Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5611 del 11/03/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 5611 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 18057 — 2011 R.G. proposto da:
PETTI ERNESTO — PTTRST37C06C875D – e PETTI GIUSEPPE — PITGPP72C28G274C elettivamente domiciliati in Roma, alla via G. G. Belli, n. 27, presso lo studio dell’avvocato Gian
Michele Gentile, che li rappresenta e difende in virtù di procura speciale a margine del ricorso.
RICORRENTI
contro
BRUNO NUNZIANTE — BRNNZN44S06G834H — rappresentato e difeso in virtù di procura
speciale in calce al controricorso dall’avvocato Michele Guidi ed elettivamente domiciliato in
Roma, alla via del Corso, n. 4, presso lo studio dell’avvocato Alberto Mario Moio.
CONTRORICORRENTE
e
EDILPONTINA 2000 s.r.1., in persona del legale rappresentante pro tempore.
INTIMATA
e
A.G.L. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore.

Data pubblicazione: 11/03/2014

INTIMATA
Avverso la sentenza n. 863 dei 9.11.2010/2.3.2011 della corte d’appello di Roma,
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 4 febbraio 2014 dal consigliere
dott. Luigi Abete,
Udito l’avvocato Gian Michele Gentile per i ricorrenti;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Luigi Salvato, che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato in data 10.5.1991 Nunziante Bruno citava a comparire innanzi al tribunale
di Latina la “Edilpontina 2000” s.r.1., la “A.G.L.” s.p.a. ed Ernesto Petti.
L’attore esponeva che era proprietario, giusta atto di compravendita per notar De Carolis in
data 17.2.1983 siglato con la “Silco” s.r.1., poi denominata “Edilpontina 2000” s.r.1., di un
appartamento sito in Sabaudia, al 3° piano di uno stabile ubicato alla via Garibaldi, n. 7; che
l’art. 2 dell’atto di compravendita contemplava l’obbligo della s.r.l. venditrice di concedere e
garantire ad egli acquirente il diritto di accesso al terreno circostante l’edificio, al lastrico solare
ed ai locali sottotetto, ancorché detti beni fossero rimasti in proprietà esclusiva della medesima
società alienante, sicché era stata costituita “una servitù di passaggio sulle porzioni immobiliari
interessate al transito per il raggiungimento di tali beni” (così ricorso, pag. 2); che la “Silco”
s.r.l. aveva alienato i locali sottotetto sovrastanti l’appartamento venduto ad egli attore alla
“A.G.L.” s.p.a., che, sua volta, li aveva alienati ad Ernesto Petti; che gli acquirenti avevano
eseguito modifiche strutturali tali da precludergli integralmente la possibilità di accedere al
lastrico solare, con significativo pregiudizio del suo diritto di fruire liberamente del lastrico ed in
grave violazione di quanto stabilito nel proprio titolo d’acquisto.

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Udito l’avvocato Michele Guidi per il controricorrente Nunziante Bruno;

Chiedeva, pertanto, “l’accertamento del suo diritto di servitù di passaggio e la condanna dei
convenuti alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi al fine di consentirgliene l’esercizio”
(così sentenza d’appello, pag. 3).
Si costituivano i convenuti tutti, che deducevano il proprio difetto di legittimazione a
resistere ed, in ogni caso, chiedevano il rigetto dell’avversa domanda.

parimenti il proprio difetto di legittimazione, chiedendo di esser estromesso dal giudizio.
All’esito dell’istruttoria, con sentenza n. 2425/2002 il tribunale adito rigettava la domanda e
condannava l’attore alla rifusione delle spese di lite nei soli confronti di Ernesto e Giuseppe
Petti, disponendone la compensazione tra l’attore e le società convenute.
Interponeva appello Nunziante Bruno, instando per l’integrale riforma della gravata sentenza.
Si costituiva la “Edilpontina 2000” s.r.1., sollecitando il rigetto dell’avverso gravame con il
favore delle spese del secondo grado ed, in via incidentale, instando per la condanna
dell’appellante al pagamento delle spese del grado pregresso.
Si costituivano Ernesto e Giuseppe Petti; preliminarmente, eccepivano l’inammissibilità
dell’appello in dipendenza della novità delle conclusioni formulate in seconde cure, nel merito,
ne chiedevano il rigetto, in via incidentale, instavano, in riforma della statuizione di prime cure,
per una più congrua quantificazione delle spese di lite — di cui controparte era stata in primo
grado onerata – e per la condanna del medesimo appellante al risarcimento dei danni ex art. 96
c.p.c..
Non si costituiva la “A.G.L.” s.p.a., benché ritualmente citata.
Con sentenza n. 863 dei 9.11.2010/2.3.2011 la corte d’appello di Roma così statuiva
“accoglie l’appello incidentale proposto dalla Edilpontina 2000 s.r.l. e, per l’effetto, rigetta la
domanda proposta nei suoi confronti da Bruno Nunziante. Rigetta la domanda proposta da Bruno
Nunziante nei confronti della A.G.L. s.p.a.. Accoglie per il resto l’appello proposto da Bruno
Nunziante e, in riforma dell’impugnata sentenza, condanna in solido Petti Ernesto e Petti

