Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5603 del 21/02/2022
Cassazione civile sez. VI, 21/02/2022, (ud. 13/01/2022, dep. 21/02/2022), n.5603
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25922-2020 proposto da:
LOGISPIN AUSTRIA GMBH, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NICOLO’ TARTAGLIA,
3, presso lo studio dell’avvocato LARGAJOLLI VITTORIO, rappresentata
e difesa dall’avvocato DOSSENA AUGUSTO;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 816/4/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE DELLA SARDEGNA, depositata il 23/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 13/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO
ANTONIO FRANCESCO.
Fatto
RILEVATO
Che:
La Logispin Austria GmbH ha proposto ricorso – con due motivi – per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale della Sardegna, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento per l’imposta unica sulle scommesse per l’anno 2010, ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto dalla società contribuente sul presupposto che l’imposta unica sulle scommesse fosse dovuta anche dai bookmakers aventi sede all’estero ed operanti al di fuori del sistema concessorio.
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è rimasta intimata. Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale. La ricorrente ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 23 dicembre 199,8 n. 504, art. 3, secondo l’interpretazione autentica datane dalla L. 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 66, con riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale 14 febbraio 2018 n. 27, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che il bookmaker fosse soggetto passivo dell’imposta unica sulle scommesse per le annualità anteriori all’anno 2010, essendo stata esclusa la responsabilità solidale del ricevitore.
2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e /o falsa applicazione (della L. 3 agosto 1998, n. 288, art. 1, comma 2, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver tenuto conto, in base alla delega legislativa, che l’imposta unica sulle scommesse si applicava soltanto alle scommesse accettate in Italia e non – come nel caso di specie – alle scommesse accettate all’estero.
2. I due motivi – la cui stretta ed intima connessione suggerisce l’esame congiunto, avendo tutti attinenza, sotto diversi profili, ai presupposti dell’imposta unica sulle scommesse – sono infondati.
2.1 Le questioni sottoposte allo scrutinio del collegio sono state oggetto di approfondito esame da parte di questa Corte (cfr. Cass., Sez. 5, nn. 8907, 8908, 8809, 8910, 9080, 9081, 9144, 9145, 9146, 9147,9148, 9149, 9151, 9152, 9153, 9160, 9162, 9168, 9516, 9528, 9529, 9530, 9531, 9532, 9533, 9534, 9728, 9729, 9730, 9731, 9732, 9733, 9734, 9735, 10472, 10473, 20672, 20673, 28586 e 31913 del 2021; conspecifico riferimento a ricorsi proposti da Logispin Austria GmbH, v. Cass. nn. 28835 e 28836 del 2021), che è recentemente pervenuta alle seguenti conclusioni.
2.2 Sin dalle origini, il tributo sui giochi e le scommesse, che è frutto del percorso evolutivo iniziato con la tassa di lotteria (D.Lgs. 14 aprile 1948, n. 496, art. 6), è stato pensato in relazione alle attività di gioco: già nella relazione ministeriale al disegno di L. n. 2033 del 15 giugno 1951, con riguardo all’istituzione dell’imposta unica, si leggeva, quanto ai giochi riservati al CONI e all’UNIRE, che questi “(…) debbono allo Stato, per l’esercizio delle attività di giuoco predette, la corresponsione di una tassa di lotteria (…)”.
Il presupposto dell’imposizione non è stato, dunque, correlato alla giocata in sé, ma alla prestazione di un servizio, che e’, appunto, il servizio di gioco e, in questo ambito, il prelievo colpisce, dunque, il prodotto che è offerto al consumatore tramite l’organizzazione dell’attività, sotto forma di servizio.
Tale carattere permea, in termini sistematici, l’intera disciplina dei tributi sui giochi. Così è in materia di prelievo erariale unico, dove il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 39, comma 13, primo periodo, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, disponendo: “Agli apparecchi e congegni di cui al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 110, comma 6, e successive modificazioni, collegati in rete, si applica un prelievo erariale unico fissato in misura del 13,5 per cento delle somme giocate”, ancorava il presupposto dell’imposizione all’utilizzazione degli apparecchi e congegni per il gioco lecito (“agli apparecchi (…) si applica un prelievo”).
