Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5609 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. I, 28/02/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 28/02/2020), n.5609

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11192/2016 proposto da:

S.T., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Vanni Maria Oggiano in forza di procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.A.;

– intimato –

e contro

Banca Nazionale del Lavoro s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via di

Val Gardena 3, presso lo studio dell’avvocato Lucio De Angelis e lo

rappresentata e difesa dall’avvocato Fernando Pes in forza di

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 137/2015 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. di

SASSARI, depositata il 20/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI;

uditi gli Avvocati VANNI MARIA OGGIANO e CLAUDIO MENDICINO per delega

orale dell’Avv. FERNANDO PES;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione del 16/4/2003 S.T. ha convenuto in giudizio la Banca Nazionale del Lavoro – BNL s.p.a. dinanzi al Tribunale di Sassari, sostenendo di essere creditore nei suoi confronti per somme indebitamente percepite per l’applicazione illecita di clausole anatocistiche, interessi uso piazza e commissioni di massimo scoperto su tre contratti di conto ordinario e due conti sovvenzione intrattenuti con la Banca, e chiedendo la declaratoria di nullità delle clausole contrattuali e la condanna della Banca alla ripetizione delle somme indebitamente percepite, previa rideterminazione dei saldi dei conti correnti sui quali erano state addebitate.

L’attore ha lamentato altresì l’abusivo recesso dagli affidamenti concessi e l’illegittima segnalazione del suo nominativo alla Centrale Rischi da parte della Banca, per cui ha richiesto il risarcimento dei danni.

Si è costituita in giudizio la BNL, contestando le domande dell’attore e sostenendo di essere creditrice nei suoi confronti per oltre Euro 71.000,00 quale saldo del conto corrente n. 443; la BNL ha affermato altresì di aver dovuto revocare gli affidamenti concessi a causa della persistente esposizione debitoria del S..

Il procedimento è stato successivamente riunito ad altro promosso da S.T. e L.A., garante obbligata in solido, avente ad oggetto l’opposizione da loro proposta avverso il Decreto Ingiuntivo n. 3899 del 2003, ottenuto da BNL con riferimento al predetto credito portato dal conto corrente n. (OMISSIS), naturale prosecuzione e trasmigrazione del conto corrente n. (OMISSIS).

Anche in questo giudizio gli opponenti hanno richiesto la rideterminazione del rapporto contabile di dare ed avere, previa epurazione delle illegittime pretese della Banca.

Il Tribunale di Sassari, espletata consulenza tecnica d’ufficio e acquisiti i richiesti chiarimenti peritali, con sentenza dell’8/10/2008, accolta l’eccezione di prescrizione formulata dalla Banca per tutti i crediti maturati nel decennio anteriore alla proposizione della domanda, in parziale accoglimento delle domande degli attori, ha revocato il decreto ingiuntivo opposto e ha condannato la BNL a pagare al S. la somma complessiva di Euro 174.182,54, oltre accessori, ponendo a carico della Banca il 50% delle spese processuali degli attori e l’intero onere della consulenza tecnica.

2. Avverso la predetta sentenza di primo grado hanno proposto appello S.T. e L.A., a cui ha resistito l’appellata BNL, proponendo altresì appello incidentale

La Corte di appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari con sentenza del 20/3/2015 ha accolto sia il gravame principale, rideterminando conseguentemente il credito degli appellanti in Euro 212.275,44, oltre accessori, sia il gravame incidentale, disponendo l’applicazione al conto corrente n. (OMISSIS) dei tassi contrattualmente previsti o, se più favorevoli al correntista, di quelli applicati dalla Banca; la Corte di appello ha altresì gravato la Banca delle spese processuali e di consulenza tecnica dei due gradi.

3. Avverso la predetta sentenza del 20/3/2015, non notificata, con atto notificato il 20/4/2016 ha proposto ricorso per cassazione S.T., svolgendo tre motivi.