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Autorizzatane la chiamata in causa, si costituiva altresì Giuseppe Petti che deduceva

Giuseppe alla riduzione in pristino dello stato dei locali di loro proprietà per ricostruire idoneo
passaggio per l’esercizio della relativa servitù per l’accesso al lastrico solare in favore dell’unità
immobiliare di proprietà di Bruno Nunziante o a costituire, a loro cura e spese, altro idoneo
passaggio sul quale esercitare detta servitù finalizzata al diritto di accesso al lastrico solare ed al
tetto. Condanna Bruno Nunziante al rimborso in favore della Edilpontina 2000 s.r.l. di spese e

di giudizio nei confronti della A.G.L. s.p.a.. Condanna in solido Petti Ernesto e Petti Giuseppe al
rimborso in favore di Bruno Nunziante di spese e compensi del doppio grado di giudizio…. Pone
definitivamente a carico di Petti Ernesto e Petti Giuseppe in solido le spese di c.t.u.” (così
sentenza d’appello, pag. 9).
In particolare la corte territoriale reputava indubitabile che il terreno circostante l’edificio, il
lastrico solare ed i locali sottotetto fossero rimasti in proprietà della “Silco” s.r.1., società
costruttrice ed in origine proprietaria dell’intero stabile; e, tuttavia ed al contempo, innegabile
che la società venditrice avesse “costituito un diritto di accesso in favore dell’immobile trasferito
al Bruno, diritto di accesso che, per quanto riguarda il lastrico solare, va ricondotto per l’uso
comune al disposto di cui all’art. 1117, n. 1), c.c., con la riserva di proprietà ammissibile e
certamente non contrastante con la destinazione del bene all’uso comune decisa dal proprietario,
e per quanto riguarda i locali sottotetto come forma di asservimento degli stessi ad un uso
comune e quale sito della servitù di passaggio costituita in favore dell’immobile di Bruno per
accedere al lastrico solare, come attestato dalla circostanza riferita dal c.t.u. che quella era ab
origine l’unica via di accesso al lastrico solare ed al tetto” (così sentenza d’appello, pag. 6); che,
conseguentemente, “ha… errato il Tribunale nell’attribuire natura obbligatoria al diritto azionato
dal Bruno, trattandosi invece di diritto reale costituito dall’originario unico proprietario
dell’intero stabile in favore della singola unità immobiliare trasferita all’acquirente ed ha errato
anche nel non ritenerlo opponibile ai terzi, atteso che tale diritto è stato formalmente costituito…
con l’atto pubblico per notaio De Carolis… e che lo stesso è stato trascritto…” (così sentenza

compensi del doppio grado di giudizio… Dichiara irripetibili spese e compensi del doppio grado

d’appello, pag. 6); che “l’esame degli atti amministrativi relativi alla concessione in sanatoria da
parte di Petti Ernesto e Giuseppe serve.., ad evidenziare che l’immutazione dello stato dei luoghi
è avvenuta successivamente all’acquisto dei locali da parte dei Petti, per cui solo questi ultimi
devono essere ritenuti sostanziali contraddittori del Bruno…” (così sentenza d’appello, pag. 7);
che il fatto che l’appellante “abbia poi formulato la subordinata domanda, che ove non fosse

