Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5612 del 08/03/2010

Cassazione civile sez. I, 08/03/2010, (ud. 26/11/2009, dep. 08/03/2010), n.5612

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.T. – elettivamente domiciliato in ROMA, via

Ottaviano 9, presso lo studio dell’avv. Pungi Graziano, dal quale e’

rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore –

Questore di Trapani – domiciliati ex lege in Roma, via dei

Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, dalla quale

e’ rappresentato e difeso;

– controricorrenti –

avverso il decreto del Giudice di pace di Trapani del 5 novembre

2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

26 novembre 2009 dal Consigliere Dott. SALVATO Luigi;

P.M., S.P.G. Dott. PIVETTI Marco.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il Giudice di pace di Trapani, con “ordinanza” del 5 novembre 2007, rigettava il ricorso proposto da B.T. avverso il “decreto di respingimento” del Questore di Trapani, adottato ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10, nei confronti del predetto, “subito dopo” uno sbarco clandestino nell’isola di (OMISSIS).

Per la cassazione di detto provvedimento ha proposto ricorso B.T., affidato ad un motivo; hanno resistito con controricorso il Ministero dell’interno ed il Questore di Trapani.

Ritenute sussistenti le condizioni per la decisione in Camera di consiglio e’ stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- La relazione sopra richiamata ha il seguente tenore:

“1.- B.T., con un unico motivo, denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10, comma 6 nonche’ contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), deducendo che nel provvedimento amministrativo di respingimento si darebbe atto che la sua adozione e’ stata determinata dal fatto che egli sarebbe entrato nel territorio dello Stato, sottraendosi ai controlli di frontiera. Dal provvedimento non emergerebbe, invece, che egli sarebbe stato fermato al valico di frontiera, ovvero che sarebbe stato fermato subito dopo l’ingresso in Italia, ma si indicherebbe, genericamente, che personale delle forze di Polizia lo ha rintracciato in localita’ (OMISSIS). Secondo il ricorrente, la mancanza di motivazione renderebbe illegittimo l’atto opposto e, comunque, la situazione nello stesso evidenziata avrebbe, al piu’, legittimato l’adozione del decreto di espulsione.

Infine, sarebbe contraddittoria ed incomprensibile la motivazione contenuta nel provvedimento qui impugnato, il quale ha affermato che non era consentito il respingimento in quanto lo straniero e’ stato trovato nel territorio dello Stato, stravolgendo l’interpretazione delle norme del D.Lgs. n. 286 del 1998 e la ricostruzione dei fatti contenuta nell’atto amministrativo.

Il ricorrente formula, quindi, il seguente quesito di diritto: “La circostanza che un cittadino extracomunitario sia rintracciato nel territorio dello Stato senza titolo che ne legittimi l’ingresso o che ne consenta la sua regolare permanenza, puo’ dar luogo all’emissione del decreto di respingimento previsto dl D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 nel caso in cui lo stesso venga fermato al valico di frontiera o subito dopo l’ingresso nel territorio dello Stato.

2.- Il ricorso e’ manifestamente infondato.

In linea preliminare, va osservato che il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 disciplina il respingimento con accompagnamento alla frontiera degli stranieri entrati nel territorio dello Stato, sottraendosi ai controlli di frontiera e che siano stati fermati all’ingresso o subito dopo.

Si tratta di provvedimento diverso dal decreto di espulsione, non disciplinato dal D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 13 e 14 e non riconducibile ai provvedimenti per i quali e’ stabilita la competenza del giudice di pace a conoscere dell’opposizione e che configura un atto amministrativo.

Tuttavia, il Giudice adito ha deciso il ricorso avverso il provvedimento di respingimento, senza che le parti, neppure in questa sede, abbiano posto in discussione la giurisdizione. Ne consegue, in primo luogo, che di tale profilo non e’ qui possibile occuparsi, in virtu’ dell’interpretazione dell’art. 37 c.p.c. di recente offerta dalle S.U., secondo la quale il giudicato implicito sulla giurisdizione si forma tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, se la decisione impugnata contenga una statuizione che implicano l’affermazione della giurisdizione, quando dalla motivazione della medesima risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione e se le parti abbiano prestato acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione (Cass. S.U. n. 24883 del 2008; n. 25770 del 2008; n. 27344 del 2008).

In secondo luogo, che il ricorso avverso la ordinanza pronunciata dal Giudice di pace deve ritenersi ammissibile, benche’ vada qualificato come ricorso ex art. 111 Cost. e ex art. 360 c.p.c., u.c..

Nel merito, il ricorso e’, in parte, manifestamente infondato, in parte, manifestamente inammissibile.

Relativamente al denunciato vizio di motivazione, va osservato che della frase indicata dal ricorrente, e sopra trascritta, assunta quale indice della contraddittorieta’ ed incomprensibilita’ della motivazione (e cioe’ che il giudice de merito avrebbe affermato che non era consentito il respingimento in quanto lo straniero e’ stato trovato nel territorio dello Stato), non vi e’ traccia nel provvedimento impugnato.

La ordinanza del Giudice di pace ha, infatti, ritenuto legittimo il provvedimento del Questore, limitandosi ad indicare che esso e’ stato assunto subito dopo uno sbarco clandestino in (OMISSIS) ed il prevenuto e’ stato rintracciato con altri clandestini come lui approdati illegalmente nel territorio della Repubblica.

Dunque, e’ chiara la manifesta infondatezza della censura che, da un canto, e’ argomentata con riferimento ad una motivazione diversa da quella svolta dal giudice del merito, dall’altro non considera che quella effettivamente contenuta nel provvedimento, sia pure sinteticamente, da conto, senza vizi logici ed incongruita’, della sussistenza della situazione prevista dal citato art. 10 e che legittima l’adozione del provvedimento di respingimento.

Le ulteriori doglianze si risolvono, in parte, in una censura diretta avverso l’atto amministrativo, inammissibile in questa sede, nella quale potevano essere fatti valere soltanto gli eventuali vizi del provvedimento giurisdizionale; in altra parte, mirano ad evidenziare l’esistenza di una situazione di fatto diversa da quella ritenuta dal giudice del merito, quale in tesi emergente dalle risultanze processuali, astrattamente idonea ad essere denunciata con il rimedio della revocazione, risolvendosi comunque nella inammissibile contrapposizione di un apprezzamento di fatto difforme da quello formulato dai Giudice di pace.

Infine, posto che l’art. 10 citato legittima l’adozione del provvedimento di respingimento degli stranieri entrati nel territorio dello Stato, sottraendosi ai controlli di frontiera e che siano stati fermati all’ingresso o subito dopo, risulta evidente che, avendo dato atto il giudice del merito che il provvedimento in questione era stato adottato poiche’ il ricorrente era stato fermato appunto subito dopo uno sbarco clandestino, correttamente ha escluso la denunciata violazione della norma.

Ne consegue l’inconferenza, comunque la manifesta infondatezza, del quesito di diritto – e della relativa censura -, in quanto basato su di un presupposto ritenuto insussistente dal giudice del merito, con statuizione che, per quanto sopra precisato non e’ qui incensurabile.

Pertanto, il ricorso, stante la manifesta infondatezza ed inammissibilita’, nei termini sopra precisati, puo’ essere trattato in camera di consiglio, ricorrendone i presupposti di legge.”.

2.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, condividendo le argomentazioni che le fondano, che comportano il rigetto del ricorso; in considerazione della natura della controversia sussistono giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese della presente fase.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese della presente fase.

Cosi’ deciso in Roma, il 26 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2010

 

 

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