Con atto notificato il 30/5/2016 ha proposto controricorso e ricorso incidentale la BNL, chiedendo il rigetto dell’avversaria impugnazione e instando, a sua volta, con il supporto di due motivi, per la cassazione della sentenza di secondo grado.

L.A. non si è costituita in giudizio.

La controricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente S.T. denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 177 c.p.c., comma 3, n. 1, D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 161, comma 6 e art. 162 e all’art. 11 disp. gen., comma 1.

1.1. Il ricorrente in primo luogo ricorda che le ordinanze pronunciate sull’accordo delle parti non sono revocabili e modificabili e richiama il contenuto dell’ordinanza istruttoria dell’8/6/2004, con cui in primo grado era stata disposta consulenza tecnica d’ufficio contabile e della successiva ordinanza del 18/5/2006 con cui, sempre in primo grado, era stato integrato il quesito.

Il ricorrente lamenta che la Corte di appello con ordinanza del 7/5/2010 abbia disposto una consulenza integrativa, violando così l’accordo sostanziale intervenuto fra le parti in primo grado circa l’applicabilità del tasso legale come riferito e riconosciuto anche dal Giudice di primo grado, visto che la BNL mai si era opposta alla formulazione del quesito relativo al computo degli interessi nella sola misura legale e non convenzionale, come eccepito dal S. con l’atto di citazione e le successive memorie.

1.2. La censura è infondata, anche a prescindere dal fatto che il ricorrente non trascrive il testo dell’accordo processuale asseritamente vincolante.

L’art. 177 c.p.c., codifica il principio fondamentale per cui le ordinanze, ossia il tipico provvedimento ordinatorio e non decisorio del giudice, comunque motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa e possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate.

Fanno eccezione al principio, oltre alle ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge e a quelle per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo, le ordinanze pronunciate sull’accordo delle parti, in materia della quale queste possono disporre.

Nella specie la disposizione di consulenza tecnica, non a caso definita “d’ufficio”, non rientra nei poteri dispositivi delle parti, stante la sua stretta inerenza ai poteri decisori del giudice, che ben può disporne l’espletamento ai sensi degli artt. 61 e 191 c.p.c., così come può predisporre il quesito demandato, anche in difetto di sollecitazione delle parti, e diversamente da quanto da loro richiesto.

Inoltre il giudice di primo grado non ha affatto revocato o modificato l’ordinanza in questione ed è stato invece il giudice di appello a disporre un’indagine peritale integrativa che rientrava pienamente nei suoi poteri.

Non è quindi sulla norma processuale dell’art. 177 c.p.c., che il ricorrente può fondare le sue doglianze nei confronti della decisione di appello.

1.3. In secondo luogo, il ricorrente sostiene che la Corte di appello, dopo aver ritenuto pacifico che il saldo del c/c n. (OMISSIS) fosse confluito nel nuovo conto acceso il 15/7/1992, ha ritenuto di dover stornare le poste illegittime risultanti dal conto n. (OMISSIS) e dal conto sovvenzioni e ha determinato il credito del correntista in Euro 212.275,44, applicando i tassi risultanti dal contratto stipulato nel 1992 in conformità alle disposizioni inderogabili del Testo Unico Bancario.

Così facendo, la Corte di appello non aveva tenuto conto che il Testo Unico di cui al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, era entrato in vigore il 1/1/1994 e quindi dopo l’apertura del c/c n. (OMISSIS) (1982) e del c/c n. (OMISSIS) (15/7/1992).

La Corte di appello si è riferita impropriamente al Testo Unico Bancario, approvato ed entrato in vigore in epoca successiva al contratto del 15/7/1992, epoca nella quale era però già in vigore la L. 17 febbraio 1992, n. 154, contenente la previsione della forma scritta per i contratti bancari e della necessità dell’indicazione in essi del tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora.

La censura non inficia quindi la ratio decidendi, che si basa sull’avvenuta pattuizione per iscritto il 15/7/1992 del tasso di interesse applicato in conto corrente come previsto dalla legislazione vigente e confermato poi dal Testo Unico.

