ragioni concorrenti,non
censurate e non censurabili con istanza di
revocazione

(le censure relative ai vizi della

motivazione si concretano poi nella diversa

dal giudice dell’appello, non sottoponendo dunque a
sindacato il processo logico seguito dalla Corte
distrettuale per giungere alla impugnata decisione,
secondo il paradigma delineato dall’art. 360, I
comma, n. 5 cpc, così introducendo una critica di
merito non consentita in questa sede).
P.Q.M.
si ritiene che sussistono le condizioni per
dichiarare inammissibile l’istanza di revocazione.
Roma, 24 novembre 2013
Bianca Bettin,

Fiorenza Brusegan, Giuseppina

Brusegan hanno resistito con controricorso.
All’esito

camera di

dell’odierna

consiglio,

ritiene il collegio di condividere le
argomentazioni della relazione

ex

380

bis

cod.

proc. civ., per cui il ricorso va dichiarato
inammissibile, con condanna della ricorrente al
pagamento delle spese di questa fase di giudizio,
che si liquidano come da dispositivo.

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valutazione delle prove rispetto a quella operata

à

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese,
che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui
euro 200,00 per esborsi.

Roma, 4 febbraio 2014

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