lastrico solare avrebbe dovuto essere ripristinato con la costituzione di altro idoneo passaggio da
realizzarsi a cura e spese delle controparti, non integra gli estremi di una domanda nuova, ma
costituisce semplicemente la specificazione di una modalità risarcitoria idonea a tutelare il diritto
azionato con modalità alternative a quelle della riduzione in pristino dello stato dei luoghi” (così
sentenza d’appello, pag. 8).
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso Ernesto e Giuseppe Petti, chiedendone la
cassazione sulla scorta di quattro motivi; con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.
Nunziante Bruno ha depositato controricorso. Ha chiesto, preliminarmente, dichiarasi
inammissibile l’avverso ricorso, giacché tardivamente proposto; in subordine ne ha chiesto il
rigetto, in ogni caso con il favore delle spese del presente giudizio da attribuirsi al difensore
anticipatario.
Le intimate “Edilpontina 2000” s.r.l. ed “A.G.L.” s.p.a. non hanno svolto difese
Ernesto e Giuseppe Petti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Del pari ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. Nunziante Bruno.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362
ss. c.c.; altresì il vizio di “illogicità e contraddittorietà della motivazione in riferimento all’art. 2
del contratto di compravendita Silco/Bruno” (così ricorso, pag. 6).
All’uopo adducono che “il contratto di compravendita stipulato in data 17 febbraio 1983…
per atto a rogito del notaio De Carolis, tra la Silco s.r.l. ed il sig. Nunziante Bruno, relativo

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possibile la ricostituzione della servitù come in origine prevista, il suo diritto di accesso al

all’appartamento sito in Sabaudia, via Garibaldi 7… terzo piano… interno 11…,all’art. 2, recita
testualmente: i suddetti beni vengono trasferiti con ogni diritto e ragione, con la quota parte
indivisa delle parti comuni del complesso immobiliare di cui all’art. 1117 c. c., ad eccezione del
terreno circostante la costruzione, del lastrico solare, e i locali sottotetto, con diritto di accesso
agli stessi, dei quali la società si riserva proprietà esclusiva” (così ricorso, pagg. 6 – 7);che la

contraria sia alla volontà delle parti che ad ogni logica ricavabile dalla documentazione in atti”
(così ricorso principale, pag. 9); che “certamente con tale clausola le parti hanno voluto
escludere la comproprietà dell’acquirente Bruno sul terreno circostante.., sul lastrico solare e sui
locali sottotetto, che, pur essendo beni condominiali ex art. 1117 c.c., erano rimasti in proprietà
esclusiva della venditrice; certamente la dizione con diritto di accesso agli stessi, riferita sia al
terreno che al lastrico solare che ai locali comuni, costituiva anch’essa specificazione delle
modalità di vendita dell’unità immobiliare int. 11, vendita dalla quale erano esclusi non solo i
diritti di comproprietà sulle parti comuni indicate, ma anche il diritto di accesso a quei locali
originariamente comuni, ma non più tali per effetto della riserva di proprietà della Silco” (così
ricorso, pag. 10); che “il diritto di accesso ai locali sottotetto ed al lastrico solare, quindi, è
compreso tra i diritti oggetto di esclusione specifica ed accettata dal Bruno, acquirente” (così
ricorso, pag. 11).
Con il secondo motivo i ricorrenti la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1126 e
1127 c.c.; e 75 c.p.c.; la contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
All’uopo adducono che “affermare… che il contratto di compravendita de quo attribuiva al
Bruno, pur in presenza di proprietà esclusiva del lastrico solare a favore della Silco s.r.1., il diritto
di accesso a tale parte del fabbricato, come conseguenza naturale del disposto dell’art. 1117 c.c.,
costituisce una palese violazione del dettato contrattuale e della sua logica e razionale
interpretazione.., se vi è nel contratto il titolo che riserva la proprietà esclusiva del lastrico

corte distrettuale “ha dato alla clausola contrattuale una lettura ed interpretazione distorta,

solare, appare evidente che tale riserva di proprietà esclude altresì la possibilità di uso del detto
lastrico quale bene comune” (così ricorso, pag. 14).
Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 345 c.p.c..
All’uopo adducono che “nel costituirsi in… appello, avevano eccepito l’inammissibilità
dell’impugnazione del sig. Nunziante Bruno, in quanto recante conclusioni diverse da quelle