2. Con il secondo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 112 c.p.c., art. 167 c.p.c., comma 1 e art. 2939 c.c..

2.1. Il ricorrente osserva che la Corte territoriale aveva ritenuto “mal posta” l’eccezione di prescrizione da parte della Banca e la continuità fra i conti n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS), ma non aveva proceduto al complessivo ricalcolo richiesto dagli appellanti in mancanza di ogni motivazione e decisione sul punto relativo ai c/c n. (OMISSIS) e (OMISSIS); il ricorrente aggiunge che d’altro canto l’eccezione di prescrizione non era mai stata efficacemente sollevata dalla Banca.

La corretta decisione avrebbe dovuto portare la Corte ad attribuire al S. in linea capitale la somma di Euro 2.298,89, quanto al c/c n. (OMISSIS), la somma di Euro 77.214,21, quanto al c/c n. (OMISSIS) e la somma di Euro 467.612,51 quanto ai c/c n. (OMISSIS) e (OMISSIS).

2.2. Il motivo è parzialmente fondato.

Per quanto riguarda i conti correnti n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) il ricorrente aveva proposto in primo grado la relativa domanda di rideterminazione e di ripetizione di indebito e l’aveva coltivata anche con l’atto di appello, le cui conclusioni sono riportate anche dalla sentenza impugnata.

Inoltre, diversamente da quanto riportato nella sentenza impugnata, che registra in modo incompleto il contenuto del primo motivo di appello principale del S., questi aveva criticato la decisione di primo grado anche per non aver accreditato a suo carico le poste indebite accertate dal Consulente tecnico con relazione suppletiva sui due conti n. (OMISSIS) (Euro 2.298,29 per capitale e interessi al 13/12/2006) e n. (OMISSIS) (Euro 77.214,21 per capitale e interessi al 13/12/2006).

In ordine a tale motivo di censura la Corte di appello ha omesso di pronunciare.

2.3. Quanto invece al complesso, ritenuto unitario, dei conti n. (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte territoriale non ha omesso di pronunciare, sia pur pervenendo a un risultato diverso (Euro 212.275,44) rispetto a quello auspicato dal ricorrente (Euro 467.612,21 per capitale e interessi al 2/2/2005); il ricorrente tuttavia nel suo motivo, perciò assolutamente carente della necessaria specificità, non indica per quali ragioni la somma da lui indicata sarebbe corretta e quale sarebbe l’errore commesso dalla Corte di appello nel suo diverso conteggio.

3. Con il terzo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1226 c.c..

3.1. Quanto al danno provocato dall’illegittima segnalazione alla Centrale Rischi, la domanda risarcitoria era stata rigettata perchè non era stata allegata la perdita di finanziamenti o una diminuzione del giro di affari e neppure lo svilimento dell’immagine commerciale, benchè l’attore avesse prodotto una lettera del Banco di Sardegna del 20/2/2004 che negava accesso al credito al S. in ragione dell’esistenza di una partita a sofferenza presso il sistema.

L’applicazione dell’art. 1226 c.c., presupponeva l’esistenza ontologica del danno rimettendone la valutazione equitativa al potere discrezionale del Giudice.

Nel caso in esame vi era una segnalazione a sofferenza per un asserito credito, erroneo e abusivo, quando il ricorrente era addirittura creditore della BNL; l’erronea segnalazione alla Centrale Rischi è idonea di per sè a cagionare danni all’immagine commerciale del soggetto segnalato e la liquidazione del pregiudizio ben poteva avvenire in via equitativa.

3.2. La censura, proposta sub specie di violazione di legge, in realtà possiede il contenuto sostanziale di una denuncia di omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5, visto che il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia ignorato ed anzi negato un fatto da lui allegato e documentato, la cui concreta decisività trova conferma proprio nell’ingiusto rimprovero mossogli dalla Corte di appello circa la mancata allegazione.

