Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5604 del 21/02/2022
Cassazione civile sez. VI, 21/02/2022, (ud. 25/01/2022, dep. 21/02/2022), n.5604
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 540-2020 proposto da:
COMUNE DI PESCHIERA BORROMEO, in persona del Sindaco pro tempore,
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE
di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARELLI ALBERTO;
– ricorrente –
contro
SPG IMMOBILI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE
di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CACCIATO
GIUSEPPE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1947/2/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 03/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 25/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO
ANTONIO FRANCESCO.
Fatto
RILEVATO
Che:
Il Comune di Peschiera Borromeo propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 1947/02/2019, depositata il 3 maggio 2019, con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva accolto il ricorso della SPG IMMOBILI s.r.l. contro l’avviso d’accertamento emesso nei suoi confronti, per l’anno d’imposta 2010, in materia di Ici, con il quale veniva richiesto il pagamento della maggiore imposta, oltre alle sanzioni ed agli interessi, in relazione alle aree possedute dalla predetta società.
Resiste con controricorso la società contribuente.
Sulla proposta del relatore risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo il Comune ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), e art. 5, comma 5. Il ricorrente assume, nella sostanza, che il giudice a quo avrebbe errato nell’escludere, ai fini dell’imposizione dell’Ici, che, all’interno del medesimo comparto edificatorio, tutte le parti che compongono l’area fabbricabile concorrono a determinare l’unitario valore commerciale complessivo di quest’ultima, comprese quelle destinate dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico, in quanto i vincoli di destinazione non ne fanno venire meno l’originaria natura edificabile, pur incidendo sulla determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie.
Il motivo è ammissibile e fondato.
Come rilevato da questa Corte nella recente pronuncia n. 28812 del 2021, condivisa dal Collegio, la corte di legittimità ha più volte precisato che, in tema d’ICI, a seguito dell’entrata in vigore degli del D.L. n. 203 del 2005, art. 11-quaterdecies, comma 16, convertito dalla L. n. 248 del 2005, e D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, convertito dalla L. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini della determinazione della base imponibile, da effettuare in base al valore venale e non a quello catastale, deve essere desunta dalla qualificazione attribuitale nel piano regolatore generale adottato dal Comune, salva, però, la necessità di valutare la maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie dell’immobile in ragione delle concrete condizioni esistenti al momento dell’imposizione (ex multis, Cass. n. 24308 del 29/11/2016; Cass. n. 12377 del 15/06/2016). Ne consegue che la circostanza che l’area sia qualificata come edificabile dal P.R.G. ne esclude per ciò solo la natura agricola e non rileva il fatto che il piano di lottizzazione abbia previsto la concreta destinazione di talune aree a verde o a viabilità con concentrazione della cubatura solo su altre aree. La CTR avrebbe dovuto, quindi, accertare in concreto il valore venale dell’area tenendo conto degli elementi addotti dalle parti (Cass. n. 24122/2017, in motivazione, relativa peraltro al medesimo ente territoriale e citata nella stessa sentenza impugnata). Inoltre, è stato già chiarito che “In tema di ICI, il parametro per la determinazione del valore dell’area fabbricabile, fissato dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, è quello del valore venale in comune commercio, sul quale necessariamente incide il diverso livello di edificabilità delle parti che compongono l’area fabbricabile. Ne deriva che la valutazione dell’area medesima deve essere effettuata secondo il criterio del valore commerciale complessivo (pur tenendo conto dei differenti livelli di edificabilità delle parti che la compongono) e non attraverso la sommatoria del valore commerciale di sue eventuali segmentazioni individuate in funzione della loro specifica edificabilità” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20256 del 23/07/2008; nello stesso senso, ex multis, Cass. n. 24122/2017, in motivazione, relativa al medesimo Comune qui ricorrente, che cita i precedenti conformi di Cass. n. 24308 del 29/11/2016 e Cass. n. 12377 del 15/06/2016; Cass. n. 15700/2017, in motivazione). Con riguardo, poi, alle aree destinate a servizi pubblici o di interesse pubblico, è stato ritenuto che “In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 2, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile” (Cass. Sentenza n. 23814 del 23/11/2016; conforme Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17764 del 06/07/2018). Ed in particolare, per fondi interni all’ambito di perequazione urbanistica, questa Corte ha chiarito che: “E’ assoggettato ad ICI il terreno inserito nell’ambito di una “perequazione urbanistica”, per effetto della quale viene attribuito un valore edificatorio uniforme a tutte le proprietà