benché la corte distrettuale avesse respinto l’eccezione, la ragione di inammissibilità permaneva
intatta; che, per giunta, “è necessario, per realizzare tale accesso alternativo, effettuare interventi
edilizi su parti condominiali dell’edificio… per i quali non basta la volontà di un condomino, ma
è necessaria la partecipazione e volontà di tutti i condomini che invece non sono parti del
presente giudizio…” (così ricorso, pag. 16).
Con il quarto motivo i ricorrenti deducono la “contraddittorietà ed illogicità della
motivazione nella parte in cui ha respinto la domanda nei confronti di A.G.L. s.r.l. ed ha posto a
carico dei sigg.ri Petti l’onere economico della riduzione in pristino dei locali di loro proprietà o
di costituire altro idoneo passaggio al lastrico solare” (così ricorso, pag. 16).
All’uopo adducono che, alla stregua della documentazione amministrativa allegata, “è
impossibile che siano stati i Petti ad eseguire le opere che hanno immutato lo stato dei luoghi”
(così ricorso, pag. 17); che dunque non vi era margine alcuno per respingere la domanda
proposta da Nunziante Bruno nei confronti della “A.G.L.” s.r.1., società che aveva alienato ad
essi ricorrenti con atto a rogito notar Sbardella del 24.4.1991 l’unità immobiliare costituente
l’interno n. 13.
Il ricorso è inammissibile nei confronti dell’intimata “Edilpontina 2000” s.r.1..
Si evidenzia che la corte territoriale ha in via preliminare ritenuto di accogliere “l’eccezione
di carenza di legittimazione passiva ribadita in appello dalla Edilpontina 2000 s.r.1., con
conseguente rigetto della domanda proposta nei suoi confronti, in quanto non è stata versata in
atti alcuna prova che essa sia succeduta a titolo particolare o universale alla Silco s.r.l. e anzi

precisate nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado…” (così ricorso, pag. 15); che,

con… l’avvenuta sua costituzione è stata consegnata alle tavole processuali la diversa
soggettività giuridica delle due società e la conferma che la Edilpontina 2000 s.r.l. è estranea ai
fatti oggetto del presente giudizio” (così sentenza d’appello, pag. 5).
Ebbene il riferito passaggio motivazionale, del tutto autonomo ed a sé stante, per nulla
risulta attinto dai motivi che fondano l’esperita impugnazione, sicché devesi opinar nel senso che

secondo cui la configurabilità dell’acquiescenza, ai sensi dell’art. 329, 2° co., c.p.c., in ordine
alle parti della sentenza non impugnate (che non sono perciò suscettibili di nuovo esame da
parte del giudice del gravame) postula che la pronuncia consti di più capi completamente
autonomi, sicché ciascuno di essi conservi efficacia precettiva anche se gli altri vengano meno).
Si dà atto, previamente, che il ricorso è stato tempestivamente proposto e nei confronti di
Bruno Nunziante e nei confronti della “A.G.L.” s.p.a..
Al riguardo si sottolinea, debitamente, che la preliminare eccezione del controricorrente non
risulta per nulla argomentata né nel controricorso né nella memoria ex art. 378 c.p.c..
In proposito, comunque, rileva l’insegnamento a tenor del quale, qualora la notificazione di
un atto processuale, da effettuare entro un termine perentorio, non si perfezioni per circostanze
non imputabili al richiedente, questi ha l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole
durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un
allungamento dei tempi del giudizio – di chiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del
procedimento notificatorio e, ai fini del rispetto del termine perentorio, la conseguente
notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa
del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi
necessari, secondo la comune diligenza, per conoscere l’esito negativo della notificazione e
assumere le informazioni del caso (cfr. Cass., Sez. Il, 19.10.2012, n. 18074).
Su tale scorta si evidenzia che la sentenza in questa sede impugnata è stata notificata in data
5.5.2011; che l’iter che ha condotto alla notificazione del ricorso a Nunziante Bruno ed alla

alla affermazione suddetta si sia prestata acquiescenza (cfr. Cass. sez. lav. 9.11.1992, n. 12062,

”A.G.L.” s.p.a. ha avuto inizio in data 30.6.2011; che l’iter notificatorio ha utilmente ripreso il
suo corso in data 8.7.2011.
Limitatamente al controricorrente Nunziante Bruno, è stata dapprima ed invano a costui
tentata la notifica del ricorso a mezzo del servizio postale presso l’avvocato Michele Guidi nel
domicilio eletto — via Anastasio II, n. 442, Roma — presso il suo studio per il giudizio di gravame