Questa connotazione, del resto, era stata rilevata anche dalla sentenza depositata dalla Corte Costituzionale il 19 ottobre 2006 n. 334, la quale aveva sottolineato il parallelismo con “l’imposta sugli intrattenimenti, dal D.P.R. n. 640 del 1972, art. 1 e dal punto 6 della tariffa allegata allo stesso D.P.R.”, norma che, come modificata dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60, art. 1, prevedeva: “Sono soggetti all’imposta gli intrattenimenti, i giochi e le altre attività indicati nella tariffa allegata 6 al presente decreto, che si svolgono nel territorio dello Stato”. Tale disposizione, adoperando la parola “svolgono”, aveva un diretto ed evidente riferimento al concreto esercizio del gioco. Analogamente, in materia di IVA, dove il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, n. 6, prevede un regime di esenzione nel caso della raccolta delle scommesse e, dunque, sulla prestazione del servizio del gioco.
E’ chiara, d’altra parte, la ratio di una simile impostazione: lo Stato ha interesse, sia fiscale che extrafiscale, a che le attività di gioco che si realizzano sul proprio territorio – ossia, nel luogo dove si trova fisicamente lo scommettitore e, comunque, esse siano svolte – siano soggette al proprio ordinamento.
2.3 Queste ragioni di ordine storico e sistematico caratterizzano il quadro normativo di riferimento, che è così articolato:
– conformemente al D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, art. 1, volto al riordino dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma della L. 3 agosto 1998, n. 288, art. 1, comma 2, l’imposta unica è dovuta per i concorsi pronostici e le scommesse di qualunque tipo, relativi a qualunque evento, anche se svolto all’estero; il medesimo D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, art. 3, intitolato ai soggetti passivi, stabilisce: “Soggetti passivi dell’imposta unica sono coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse”;
– a norma della L. 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 66, “(…) a) (…) l’imposta unica (…) è comunque dovuta ancorché la raccolta del gioco, compresa quella a distanza, avvenga in assenza ovvero in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal ministero dell’economia e delle finanze-amministrazione autonoma dei monopoli di Stato; b) il D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 3, si interpreta nel senso che soggetto passivo d’imposta è chiunque, ancorché in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal ministero dell’economia e delle finanze -amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. Se l’attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni”;
– il D.M. Economia e Finanze 10 marzo 2006, n. 111, art. 16, prevede che il concessionario effettui il pagamento delle somme dovute a titolo di imposta unica;
– ai sensi della L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 644, lett. g), l’imposta unica si applica “su di un imponibile forfetario coincidente con il triplo della media della raccolta effettuata nella provincia ove è ubicato l’esercizio o il punto di raccolta, desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale per il periodo d’imposta antecedente a quello di riferimento”.
2.4 Il quadro normativo è stato sottoposto all’esame della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia, che ne hanno compiutamente esaminato le relazioni, rispettivamente, con la Costituzione e col diritto unionale.
2.5 La Corte Costituzionale, con riferimento all’ambito soggettivo dell’imposta, ha dato atto dell’incertezza correlata all’interpretazione del D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, art. 3 per il periodo antecedente alla disposizione interpretativa della L. 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 66, (nel senso che era incerto se la pretesa impositiva si potesse rivolgere anche nei confronti dei soggetti che operavano al di fuori del sistema concessorio); ma ha riconosciuto che il legislatore, con la L. 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 66, da un canto, ha stabilito che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e, d’altro canto, ha esplicitato l’obbligo delle ricevitorie operanti, come nel caso in esame, per conto di bookmakers privi di concessione al versamento del tributo e delle relative sanzioni.