Il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 2012, n. 134, in tema di ricorso per vizio motivazionale deve essere interpretato, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, nel senso della riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; secondo la nuova formula, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. un., 07/04/2014, n. 8053; Sez. un., 22/09/2014, n. 19881; Sez. un., 22/06/2017, n. 15486).

Inoltre, secondo le Sezioni Unite, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

3.3. La doglianza del ricorrente, così reinterpretata sotto il profilo del mezzo di ricorso alla luce del principio “iura novit curia: narra mihi factum, dabo tibi ius” è fondata.

E’ pur vero che secondo la giurisprudenza di questa Corte il danno all’immagine ed alla reputazione per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi, che costituisce “danno conseguenza” alla luce della più ampia ricostruzione di sistema operata dalle fondamentali pronunce delle Sezioni Unite dell’11/11/2008 n. 26972-26975, non può ritenersi sussistente in re ipsa, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento (Sez. 3, 19/07/2018, n. 19137; Sez. 6, 28/03/2018, n. 7594; Sez. 1, 25/01/2017, n. 1931).

Tuttavia nella specie la Corte territoriale, dopo aver correttamente escluso che la segnalazione ingiustificata a sofferenza potesse costituire di per sè un danno-evento e aver altrettanto correttamente ricordato che colui che chiede il ristoro degli effetti pregiudizievoli della segnalazione deve allegare tutti gli elementi del caso, ha affermato a pagina 9, penultimo capoverso, proprio per giustificare il mancato ingresso di una liquidazione equitativa, che il ricorrente non aveva allegato, tra l’altro, la perdita di finanziamenti e/o la diminuzione del giro di affari per l’imprenditore e neppure l’effettivo svilimento della sua immagine commerciale.

Al contrario tali allegazioni erano state formulate e coltivate in appello, in primo luogo con l’assunto documentato del rifiuto di accesso al credito opposto a causa della segnalazione a sofferenza dal Banco di Sardegna.

4. Con il primo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, la ricorrente incidentale BNL denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L. n. 154 del 1992, art. 4, D.Lgs. n. 385 del 1999, art. 117, art. 1350 c.c., comma 1, n. 13 e artt. 1843 e 1834 c.c., nullità della sentenza e del procedimento in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti.

4.1. La Corte di appello aveva considerato i c/c n. (OMISSIS) e (OMISSIS) come un unicum e ritenuto che il c/c (OMISSIS) fosse la prosecuzione dell’altro, mentre tale conto era stato aperto il 15/7/1992 con l’addebito in pari data della somma di Lire 171.863.410, pari all’apertura di credito in conto corrente già concessa sul c/c n. (OMISSIS), chiuso solo in data 7/10/1992 con saldo zero.

I contratti erano parzialmente coesistiti ed erano governati da diverse discipline normative; solo il conto n. (OMISSIS) era soggetto alla L. n. 154 del 1992, mentre il precedente conto n. (OMISSIS), stipulato nel 1982 prevedeva interessi e condizioni secondo l’uso di piazza; i conti erano assistiti da un diverso tasso di interesse.

Le operazioni relative ai due conti dovevano poi essere regolate presso differenti sedi, per il n. (OMISSIS) presso l’agenzia di Sassari per il n. (OMISSIS) presso l’agenzia di (OMISSIS).

4.2. Il motivo non è fondato.

La Corte di appello non ha mai sostenuto l’identità dei conti correnti in questione, ma ha semplicemente ritenuto che il saldo negativo del conto n. (OMISSIS) fosse confluito quale posta passiva iniziale del nuovo conto n. (OMISSIS) e di dover procedere a una considerazione complessiva delle poste negative illegittimamente addebitate. Il tutto, nel contesto della logica adottata dalla Corte dell’irrituale proposizione in modo generico da parte della Banca dell’eccezione di prescrizione estintiva decennale.

