Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5606 del 28/02/2020

Cassazione civile sez. I, 28/02/2020, (ud. 29/11/2019, dep. 28/02/2020), n.5606

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15372/2015 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via Gregoriana 54,

presso lo studio dell’avvocato Giovanna Calcerano, rappresentato e

difeso dall’avvocato Romano Colarusso, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente – controricorrente –

contro

G.A., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Giovanni Cigliola, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI LECCE, SEZ. DIST. di

TARANTO, depositata il 11/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/11/2019 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.S. ricorre in cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria, avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, pronunciando in sede di rinvio, in seguito ad annullamento di questa Corte di legittimità per ordinanza del 7 gennaio 2014 n. 108, in accoglimento dell’istanza proposta L. n. 898 del 1970, ex art. 9 da G.A. condannava il primo al pagamento in favore della seconda di un assegno divorzile di Euro 250 mensili, con decorrenza dalla domanda.

I giudici di merito escludevano che fosse stata provata la stabile convivenza con altri della G., valutavano la durata del matrimonio e la capacità economica delle parti.

Questa Corte di legittimità aveva disposto l’annullamento con rinvio dopo aver rilevato che la procedura da osservarsi per richiedere, anche per la prima volta, l’assegno era quella di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 9, ragione per la quale dovevano esaminarsi in quella sede i presupposti per il riconoscimento dell’indicata posta e non il mutamento delle circostanze, chiamando, per l’effetto, i giudici di merito ad “esaminare la sussistenza dei presupposti dell’assegno, ed in particolare accertare (come richiesto in memoria dal resistente) se la moglie conviva more uxorio con altra persona”.

2. Resiste con controricorso G.A. che articola in via incidentale due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

La Corte di merito avrebbe omesso del tutto di verificare l’esistenza dei presupposti del diritto all’assegno e vagliando esclusivamente l’attuale esistenza della convivenza della richiedente con altro uomo, ipotesi che aveva escluso, avrebbe applicato un mero automatismo tra la mancanza di mezzi adeguati e di un miglioramento delle condizioni dell’obbligato ed il diritto a percepire l’assegno divorzile.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 e dell’art. 132 c.p.c., comma 4.

I giudici del rinvio avrebbero omesso di valutare la convivenza instaurata dalla G., con altra persona, tale C.P., e la durata della famiglia di fatto così costituita, pari a sedici anni, da cui era nata una figlia, ormai di trentuno anni di età, evento assolutamente idoneo ad elidere, in modo irreversibile, anche il dovere di solidarietà tra i coniugi posto a fondamento dell’assegno.

3. Con il terzo motivo si deduce dal ricorrente violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 nonchè violazione del principio di diritto della Corte di cassazione in sede di annullamento. La Corte di merito avrebbe omesso di valutare la condizione economica della richiedente, titolare anche di una pensione Inps, capace, per le godute risorse, di effettuare anche un prestito al proprio nuovo partner, L.G.B., e quindi la sussistenza della finalità assistenziale che governa il riconoscimento del reclamato titolo.

4. Con il quarto motivo si fa valere la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 13. La Corte avrebbe fatto decorrere l’assegno dalla domanda e non dal passaggio in giudicato della sentenza di appello.

5. Con il primo motivo del ricorso incidentale si fa valere la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 7, per non avere la Corte di appello disposto la rivalutazione annuale dell’assegno secondo gli indici Istat.

6. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si denuncia la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6; la Corte di merito avrebbe omesso di valutare il diritto della richiedente di mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

7. Può darsi congiunta trattazione ai primi due motivi del ricorso principale tra loro strettamente connessi.

8. I motivi sono fondati.

8.1. Questa Corte di cassazione con sentenza n. 108 del 2014 ha annullato il decreto impugnato – pronunciato dalla Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, per il principio in forza del quale l’assegno divorzile non richiesto in sede di divorzio lo può essere successivamente a mezzo del procedimento di cui all’art. 9 legge divorzio – chiamando il giudice del rinvio ad “esaminare i presupposti per il riconoscimento dell’assegno e non già il mutamento di circostanze” e, tra l’altro ed anche, l’eventuale convivenza more uxorio della richiedente con altra persona.