A questo riguardo ha escluso che l’equiparazione, ai fini tributari, del “gestore per conto terzi” (ossia del titolare di ricevitoria) al “gestore per conto proprio” (ossia al bookmaker) sia irragionevole. Entrambi i soggetti, difatti, secondo il giudice delle leggi, partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse soggetta a imposizione.
In particolare, il titolare della ricevitoria, benché non partecipi direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque un’attività di gestione, perché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della trasmissione al bookmaker dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento delle somme giocate, nonché del pagamento delle vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal bookmaker.
2.6 Della sussistenza di autonomi rapporti obbligatori – che ai fini tributari sono avvinti dal nesso di solidarietà per conseguenza paritetica, e non già dipendente – non dubita, d’altronde, la giurisprudenza civile di questa Corte, la quale, sia pure con riguardo al gioco del lotto, ha chiarito, appunto, che sono due i rapporti obbligatori, quello concluso tra lo scommettitore e il raccoglitore e quello che si instaura tra lo scommettitore ed il gestore (Cass., Sez. 3, 27 luglio 2015, n. 15731).
La stessa giurisprudenza penale (Cass., Sez. 3, 9 luglio 2020, n. 25439) evidenzia la rilevanza del ruolo del ricevitore appartenente alla rete distributiva del bookmaker, consistente nella “(…) raccolta e trasmissione delle scommesse per conto di quest’ultimo, rilasciando le ricevute emesse dal terminale di gioco – con le annesse attività di incasso delle poste e di pagamento delle eventuali vincite – (…)”.
2.7 Ne deriva, secondo la Corte costituzionale, che quanto al ricevitore l’attività gestoria, che costituisce il presupposto dell’imposizione, va riferita alla raccolta delle scommesse, il volume delle quali determina anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale. Ne’, ha aggiunto, la scelta di assoggettare all’imposta i titolari delle ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione viola il principio di capacità contributiva, nei limiti in cui il rapporto tra il titolare della ricevitoria che agisce per conto di terzi e il bookmaker sia disciplinato da un contratto che regoli anche le commissioni dovute al titolare della ricevitoria per il servizio prestato. Ciò in quanto, attraverso la regolazione negoziale delle commissioni, il titolare della ricevitoria ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera.
2.8 La rivalsa svolge, pertanto, funzione applicativa del principio di capacità contributiva poiché redistribuisce tra i coobbligati, bookmaker e ricevitore, che hanno comunque concorso, sia pure in vario modo, alla realizzazione del presupposto impositivo, il carico fiscale in relazione alla partecipazione di ognuno a tale realizzazione.
2.9 In conseguenza di tale articolato percorso, dunque, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, art. 3 e della L. 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 66, lett. b, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione. In quel periodo non si può, difatti, procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità delle commissioni già pattuite fra ricevitore e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla L. 13 dicembre 2010, n. 220 (Corte Cost., 23 gennaio 2018, n. 27).
2.10 Il giudice delle leggi ha anche chiarito che, in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa della L. 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 66, lett. b), la disposizione va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore. Ne consegue che per le annualità d’imposta antecedenti al 2011 non rispondono le ricevitorie, ma solamente i bookmakers, con o senza concessione, in base alla combinazione del D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, art. 3 e L. 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 66, lett. b, usciti indenni dal vaglio di legittimità costituzionale.
A diversa conclusione, invece, deve pervenirsi per le annualità dal 2011. L’illegittimità costituzionale della norma in esame, infatti, è stata riscontrata “in ragione dell’impossibilità per le ricevitorie di traslare l’imposta per gli esercizi anteriori al 2011” con conseguente violazione dell’art. 53, Cost., “giacché l’entità delle commissioni pattuite fra ricevitore e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro regolatorio, anche sotto il profilo tributario, precedente alla L. n. 220 del 2010”.
A fondamento, dunque, della pronuncia di incostituzionalità è stata la considerazione della già avvenuta definizione negoziale tra le parti dei reciproci rapporti in data antecedente alla introduzione della soggettività passiva della ricevitoria del bookmaker privo di concessione, ed è stato dato rilievo al fatto che le stesse non erano state nelle condizioni di regolare diversamente la misura delle commissioni al fine di procedere all’eventuale trasferimento del carico tributario, gravante anche sulla ricevitoria in forza della legge sopravvenuta, sui bookmakers.