notificato, a norma degli artt. 330 e 170 c.p.c., presso il procuratore costituito, ancorché la
parte — pur costituita a mezzo di procuratore domiciliatario – abbia eletto anche altrove
domicilio personale; ed infatti una tale ultima eventualità — così come pure quella in cui la parte
abbia reso dichiarazione di residenza altrove — assumono possibile rilevanza ai fini della
notificazione dell’atto di impugnazione solo nel caso in cui la parte si sia costituita
personalmente in giudizio: cfr. in tal senso Cass. 25.8.1998, n. 8462). Indi si è provveduto
efficacemente a mezzo del servizio postale a notificar al Bruno il ricorso nel domicilio eletto —
via Circumvallazione Clodia, n. 88, Roma – presso l’avvocato Alessandro Zunica (l’a.r. risulta
sottoscritto dal portiere dello stabile) in data 13.7.2011 (con successiva spedizione di
raccomandata a.r. all’avvocato Guidi presso il suo studio, alla via Terenzio, n. 14, Latina).
Limitatamente alla controricorrente “A.G.L.” s.p.a. è stata dapprima ed invano a questa
tentata la notifica del ricorso a mezzo del servizio postale presso la via Bernini di Latina, ove è
risultata sconosciuta. Indi (evidentemente ai sensi dell’art. 145, 1 0 co., seconda parte, c.p.c.) si è
provveduto efficacemente a mezzo del servizio postale a notificare il ricorso ad Alberto Lauretti,
amministratore unico e legale rappresentante della “A.G.L.” s.p.a., nel domicilio — via Ovidio, n.
5, Latina — di costui in data 13.7.2011 (l ‘a.r. risulta sottoscritto dal medesimo destinatario).
Si giustifica la contestuale disamina e del primo e del secondo motivo di ricorso.
Ambedue i motivi sono fondati e meritevoli di accoglimento.
Il loro buon esito assorbe senza dubbio la delibazione della terza ragione di censura.
Viceversa, non merita seguito alcuno la quarta ragione di doglianza.

(quivi l’avvocato Michele Guidi è risultato trasferito. L’atto di impugnazione deve essere

E’ sufficiente a tal ultimo riguardo rimarcare che non possono di certo i ricorrenti
considerarsi legittimati a dolersi, in luogo del controricorrente, Nunziante Bruno, del mancato
accoglimento della domanda da quest’ultimo esperita nei confronti della “A.G.L.” s.p.a..
In ordine al primo ed al secondo motivo si osserva innanzitutto che questa Corte, in tema di
interpretazione del contratto ed in genere dei negozi giuridici, da tempo spiega che il proprio

astratta e la riconduzione ad essa della fattispecie in concreto acclarata, laddove, viceversa,
l’individuazione degli elementi connotanti la concreta fattispecie, giacché risolventesi in una
tipica indagine di fatto, è esposta a censura di legittimità sol in ipotesi di violazione di norme
ermeneutiche ovvero di illogicità ed inadeguatezza della motivazione, tale da precludere il
controllo del procedimento logico seguito per addivenire alla decisione (cfr., tra le altre, Cass.
6.12.1977, n. 5281).
Si osserva, altresì, che il canone ermeneutico previsto dall’art. 1362 c.c., nel sancire che
l’interprete, nell’individuare la comune intenzione delle parti, non deve limitarsi al senso
letterale delle parole, non svaluta affatto l’elemento letterale del contratto; intende piuttosto
ribadire, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni adoperate, riveli con chiarezza ed
univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della
convenzione, che non è ammissibile una diversa interpretazione; ed infatti, solo quando le
espressioni letterali del contratto non sono chiare, precise ed univoche, è possibile per il giudice
ricorrere agli altri elementi interpretativi di cui all’art. 1362 ss. c.c., aventi evidentemente
carattere sussidiario (cfr. Cass. 16.2.2012, n. 2231; Cass. 3.7.1982, n. 3974).
Si osserva, inoltre, che nell’ambito del processo interpretativo l’espressione “deve”, di cui
all’art. 1366 c.c., attribuisce al principio di buona fede particolare importanza, in quanto vale a
connotarlo alla stregua di un passaggio imprescindibile e necessario (cfr. Cass. sez. lav.
6.10.2008, n. 24652). Su tale scorta si soggiunge che il criterio della buona fede nella
interpretazione dei contratti deve ritenersi di certo funzionale ad escludere il ricorso a significati