5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, la BNL denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 112 c.p.c. e artt. 2934,2935 e 2946 c.c..

5.1. Nella causa promossa dal S. ove era stata tempestivamente eccepita la prescrizione, la domanda era stata proposta il 23/4/2003, mentre l’opposizione a decreto ingiuntivo era stata proposta il 26/6/2003.

La prescrizione era stata tempestivamente eccepita nel primo giudizio ed era evidentemente orientata con riferimento ai conti diversi dal n. (OMISSIS), mentre non era stata introdotta nel giudizio di l’opposizione a decreto ingiuntivo riferito a un conto aperto nel 1992 e in cui avrebbe potuto essere fatta valere solo per un anno.

5.2. L’eccezione di prescrizione era stata sollevata con riferimento al giudizio avviato dal S. con atto notificato il 23/4/2003 che aveva per oggetto tutti i conti correnti intrattenuti dall’attore con la BNL, e quindi anche per i conti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre il successivo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo riguardava il solo conto n. (OMISSIS).

5.3. In materia è recentemente intervenuta la sentenza n. 15895 del 13/06/2019 delle Sezioni Unite (Rv. 654580 – 01), che ha affermato, con arresto condiviso dal Collegio e al quale occorre prestar continuità, che in tema di prescrizione estintiva, l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte.

La questione posta all’esame delle Sezioni Unite si incentrava sulla delimitazione dell’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate, nel corso del rapporto di conto corrente che sia assistito da un’apertura di credito.

Con la precedente sentenza n. 24418 del 2.12.2010 le Sezioni Unite avevano precisato che per il sorgere del diritto alla ripetizione di un pagamento indebitamente eseguito il pagamento deve esistere, con l’esecuzione di una prestazione da parte di un soggetto (il solvens) con conseguente spostamento patrimoniale in favore di altro soggetto (l’accipiens), ed essere ben individuabile; che non può ipotizzarsi il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione se non da quando sia intervenuto un atto giuridico definibile come pagamento, che l’attore affermi indebito; che tale situazione non muta quando la natura indebita sia la conseguenza dell’accertata nullità del negozio giuridico in esecuzione del quale il pagamento è stato effettuato, poichè sono diverse la domanda volta alla declaratoria di nullità di un atto, che non si prescrive affatto, e quella volta ad ottenere la condanna alla restituzione di ciò che si è pagato, soggetta a prescrizione in dieci anni; che in base al disposto degli artt. 1842 e 1843 c.c., l’apertura di credito si attua mediante la messa a disposizione, da parte della banca, di una somma di denaro che il cliente può utilizzare anche in più riprese e della quale, per l’intera durata del rapporto, può ripristinare in tutto o in parte la disponibilità, eseguendo versamenti che gli consentiranno poi eventuali ulteriori prelevamenti entro il limite complessivo del credito accordatogli; che i versamenti effettuati dal correntista durante lo svolgimento del rapporto possono esser considerati pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (ove indebiti), quando abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca, e cioè quando siano stati eseguiti su un conto in passivo (o scoperto) cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento; che per converso, quando il passivo non ha superato il limite dell’affidamento concesso, i versamenti in conto fungono unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere, rispetto ai quali la prescrizione decennale decorre non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati.

I problemi interpretativi successivamente a tale pronuncia si erano concentrati sulla modalità di formulazione dell’eccezione di prescrizione da parte della banca, convenuta in ripetizione.

Posto che, secondo la sentenza n. 24418 del 2010, la prescrizione del diritto alla restituzione ha decorrenza diversa a seconda del tipo di versamento effettuato – solutorio o ripristinatorio – si era, infatti, posta la questione se, nel formulare l’eccezione di prescrizione, la banca dovesse necessariamente indicare il termine iniziale del decorso della prescrizione, e cioè l’esistenza di singoli versamenti solutori, a partire dai quali l’inerzia del titolare del diritto poteva venire in rilievo (n. 4518 del 2014, n. 20933 e 28819 del 2017; n. 17998 n. 18479 e n. 33320 del 2018), o se potesse limitarsi ad opporre tale inerzia, spettando poi al giudice verificarne effettività e durata, in base alla norma in concreto applicabile (n. 2308 n. 18581 del 2017; n. 4372, n. 5571, n. 18144 e n. 30885 del 2018, n. 2660 del 2019).