La Corte di merito ha circoscritto il proprio accertamento alla sussistenza in atto di una convivenza della richiedente con tale L.G.B., ed esclusane la sussistenza all’attualità ha pronunciato sull’assegno divorzile riconoscendone la debenza in capo all’ex marito, odierno ricorrente.

La motivazione si presta, secondo censure portate in ricorso, ad essere sindacata in questa sede.

La convivenza, in genere, instaurata dalla richiedente con altri è evidenza in fatto che ben può essere apprezzata, nella fattispecie in esame, quale questione dibattuta tra le parti e, nella sua omessa valutazione in sede di giudizio di rinvio, essa resta capace di integrante vizio di motivazione sub specie della violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Viene in rilievo per l’indicato scrutinio il correlarsi dei poteri attribuiti al giudice di rinvio ai contenuti della sentenza di annullamento là dove l’effetto caducatorio consegua all’accoglimento del ricorso proposto per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per l’una e per l’altra ragione.

Chiara è nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità l’affermazione di principio che là dove, nella prima ipotesi, il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, nella seconda ipotesi, invece, il giudice non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma può anche indagare SU altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, tenendo conto, peraltro, delle preclusioni e decadenze già verificatesi.

La terza definita ipotesi, poi, fa sì che la “potestas iudicandi” del giudice di rinvio, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, possa tradursi, anche, nella valutazione “ex novo” dei fatti già acquisiti, nonchè nella valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di cassazione e sempre nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse (Cass. 24/10/2019 n. 27337).

8.2. Questa Corte di legittimità nei disporre l’annullamento del decreto della Corte di appello ha chiamato quest’ultima all’accertamento dei presupposti applicativi dell’assegno divorzile in accoglimento del correlato vizio di motivazione.

I giudici di merito sono stati pertanto rimessi nei poteri loro propri di accertamento sul fatto e tanto anche per indagini da condursi su altri fatti, ferme le decadenze e le preclusioni maturate.

8.3. La Corte territoriale, in violazione della regula iuris fissata in sede di legittimità ex art. 384 c.p.c., esclusa l’esistenza di una convivenza “attuale” con tale L.G.B., ha riconosciuto alla richiedente l’assegno divorzile.

Per l’indicato percorso argomentativo, è per vero mancata la valutazione di fatti decisivi ai fini del giudizio, che, segnalati nel ricorso proposto a questa Corte di legittimità nella piena osservanza dell’onere di allegazione (pp. 5-7), sono relativi alla precedente convivenza della richiedente con tale C.P..

La Corte di merito, investita del reclamo ex art. 739 c.p.c. sul pregresso provvedimento adottato dal Tribunale ex art. 9 L. divorzio, è quindi incorsa anche nel dedotto vizio di motivazione, non confrontandosi, per l’effetto, con l’ulteriore principio, qui di seguito indicato.

8.4. L’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorchè di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicchè il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso.

La formazione di una famiglia di fatto – costituzionalmente tutelata ai sensi dell’art. 2 Cost. come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell’individuo – è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del precedente rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà post-matrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo (Cass. 03/04/2015 n. 6855; Cass. 08/02/2016 n. 2466; Cass. 19/12/2018 n. 32871).

8.5. In accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale, assorbiti gli altri, anche in via incidentale articolati, cassa la pronuncia e rinvia alla Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, perchè pronunci sull’assegno divorzile, accertando la sussistenza dei presupposti applicativi nell’osservanza dei principi indicati, e provveda sulle spese di questa fase del giudizio.

PQM

Accoglie i primi due motivi del ricorso principale ed assorbiti i restanti, cassa il provvedimento impugnato e rinvia il giudizio dinanzi alla Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 29 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020

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