40

sindacato concerne senz’altro la individuazione dei termini concorrenti ad integrare la fattispecie

unilaterali o contrastanti con un criterio di affidamento dell’uomo medio (cfr. Cass. 15.3.2004, n.
5239).
Alla luce dei premessi rilievi si reputa che, allorché, in sede di stipula del contratto di
compravendita in data 17.2.1983, a rogito notar De Carolis, la “Silco” s.r.l. e Nunziante Bruno,
ebbero a pattuire, all’art. 2, che i beni alienati “vengono trasferiti con ogni diritto e ragione, con

eccezione del terreno circostante la costruzione, del lastrico solare, e i locali sottotetto, con
diritto di accesso agli stessi, dei quali la società si riserva proprietà esclusiva”, intesero, siccome
emerge patente dal significato letterale e sintattico delle espressioni adoperate, accordarsi nel
senso che non solo il terreno circostante, il lastrico solare ed i locali sottotetto dovessero
rimanere, in deroga alla generale previsione di cui all’art. 1117 c.c., in proprietà esclusiva della
società alienante, ma che pur il diritto di accesso ai medesimi beni fosse conservato alla proprietà
esclusiva della s.r.l. costruttrice e venditrice.
Del resto non avrebbe avuto senso alcuno per la “Silco” riservarsi la proprietà delle entità
immobiliari suindicate senza, al contempo, sottrarle, a sé riservando rigorosamente il diritto di
accedervi, alla fruizione della generalità dei condomini.
Va debitamente soggiunto che il descritto esito interpretativo, correlato all’impiego del
canone logico – letterale, rinviene, in primo luogo, nel segno della previsione del 2° co. dell’art.
1362 c.c., riscontro nel comportamento tenuto dalla venditrice per giunta in epoca antecedente
alla sigla, in dì 17.2.1983, del rogito De Carolis, comportamento quale analiticamente descritto
dai ricorrenti (allorché si è posto in risalto che la corte territoriale “non ha considerato che la
denominazione dei locali —poi divenuti unità immobiliare interno 13, acquistati dai Petti — come
locali sottotetto, contrastava palesemente con quanto dalla stessa venditrice Silco realizzato e
denunciato con la scheda di accatastamento n. 4557/82 in data 21 settembre 1982… contestuale
alla scheda di accatastamento dell’appartamento del Bruno, n. 4558/82…, nella quale l’unità
immobiliare interno 13 è già stata modificata da locali sottotetto comuni.., in unità immobiliare

t

Ad

la quota parte indivisa delle parti comuni del complesso immobiliare di cui all’art. 1117 c.c., ad

abitabile” (così ricorso, pag. 9); che “ciò sta a significare che la Silco, nel 1982… aveva già
trasformato i locali sottotetto di accesso al lastrico solare in unità immobiliare residenziale,
avendo in animo di sanare poi l’abuso…” (così ricorso, pagg. 9— 10); che, conseguentemente,
l’interpretazione che dell’art. 2 ne ha operato il giudice d’appello “contrasta, oltre che con la
dizione del contratto, anche con la logica della situazione di allora…” (così ricorso, pag. 11)).

verosimile e ragionevole affidamento che i ricorrenti ebbero a riporre in sede di stipulazione del
rogito De Carolis in ordine all’esatta portata del loro atto di acquisto.
E’ difficile immaginare, alla stregua dell’id quod plerumque accidit, che si acquisti un
immobile residenziale – non un fondo – esposto al passaggio, al transito, ex iure in re aliena, del
vicino condomino.
In conformità agli esposti rilievi reputa questo giudice di legittimità che il principio di diritto
devesi intendersi formulato nei medesimi termini di cui alle massime desunte dalle pronunce n.
2231/2012, n. 24652/2008 e n. 5239/2004 di questa stessa Corte.
La sentenza n. 863 dei 9.11.2010/2.3.2011 della corte d’appello di Roma va
conseguentemente cassata in relazione sia alla prima che alla seconda censura (in esse assorbita
la terza).
Si dispone il rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Roma, che si uniformerà al
complessivo principio di diritto in questa sede formulato (per relationem) ed, evidentemente,
provvederà a statuire in aderenza all’esito ermeneutico cui questa Corte è pervenuta.
Il giudice del rinvio provvederà altresì alla regolamentazione delle spese del giudizio di
legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il quarto motivo di ricorso; accoglie il primo ed il secondo, assorbito il
terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte; rinvia ad altra sezione della

42.

Rinviene, in secondo luogo, nel segno della previsione dell’art. 1366 c.c., riscontro nel

corte d’appello di Roma anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità;
dichiara inammissibile il ricorso limitatamente e nei confronti di “Edilpontina 2000” s.r.1..

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

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