Secondo le Sezioni Unite, l’onere di allegazione del convenuto va distinto a seconda che si sia in presenza di eccezioni in senso stretto, o eccezioni in senso lato: nel primo caso, i fatti estintivi, modificativi o impeditivi, possono esser introdotti nel processo solo dalla parte, mentre nel secondo sussiste il potere-dovere di rilievo da parte dell’ufficio; pur nella loro indiscutibile connessione, l’onere di allegazione è concettualmente distinto dall’onere della prova, attenendo il primo alla delimitazione del thema decidendum mentre il secondo, attenendo alla verifica della fondatezza della domanda o dell’eccezione, costituisce per il giudice regola di definizione del processo; l’aver assolto all’onere di allegazione non significa avere proposto una domanda o un’eccezione fondata, in quanto l’allegazione deve, poi, esser provata dalla parte cui, per legge, incombe il relativo onere, e le risultanze probatorie devono, infine, esser valutate, in fatto e in diritto, dal giudice; nello specifico tema della prescrizione estintiva, come già affermato dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 10955 del 2002, il relativo elemento costitutivo è rappresentato dall’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di detta inerzia, necessaria per il verificarsi dell’effetto estintivo, si configura come una quaestio iuris concernente l’identificazione del diritto e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge la riserva alla parte del potere di sollevare l’eccezione – in senso stretto – implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell’effetto, e non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell’inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l’identificazione delle quali spetta al giudice, che potrà applicare una norma di previsione di un termine diverso; l’identificazione della fattispecie estintiva cui corrisponde l’eccezione di prescrizione, va correttamente compiuta alla stregua del fatto principale e che tale fatto va individuato nell’inerzia del titolare, mentre il tempo è configurato soltanto come la dimensione del fatto principale, una circostanza ad esso inerente, che non ha valore costitutivo di un corrispondente tipo di prescrizione; non esistono tanti tipi di prescrizione in relazione al tempo del suo maturarsi, e correlativamente, con l’indicazione di un termine o di un altro non si formula una nuova eccezione; in linea con i principi in tema di onere di allegazione, in generale, e di onere di allegazione riferito alla specifica eccezione di prescrizione, non è necessaria l’indicazione, da parte della banca, del dies a quo del decorso della prescrizione; l’elemento qualificante dell’eccezione di prescrizione è l’allegazione dell’inerzia del titolare del diritto, che costituisce, appunto, il fatto principale, al quale la legge riconnette l’invocato effetto estintivo; richiedere al convenuto, ai fini della valutazione di ammissibilità dell’eccezione, che tale inerzia sia particolarmente connotata in riferimento al suo termine iniziale della stessa (individuando e specificando diverse rimesse solutorie) comporterebbe l’introduzione indiretta di una nuova tipizzazione delle diverse forme di prescrizione; il problema della specifica indicazione delle rimesse solutorie non viene eliminato, ma semplicemente si sposta dal piano delle allegazioni a quello della prova, sicchè il giudice deve valutare la fondatezza delle contrapposte tesi al lume del riparto dell’onere probatorio.

5.4. Tanto premesso, il motivo di ricorso incidentale va accolto con la cassazione della sentenza sul punto e il rinvio alla Corte di appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari per l’esame nel merito della eccezione di prescrizione ut supra proposta validamente dalla BNL.

6. In sintesi, per effetto dell’accoglimento del secondo e del terzo motivo, rigettato il primo, del ricorso principal,e del secondo motivo, rigettato il primo, del ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, rigettato il primo, e accoglie il secondo motivo, rigettato il primo, del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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