destinate alla trasformazione di uno o più ambiti del territorio comunale, a prescindere dalla effettiva localizzazione dei diritti edificatori, trasferibili e negoziabili separatamente dal suolo, atteso che l’applicazione di tale imposta presuppone il possesso di immobili aventi potenzialità edificatoria, sebbene non immediatamente attuabile, desunta dalla qualificazione operata nel piano regolatore generale anche semplicemente adottato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto assoggettati ad ICI i terreni compresi in una perequazione urbanistica, ricadenti in un’area destinata a verde pubblico e viabilità, alla quale, in base al meccanismo perequativo, era stato attribuito un indice edificatorio)” (Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 27575 del 30/10/2018; nello stesso senso, sempre a proposito dello strumento attuativo comunale del piano di comparto, con indice di fabbricabilità omogeneo, nell’ambito della c.d. urbanistica perequativa, cfr. Cass. n. 15693 del 23/6/2017. Entrambi i precedenti appena richiamati sono peraltro citati da Cass., Sez. U -, Sentenza n. 23902 del 29/10/2020, nella cui motivazione si evidenzia che è solo “nella compensazione – e non nella perequazione – urbanistica che si assiste alla massima volatilità dello jus aedificandi rispetto alla proprietà del suolo. Ed è su questi presupposti, ed in forza di una nozione di inerenza reale e non virtuale, che il ricordato indirizzo di legittimità giunge a qualificare come edificabile ai fini Ici il terreno assegnatario dell’indice perequativo, così da sussumere la fattispecie ancora all’interno della previsione impositiva tipica”).
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), e art. 5, comma 5. Assume il Comune che la CTR ha errato nel ritenere che, ai fini dell’imposizione dell’Ici, il valore venale in comune commercio dell’area di cui all’accertamento non fosse attendibile in quanto superiore al prezzo fissato per la cessione, dal Comune ai lottizzanti, di aree all’interno del medesimo comparto e limitrofe a quelle sub iudice, avvenuta nel 2008, con una convenzione urbanistica. Assume infatti il ricorrente che i concetti di prezzo di una compravendita e di valore effettivo del bene compravenduto, specie quando non si tratti di sottoporre ad imposizione lo stesso atto traslativo, non sono necessariamente coincidenti, potendo il primo dipendere da variabili, anche soggettive, relative alle parti del singolo e specifico negozio.
Anche questo motivo è ammissibile e fondato.
Come osservato da Cass. n. 28812/2021 cit., la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della determinazione del valore imponibile, la misura del valore venale in comune commercio deve essere tassativamente ricavata dai parametri vincolanti previsti dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 5, che, per le aree fabbricabili, hanno riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per gli eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche. Ne consegue che, nel caso di area ceduta da un Comune e destinata ad edilizia economica e popolare, non assume alcun rilievo il prezzo indicato nella compravendita, perché esso non rientra tra i parametri di cui all’art. 5 citato, né costituisce elemento significativo, potendo l’ente locale determinarsi all’alienazione per conseguire finalità istituzionali diverse da quelle di profitto, e, quindi, ad un prezzo inferiore a quello di mercato” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7297 del 11/05/2012). E’ stato inoltre precisato che “i parametri stabiliti dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, per determinare il valore venale in comune commercio quale imponibile ICI sono vincolanti e tassativi (Cass. 15 giugno 2010, n. 14385; Cass. 17 giugno 2016, n. 12658) e tra loro non figura il prezzo di compravendita dell’immobile (Cass. 19 dicembre 2003, n. 19515); pertanto, nel riferire l’imponibile al prezzo di compravendita, il giudice d’appello ha impiegato un criterio extra legem (…)” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 13064 del 24/05/2017, in motivazione).
La CTR non ha fatto corretta applicazione dei principi innanzi richiamati, in ordine alla determinazione di un valore commerciale uniforme complessivo, che possa applicarsi a tutte le parti che compongono l’area (comprese quelle incluse in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico, con vincoli relativi), pur tenendo conto dei loro differenti livelli di edificabilità, e non derivi dalla sommatoria del valore commerciale di sue eventuali segmentazioni, individuate in funzione della loro specifica edificabilità. Lo stesso deve dirsi per il riferimento operato dalla CTR, ai fini della determinazione del valore da sottoporre ad imposizione, alla quantificazione concordata nella precedente convenzione urbanistica, con la cessione di aree del comparto, già dell’ente territoriale.
3. Pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla medesima CTR, in diversa composizione, la quale, alla luce di tutti gli aspetti sopra indicati e sulla base dei suddetti parametri di incidenza dell’edificabilità del terreno, dovrà nuovamente valutare in fatto la congruità del valore venale ad esso attribuito dall’avviso di accertamento opposto, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022