La suddetta ragione di incostituzionalità, tuttavia, non è stata ravvisata per i “rapporti successivi al 2011”, quindi, non soltanto per gli eventuali rapporti negoziali perfezionati dopo l’entrata in vigore della norma interpretativa, ma anche per i rapporti che, seppure sorti in data antecedente, si sono protratti oltre l’entrata in vigore della medesima norma.
2.11 In entrambi i casi, invero, la disposizione interpretativa del 2010 costituisce parametro normativo di riferimento per definire negozialmente l’assetto di interessi delle parti, sia in caso di rapporti sorti successivamente che per quelli già sorti e destinati a protrarsi, potendo le parti, alla luce e tenendo conto proprio della scelta normativa di assoggettare al tributo anche i titolari delle ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, rimodulare la regolazione negoziale delle commissioni al fine di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera la ricevitoria. In questo ambito, la solidarietà dell’obbligazione e la correlata possibilità di traslazione dell’imposta sono, infatti, destinate ad influire sulla stessa portata della regolazione negoziale delle commissioni tra le parti, che, anche quando i rapporti economici siano rimasti invariati, ossia non siano stati oggetto di modifiche o di nuovi accordi in conseguenza della L. 13 dicembre 2010, n. 220, assume, necessariamente, un valore di conformità e adeguatezza rispetto alla nuova configurazione legale del rapporto.
2.12 Orbene, considerato che nel presente giudizio si controverte sul periodo d’imposta del 2010 e che viene in rilievo la sola posizione del bookmaker, le censure – anche a prescindere dai profili di inammissibilità delle doglianze in quanto articolate sulla posizione del Centro Trasmissione Dati (CTD) anziché su quella del bookmaker – sono infondate.
2.13 L’obbligazione solidale del bookmaker privo di concessione, delineata dalla disposizione interpretativa del 2010, non può qualificarsi quale dipendente, con la conseguenza che, venendo meno la configurabilità della responsabilità principale della ricevitoria, correlativamente verrebbe meno anche quella dipendente del bookmaker.
La Corte costituzionale, infatti, ha chiarito che entrambi i soggetti (la ricevitoria e il bookmaker), partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse soggetta a imposizione, svolgendo entrambi l’attività gestoria delle scommesse, sicché la pronuncia di incostituzionalità, se da un lato ha inciso sulla parte della norma interpretativa in cui ha configurato, per il periodo precedente all’entrata in vigore, la responsabilità della ricevitoria, non ha fatto venire meno la responsabilità del bookmaker privo di concessione.
In conclusione, sulla scorta della richiamata decisione della Corte costituzionale, il giudice di appello ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati, avendo ritenuto l’assoggettamento ad imposta unica sulle scommesse per l’anno 2010 del bookmaker avente sede all’estero e privo di titolo concessorio.
3. Quanto alla questione pregiudiziale formulata in memoria, va anzitutto osservato che la Corte di Giustizia (sentenza 6 ottobre 2021, in causa C-561/19) ha affermato che l’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno deve adempiere il proprio obbligo di sottoporre alla Corte una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad esso, a meno che constati che tale questione non è rilevante o che la disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte o che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione s’impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi.
Tanto premesso, sulle tematiche sottese alla questione prospettata dalla ricorrente si è già pronunciata la Corte di Giustizia (sentenza 26 febbraio 2020, in causa C-788/18, punto 21), escludendo qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, perché l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti, di modo che la normativa italiana “non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la (omissis), nello Stato membro interessato”.
Non si ravvisa, pertanto, necessità alcuna di promuovere dinanzi alla Corte di Giustizia la questioni pregiudiziale dedotta dalla ricorrente.
4. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere rigettato.
Stante l’assenza di attività difensiva dell’intimata, non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022