Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5614 del 08/03/2010

Cassazione civile sez. II, 08/03/2010, (ud. 30/09/2009, dep. 08/03/2010), n.5614

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6129/2008 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO

14, presso lo studio dell’avvocato BERTOLANI Diego, che lo

rappresenta e difende, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 117/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

12/07/06, depositata l’11/01/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/09/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Bertolani Diego, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti insistendo per l’accoglimento del ricorso;

è presente il P.G. in persona del Dott. PASQUALE PAOLO MARIA CICCOLO

che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte d’appello di Roma con sentenza dell’11 gennaio 2007 ha respinto la domanda proposta da R.G. avverso C. A., volta a conseguire “sentenza costitutiva in relazione al contratto preliminare” di cui alle scritture private del (OMISSIS), concernente un appezzamento di terreno con soprastante fabbricato sito in (OMISSIS). La Corte territoriale ha confermato sul punto la decisione di primo grado, ma ha riformato quest’ultima con riferimento alla domanda riconvenzionale spiegata dal C. per ottenere la risoluzione del contratto e la condanna al rilascio dell’immobile, domande dichiarate inammissibili.

R. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 25 febbraio 2008. C. è rimasto intimato.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio. La relazione ex art 380 bis epe è stata comunicata al ricorrente. Come rilevato dal consigliere relatore, secondo e terzo motivo di ricorso sono inammissibili perchè non è presente la formulazione del quesito di diritto previsto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 bis c.p.c., che prescrive che il quesito concluda l’illustrazione di ciascun motivo nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) r e 4). Il secondo motivo rientra nell’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè denuncia violazione della L. n. 47 del 1985, art. 18, comma 2. Il terzo motivo denuncia in rubrica “erronea individuazione della normativa applicabile al caso de quo” e si sofferma sulla disposizione che consente la possibilità di sanare gli atti traslativi viziati secondo le disposizioni di cui alla L. n. 47 del 1985 e sull’ambito di applicazione di essa. Non è tuttavia in alcun modo articolato uno specifico quesito contenente la sintesi della fattispecie, la individuazione del principio di diritto applicato e la critica di esso.

Quanto al primo motivo, che è sviluppato molto più brevemente e reca in rubrica “erronea motivazione della sentenza”, è da ricondurre alla censura di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. Come osservato nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., le Sezioni Unite (SU n. 20603/07; Cass 4309/08; 16528/08) hanno chiarito che la censura ex art. 360 c.p.c., n. 5, deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. Tale specificazione è del tutto assente.

In ogni caso il motivo appare formulato incongruamente: in primo luogo vi sì legge il rilievo che parte convenuta non avrebbe dedotto con specifiche eccezioni le circostanze valorizzate dalla Corte d’appello per respingere la domanda (mancata determinazione del prezzo e mancanza di seria offerta di pagamento), rilievo che doveva tradursi in denuncia di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 4. Il motivo espone poi il mancato risalto dato a una lettera spedita dal R., di cui però, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non si trascrive il testo nel corpo del ricorso, impedendo quindi alla Corte di apprezzare la decisività della risultanza asseritamente valutata in nodo inadeguato (cfr Cass 11886/06; 8960/06; 7610/06). Altrettanto vale per l’ultimo rilievo, concernente elementi che emergerebbero dalle difese svolte dal C. in primo grado. Nell’uno e nell’altro caso, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio per l’esame delle censure sulla motivazione, il difetto di autosufficienza rende inammissibile il motivo.

La mancata “determinazione in citazione dell’importo ancora dovuto” si traduce in un vizio d’indeterminatezza della domanda proposta ex art. 2932 c.c., comma 2, al pari della “mancata seria offerta di pagamento” che, a parte le altre considerazioni, non può aver luogo senza l’indicazione del quantum nè può desumersi da comportamenti antecedenti alla proposizione della domanda, ma deve essere espressamente manifestata nell’atto introduttivo, ove il termine d’adempimento sia già scaduto, od in corso di giudizio sempre nella completezza dei suoi elementi costitutivi. In ogni caso, trattavasi di violazioni dell’art 2932 c.c. (e non di vizio di motivazione) per le quali necessitavano separati autonomi specifici quesiti.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso senza la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 30 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010

 

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